venerdì, giugno 15, 2007
NON E' POCO
di corsa di corsa, copincollo un paio di cose che dice David Grossman nella sua bella intervista su Repubblica.it, commentando gli scontri tra Fatah e Hamas e la possibile vittoria di quest'ultimo.
Non è una bella svolta quella di questi ultimi giorni: gli integralisti non ci piacciono ovunque siano, e men che meno in una polveriera.
Ma Grossman, da sempre esponente di quella parte di israeliani che vuole la pace e cerca il dialogo (e ancor più dopo la morte di suo figlio, ucciso nella stupida guerra) fa alcune riflessioni che vanno oltre la situazione contingente, e che mi sembrano proprio belle.
La prima risponde alla domanda dell'intervistatore "secondo lei, perchè è così facile il ricorso alla guerra?" (ah, l'ineffabilità delle interviste...)
"Questa è una questione davvero molto grande. Ho la sensazione che nessuno cominci veramente una guerra, le guerre si continuano. La pace, quella è una cosa che si deve cominciare. Guerreggiare, disgraziatamente, è una cosa quasi naturale per troppi paesi, troppe culture e troppe religioni. Ci vogliono molti sforzi e alle volte bisogna agire contro i propri istinti per cominciare a dare fiducia agli altri, per cominciare ad aprirsi, per essere in grado di vedere la realtà attraverso gli occhi dell'altro.
La tragedia è che più siamo coinvolti nella violenza, più questa forma il nostro vocabolario, detta il modo con cui guardiamo il mondo, quali siano le cose che siamo disposti a vedere e quali quelle verso le quali siamo quasi ciechi".
E la seconda è la chiusa dell'intervista, in risposta a un'osservazione sul suo impegno nella scrittura, in generale e soprattutto dopo la morte del figlio.
"Ci sono così tante tentazioni in una situazione del genere, di sentirsi disperati, paralizzati. Ed io, nella mia esperienza, sento che essere attivi, tentare di ricordarsi che esistono sempre alternative a quasi tutte le condizioni umane, che esiste sempre una scelta nella vita, è qualcosa che mi è stata di grande aiuto. Io l'ho tradotta nella scrittura. Altri possono tradurla in ciò che sanno fare".
A me sembra, pur con tutto il rispetto, la simpatia e la comprensione per Cindy Sheehan che in questi giorni ha abbandonato la lotta, stanca e delusa, una posizione più matura, intelligente e costruttiva dell'eroismo a tutti i costi, con il suo boomerang di probabile delusione.
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1 commento:
Ecco, però io ho sempre avuto una repulsione a pelle verso un certo tipo di atteggiamento statisticamente associato alla figura dell'intellettuale di sinistra, che con la scusa di fare ciò che può fa meno di ciò che potrebbe. Mi sembra spesso solo un modo più "sottile" di arrendersi lo stesso.
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Magari sono io che sono fatto male, ma credo anche che sia più onesto ammetterlo, in tutte le nostre battaglie per l'uguaglianza e i diritti c'è una componente di guerra contro un nemico, che sia padrone od oppressore o quello che volete. Il lato positivo, è che essendo io particolarmente sensibile a questo tipo di agonismo, le ultime sul TAV mi hanno fatto incazzare così tanto, che mi è venuta di nuovo una voglia rabbiosa di dire "bene, sono qui, provate a vedere se riuscite a piegarmi".
Ma, streganocciola, a dispetto dei commenti in cui 101 su 100 ti dò contro, non solo apprezzo quello che scrivi, ma apprezzo molto anche a livello personale questo post.
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Ma la cosa che mi piacerebbe capire di più è: ma perché si è arrivati a questo punto in palestina? Quali "ragioni" ritengono di avere Hamas e Fatah? Ché a me sembra così stupido, da sembrarmi quasi impossibile che sia "vero"... solita vecchia idea del complotto e degli infiltrati, ma...
E forse potete aiutarmi a capire il punto di vista di ciascuno.
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