giovedì, agosto 30, 2007

L'UNTORE

Leggere è una malattia. Ha connotati nobili, circondati da rispetto nonchè da diffidenza, ma è una malattia, un vizio. Non dissimile dal gioco d'azzardo o dalla sindrome di casanova, chè porta tal quale a dilapidare patrimoni: vero, che volendo, ci sono le biblioteche e il bookcrossing
ma chi ha contratto il morbo nella prima infanzia - e per quasi tutti i malati è così - vedrà queste due risorse come semplici aggiunte. perchè il vero costo dei libri non è quello dei volumi, che già non scherza, ma quello del posto in cui tenerli. anche se, diceva Umberto Eco, si può essere fortunati e incappare in quelle case tutte corridoio lungo e stretto che nessun altro vuole. Ma di solito non capita, i libri si spandono per tutta la casa e la casa istessa non basta mai, chè l'aumentare dell'età è direttamente proporzionale al numero dei libri. E neppure, chè i libri aumentano ben più in fretta degli anni.

La patologia però non viene riconosciuta e non ci sono sovvenzioni statali per i Grandi Lettori e neanche Pubblicità Progresso che incoraggino gli altri a non trattarli da diversi. Tocca perciò spesso giustificarsi, sopratutto in questo nostro paese in cui la carta stampata ha perso il suo ruolo principe con l'avvento dei sacchetti di plastica, chè altrettanto Grande del lettore è il diffuso pregiudizio che egli "se la tiri". Alla domanda incredula "ma li hai letti tutti?" che spesso segue il rendersi conto di quante sono le librerie in casa nostra, i primi tempi rispondevo ingenuamente di sì. Ora cincischio, la butto sul ridere, arrossisco e infine mi rifugio nella mezza verità: "Proprio tutti, no." Non ho letto i vocabolari, non ho letto tutti i gialli, non ho sconfinato se non sporadicamente negli altrui territori di caccia (canzonette, resistenza, autori sudamericani) e... ah, già, non ho letto neanche tutte le guide turistiche. Ma poi mi ricordo di un'argomentazione inoppugnabile:"E' il mio lavoro, sai." Che non è vero, c'è un sacco di gente che scrive e non legge, ma chi non scrive non lo sa. E se è per lavoro mi si perdona, se sei obbligata...
Così, spero che anche il limitatissimo numero di lettori del mio blog mi perdonerà se la mia malattia richiede un nuovo tributo, chè come tutti i virus anche quello della lettura spinge il suo portatore al contagio: chè, forte del successo dei Kurt presso la Talpa ho pensato di aggiungere in fondo ad ogni post le mie letture di quel momento. Senza infingimenti - se sto leggendo "La giovane mamma strafatta di coca alla conquista del miliardario" lo saprete, benchè non ci sia da vantarsene - e , quando si dà il caso, anche con l'indicazione "a chi può piacere", nella comune-ty o altrove. Dopotutto, c'è pieno di blog con la colonna sonora, io metto la colonna silenziosa. E se qualcuno vorrà chiedermi qualcosa di più sui libri che cito, sappia fin d'ora che avrà la riconoscenza eterna del virus.

Sto leggendo in questo momento:
"Storia naturale dei giganti" di Ermanno Cavazzoni, che può piacere a scientisti con il senso dell'ironia, ma anche agli appassionati di autori un po' fuori di testa, e a chi ama il fantastico. Insomma, merita.
"Come parlare di un libro senza averlo mai letto", di Pierre Bayard, che a dispetto del titolo è un saggio serio: sono solo al primo capitolo, in cui si dice una cosa che sembra ovvia ma ovvia non è.

martedì, agosto 28, 2007

NO ?

Chè uno tenta di resistere, ma l'amicae. è un provocatore nato e il suo ultimo post non può non chiamarmi in causa, essendo io a tutt'oggi l'unico genitore nella comune-ty. Ma i discorsi sull'educazione dei figli sono già complicati di per sè, oltre a presentare lo spiacevole risvolto che, parlando della propria esperienza, si finisce per sembrare vanagloriosi. a meno, naturalmente, che il proprio figlio non abbia appena dato fuoco a un barbone, nel qual caso ci si pone a modello ugualmente (avete mai sentito un genitore dire "abbiamo sbagliato tutto" in questi casi?) ma si risulta un po' poco credibili.
E allora, ecco, io non mi vorrei imbarcare in enormi e complesse questioni: ma, ecco, a me la "filosofia del no" non piace punto. Mi piace talmente poco che mi si rimprovera la mancanza della possibilità di trasgredire e anche questo, perchè no?, può essere un problema, e lo dico sul serio.
Ma, insomma, io credo che il "no" sia, in assoluto, un'altra forma di pigrizia, se si vuol definire pigrizia quella che porta molti genitori ad abdicare alla propria funzione educativa (e io non credo che la questione sia così semplice, chè lo stesso post della nessie ne dà chiave diversa e altre ancora sarebbero possibili). Perchè, ok, capita a tutti di doverne dire, di no. E in quei casi bisogna dirli, e affrontare il capriccio se i figli sono piccoli, lo sbattere della porta e le conseguenti ansie se sono grandi. E, in entrambi i casi, star lì a interrogarsi - e chi non è genitore non può capire con quale e quanto casino mentale e dispiacere - per capire se davvero quel no andava detto, o se la richiesta era più giusta e fondata di quanto sembrasse. Ma io credo che quello che manca ora non siano solo i no - anche se la tentazione di credere che il problema sia tutto lì è forte di fronte a un mucchio di comportamenti assurdi - ma tutto ciò che viene prima di qualsiasi no, e cioè lo scambio fra persone. Che un figlio è una persona, con caratteristiche tutte sue, fin da quando è neonato: noi possiamo dargli qualcosa, e secondo me dobbiamo dargli tanto, ma soprattutto possiamo e dobbiamo essere pronti a ricevere. Chè il suo mondo non è quello in cui siamo cresciuti noi e solo lui può aiutarci a continuare a starci dentro bene, ma solo noi possiamo fargli arrivare il messaggio che il mondo non è solo quello che lui vede, per esempio. E gli esempi potrebbero essere mille, piccoli e grandi, e forse non c'è un modo sintetico per definire questo scambio, chè "rispetto reciproco" fa venire in mente un sacco di robe paludate, mentre quello che ho in mente io è una bella risata insieme. Che si può fare solo quando, a grandi linee, si condivide la stessa visione del mondo, quando ci si trova sui valori fondanti (altra espressione orribile, ma vera): e allora io credo che il vero lavoro, quello faticoso, sia proprio quello di non lasciare i propri figli in balìa di chi non condivide i nostri valori. Che sia una nonna, la tivù, la scuola, la baby-sitter o la colf: e non sto dicendo, proprio no, che i genitori (trad. la mamma, of course) debba occupare tutto il proprio tempo e i propri pensieri a non lasciarsi sfuggire un attimo della vita del figlio. Chi fa così si vota a una vita e una famiglia infelice, si sa. Però ognmi scalta va pensata - e, se necessario, cambiata - con intelligenza e cognizione di causa: perchè è assurdo pensare, ad esempio, che la scuola sia solo un luogo dove si studia. O che la nonna che insegna a pregare ai figli di atei sia un'innocua vecchietta con le sue manie senili: senza peraltro drammatizzare, trovo che sarebbe più giusto se chi è convinto del proprio ateismo evitasse di lasciare i figli a una nonna che li porta in chiesa appena può e gli accende la tv quando c'è il papa, e magari anche li invita a pregare per l'anima dei genitori. Poi finisce che va nei papa-boys e i genitori scuotono la testa: "ragazzate...". Ecco, pur senza volermi imbarcare, sono finità già dentro un discorso difficile, perchè è ovvio che non si tratta di creare una campana di vetro con un ambiente che rifletta solo quello che piace a noi. Questo è ciò che fanno i genitori che di no ne dicono fin troppi, e generalmente inutili.
Ma, insomma, io penso che se ci si parla, e ci si racconta, e ci si scontra quando è il caso, e si ragiona e si cerca di far ragionare, ci si parla a tavola, ci si riconoscono le reciproche esigenze e anche ubbìe, e soprattutto se i genitori vivono in modo il più possibile coerente con i propri principi, ecco, allora i no diventano davvero pochi anche senza che un figlio debba stare tutto il tempo attaccato ai genitori o "in ambiente privilegiato". Chè la differenza arricchisce, ma ci sta dimenticando che i figli vanno anche protetti: non solo dai pedofili, ma anche e soprattutto dalla falsità, dalla vuotaggine, dalla furbizia. E che bisogna dargli gli strumenti perchè imparino, con i loro tempi, a rifiutare da sè i falsi miti e magari anche a guardare con un po' di disincanto anche i miti più veri e positivi.
Ho sempre sostenuto, comunque, che nonostante tutto ciò in qualcosa si sbaglia ugualmente, nonostante tutto ciò c'è anche la sfiga: ma contrapporre a quello che viene chiamato il "lassismo" (ed è invece l'adesione di molti genitori a un modello che essi stessi seguono per primi, criticando poi i figli quando ne evidenziano la pochezza) il bisogno di dire più no... ecco, a me mi sa di già sentito. Insegnare ai figli a scegliere, non smettere di provare a capire insieme a loro cosa è giusto e cosa è sbagliato, fornire esperienza in cambio di entusiasmo, buonumore invece di apatia, scambiarsi senso critico e autocritico, humor invece di lagne, riflessioni invece di appiattimento... questo è il difficile.

sabato, agosto 25, 2007

AìTA, LO DEMONE MI PRESE!



Orsù, che in questo finire della calda stagione che tanto ispira per il mondo il vagare, vi andrò a novellare dei travagli miei, che su perigliosi mari mi portarono e per terre ignote.
Più e più fiate scampai ad un triste destino così che volle il Cielo vi portassi le nuove di coloro che laggiù, ai confini del mondo, dimorano nell'ignoranza della civilitade, seguendo costumi che ogni christiano aborre e tuttavia conducendo vita e sana e morale secondo le usanze proprie.
Or sto in trappola in un infernale meccanismo nel quale ebbi la sventura di piombare a capofitto, che non dubito sia opera del Maligno istesso come prova il suo nome così del tutto simigliante al verso di una bestia quale si può udire in mefitiche paludi o luoghi di siffatta natura, chè infatti quel nome vien detto Gugol e potrebbe qualmente esser appellativo di mostruoso demone. In esso caddi da un'ampia voragine che nel Tempo stesso si aprì sotto l'effetto di un qualche incantamento e or qui in una rete mi dibatto, ritrovando meco molte delle creature che ebbi la sorte di incontrare nella gran copia di vagabondaggi della vita mia.
Del tutto simili a come le vidi io io con questi stessi occhi, esse creature sono accompagnate però da voci affatto prive di timore, nelle quali io ravviso un tono come di scherno.
Quasi che si potesse dubitare dell'esistenza degli Sciapodi quand'io ancora ne vedo uno proprio qua, con il suo piede mostruoso di cui si serve all'uopo per farsi ombra dal cocentissimo sole. E la voce - del demone istesso Gugol, eppure flautata come voce di erudito - mi suggerisce, quasi io fossi un infante che distinguer non sa il vero dal falso, che i piedi sono due e che la creatura sia intenta ad un misterioso travaglio suo, forse doloroso oppur misterico, nomato "ioga".

O gli Astomi, ch'io vidi di persona trarre sustentamento dal solo annusare frutti talchè mangiare non potevano essendo privi del tutto della bocca, la voce dice essere popoli delle montagne in tutto simili a noi che attraverso il naso respiravano sostanze vitali dalla frutta a causa dell'altitudine. Come si può creder a queste fole, mi domando, quando un valente viaggiatore - qual sono io, tutti lo sanno nei porti d'oriente e d'occidente - sa di aver visto coi propri occhi gli Arimaspi, seppur essi potessero ricambiare con un solo sguardo? Chè a conforto del mio sapere ci fu già un grande dei tempi antichi, nomato Erodoto, che ne parlò nei suoi scritti affinchè le genti non avessero dubitarne.
E qual vile cuore potrebbe nutrire dubbio alcuno, quand'anche un sant'uomo come colui che fu nomato Cristoforo -
da non confondersi con l'altro, il contatore di fanfaluche sull'oriente e l'occidente - fu in vita sua uomo con testa di cane, cinocefalo appunto, e si convertì alla vera dottrina? La voce del demone insinua strisciante che ciò non fu vera verità e che i cinocefali da noi visti in terre lontane fossero solo scimmie, babbuini li noma. E che gli Amyctyrae non venissero alla luce con ampio labbro onde ripararsi dal sole che anche laggiù brucia cocente, ma forzassero la loro propria natura introducendo piattelli nel labbro che in tutto simile a quello dei christiani fusse senza cotal intervento.
Ma qui nel Gugol vedo anche uno fra le genti che più calde furono al
cuore mio, uno fra quei Panotii che le lunghe orecchie rendono simile assai a un coniglio, di cui essi hanno anche l'animo gentile e timoroso assai. E qui la voce tace, il demone è sconfitto nella sua incredula sopercheria, chè a nulla vale il cercare di menarmi per il naso quand'io, qua nella rete del demone, non persi il gusto di vagare e guardare, trovando così molti compagni a me affini.
Non solo babbaloni e ipocriti di cui ogni epoca è piena, che sogliono credere ai mostri per non vedere i loro propri nell'animo suo, ma stimabilissime genti che cercano la meraviglia per condire l'esistenza: chè l'umano ha molti limiti assai, ma colla mente li huomini probi possono ignorare ciò, pur attendendo alle quotidiane cure con quel rispetto che ad esse dobbiamo.
Con questi huomini ora vo, rimandando il mio novellare ad un prossimo incontro, che creature fantastiche mi attendono in un luogo misterioso che pur si trova qui dentro alla rete dell'infernale meccanismo: il nome del luogo mi è già oscuro, binario nove e tre quarti, e ciò è di buon auspicio all'avventura.

venerdì, agosto 24, 2007

I TEST DELIRANTI 2


Io speravo mi uscisse Hulk, che mi è sempre piaciuto il colorito. Invece il mio risultato è, da-dadà-dannn...
You are Robin
Young and acrobatic.
You don't mind stepping aside
to give someone else glory.

Robin 80%
Spider-Man 75%
Superman 70%
Supergirl 60%
Wonder Woman 50%
Batman 50%
The Flash 50%
Hulk 45%
Iron Man 45%
Green Lantern 35%
Catwoman 35%

O ho sbagliato qualcosa - ma l'ho rifatto tre volte, modificando qua e là per essere ancor più sincera - oppure si riferisce all'ego "inside". e ciò potrebbe spiegare le difficoltà che ho nella vita quotidiana.

martedì, agosto 21, 2007

MALIZIOSE PAPERELLE

Giurin giurella, il mio sciaìni questo mese mi dà, in mezzo ai soliti Coprilettielenzuoli Da Cucire nonchè Orribili Disastri Domestici a cui rimediare, anche la straordinaria voce "Paperelle ard". Scritto così. Allora mi vien voglia di dirci, al tipo "ehi, pss... conigliette, amico, conigliette", ma, dopotutto, se a lui ci piacciono le papere che papere siano. E c'è una cosa che ho letto in questi giorni che forse potrà soddisfare la libidine dell'uomo. Senza esitazioni, quindi, vado a raccontare.
Protagonista è Gerald Durrel, che vedete nella foto e di cui ho già parlato un pochino qui :fu uno straordinario personaggio, che da piccolo voleva uno zoo tutto suo e che finì per dedicarsi alla tutela e alla riproduzione di animali a rischio di estinzione, portandoli appunto nel suo "Zoo" dell'isola di Jersey. Morì una decina di anni fa, ma la Fondazione che da Jersey prese le mosse è tuttora attiva ed è servita da esempio per chi ci tiene a far sì che molte specie continuino a vivere, magari in attesa di tempi migliori. Scrisse un sacco di libri ghignosi sulle sue esperienze con animali e umani - no, non è questo il pezzo hard, Durrell aveva una bella seconda moglie - e solo negli ultimi tempi oltre alla parte ghignosa c'era anche l'angoscia di vedere il mondo sempre più rovinato.
Uno di questi ultimi libri è "Io e i lemuri" che in prima edizione si chiamava "Io e l'ayè- ayè": se volete saperne di più - e merita farlo- andate qui.
In questo libro, Durrell è nel Madagascar: già con la sua età e i suoi acciacchi, tra cui le anche rabberciate che gli impediscono alcuni movimenti. Tipo rialzarsi dalla spartana toilette allestita in uno dei campi in cui lui con moglie, aiutanti e troupe della BBC, procede alla raccolta di alcuni animali rari. Il che vuol dire che spesso li sottrae alla pentola a cui sono destinati, spiegando alla popolazione locale (che non è fereocemente affamata, solo ignara) che sono animali protetti dalla legge. In tutto ciò, per rimediare al problema della toilette, Durrell si fa costruire una "comoda" vittoriana - una cassa con un buco in mezzo - il cui utilizzo viene spiegato ai lettori con un pudore molto inglese. Quando il campo si sposta, la comoda fa parte dei bagagli e nel nuovo campo - a cui Durrell arriva dolorante e avvilito perchè si ostina ad andarci in jeep come tutti gli altri - la utilizza come "sedile da doccia". La doccia, ovviamente, è una di quelle sacche da campeggio con rubinettino, all'aperto.

La ricerca degli ayè-ayè non viene premiata se non alla fine: refrattari alla civiltà dell'immagine, gli ayè-ayè non si lasciano trovare finchè la troupe della BBC, in Madagascar apposta per filmarli, non è ripartita. In compenso, il campo dei naturalisti viene eletto a domicilio da una mamma anatra con i suoi pargoli, e gli animi si dividono: un operatore della BBC vorrebbe subito farne arrosto, ma un suo collega li adotta, sdilinquendosi ogni volta che passa la fila dei paperotti. Che, da buoni cuccioli un po' siocchi, si infilano dappartutto e rischiano di farsi calpestare un attimo sì e l'altro anche: ma cacciarli via è impensabile, ormai, se non si vuole rischiare la crisi di un membro della spedizione.
Un giorno, Durrell decide di fare la doccia mentre l'accampamento è quasi vuoto: assiso sulla comoda, osserva divertito i piccoli paperi che arrivano incuriositi a sguazzare, sorride nel vedere che assaggiano la schiuma. Ma ecco che uno si infila sotto la comoda. E da lì, dice Durrell ma lo cito a memoria "dev'essersi chiesto cos'erano quei due buffi cosi che pendevano." L'urlo, dice, si sentì molto lontano. Arriva di corsa la moglie di Durrell, allarmata. E si ferma perplessa a guardarlo, perchè si agita? Poi, appena capisce cos'è successo, fa ciò che ogni brava moglie non manca di fare nel momento del pericolo: scoppia a ridere fragorosamente.
Che ne dite, sarà abbastanza ard per il libidinoso cercatore?

IN UNA DOMENICA DI NOVEMBRE...


... come ieri - strade deserte con le luci di poche macchine che si riflettono nei rigagnoli, il buio alle quattro sotto i nuvoloni neri - uscire per andare a rubacchiare la pianta dai fiori blu. e , già che ci siamo, un po' di ederina per rimpinguare la nostra. tornare a casa sotto i goccioloni, spogliarsi veloci, versarsi una bibita alla vodka rinforzata da vodka, e stare sul divano ascoltando la mareggiata. ridendo come scemi nel rileggere i geniali Coniglietti Tontoloni.
E guardare il cielo che pian piano diventa da così a così.

lunedì, agosto 20, 2007

UNA ORRIDA ESTATE




L'amicae. lancia il kitsch, categoria particolarmente rigogliosa in estate, e partecipo volentieri con questo mouse-pad trovato in rete : non dico dove, ma assicuro che non è ironico. Il pregio è il computer sullo sfondo, ovviamente, ma anche Internet Saint non scherza. E la Zau, nei commenti all'amicae., cita le cartoline raccolte dal Vernacoliere, così mi scatta che c'è anche un concorso per la cartolina più trash su mentelocale: si vincono una cena e aperitivi. Consiglio vivamente, in ogni caso, una visita alle gallerie degli anni passati: quella che vedete è la vincitrice dell'anno scorso e si è meritata la cena, no?

giovedì, agosto 16, 2007

FERRAGOSTO IN CITTA'

C'è una strada misteriosa, lo so. Anzi, in questa città ce ne sono moltissime, non solo nell'intricato centro storico, ma ovunque. Però quella lì lo so che c'è, molti anni fa ci pssai: stretta, a strapiombo sul mare, a un certo punto costeggia un castello o una villa, non so più. Così, quando il KGgb mi disse che per caso - solo per caso si trovano le strade misteriose, si sa - aveva trovato l'imbocco di una strada di cui non si può nemmeno sospettare l'esistenza, pensai subito fosse quella. E, nel dì di Ferragosto, partimmo senza alcuna certezza di trovarla: e, lo dico subito, non la trovammo. Misteriosa era e misteriosa rimane, benchè il luogo sia quello e molte cose coincidano. Però dev'essere ancora più nascosta di quelle che abbiamo trovato, che pure non scherzano. Nella foto, per esempio, ce n'è una: è larga poco più di una persona e si apre dopo una curva a gomito, in cima a una salita ripidissima, su un bivio. Ma non è quella che cercavo.
Chè da un posto anonimo come tanti - palazzine di recente costruzione, strada larga asfaltata - si imbocca per prima cosa una creuza dissestata dal nome mitologico e, arrivati in fondo, ci si trova in una "casa all'aperto": è un borgo marinaro, meno celebre di Boccadasse, dalla dimensione familiare spiccata. Tanto da sentirsi fuori posto a percorrerne il piccolo molo, guardati con curiosità
- sono arrivati i foresti - da tutto il micromondo seduto sui muretti e sulle panchine di pietra. Allora ci si inerpica su per un'altra creuza, per fortuna dimenticata dall'asfalto forzato - che nessun senso avrebbe - e si va, si va in salita fino a vedere il mare a strapiombo giù di sotto, e la baia. Le creuze si snodano una dopo l'altra potrebbe essere un viaggio nel tempo se non fosse per la musica che arriva dai bagni, dall'altra parte della baia. Ci sono case, e giardini e orti, e cani, e gli alti muri a proteggere tutto ciò creano un labirinto di stradine che si incrociano o si perdono chissà dove.
Finchè si sbuca in un punto noto - dove si arriva anche più comodamente con un'altra strada a piedi - dove ci sono ben due castelli, uno di fronte all'altro: non sono veri castelli, ma "ville a castello", una di Coppedè, e anche di quelle questa città è piena nei posti più impensati. Lo so perchè una volta ne offrivano una metà in affitto e andammo a vederla, scoprendola in un posto in cui si sarebbe mai detto che ci fosse.
In ogni caso, i castelli fanno il loro bell'effetto ed è divertente vedere tanto di ponte levatoio, con catene di prammatica, davanti al portone di uno dei due. Di lì, poi, è facile arrivare a Boccadasse: lungo la creuza, le case dei pescatori sono state ristrutturate e ripulite, ma le porte si aprono ancora sull'ingressino- soggiorno, spalancate senza timore, si è sempre fatto così nelle giornate d'estate. E infatti, nel borgo e sulla spiaggetta - dove una famiglia iraniana si integra meglio di noi, con gli uomini in canottiera e i bambini che si spogliano - se ci sono anche i foresti, non si nota: nonostante l'assalto alla gelateria, l'aria è pur sempre di famiglia. Si alza il fumo di due barbecue in mezzo alla barche, il locale circolo sta allestendo la serata, si va a comprare una bottiglia di liquore tra i lazzi dei pescatori che, rilassati, puliscono le barche. Vicino al barbecue, sotto la tettoia del circolo c'è gente che canta e musica, non può mancare De Andrè con Creuza de mà. E sull'urlo della venditrice che esce dal cd, si inserisce a coprirlo una voce d'uomo, aspra e acuta come solo le voci dei liguri, che perfettamente a tempo annuncia, calando un cestino dalla finestra: "To-tanni proonti!". E guardando quelli che giocano a bocce su un campetto ricavato a fascia, quasi sospeso sotto la scalinata, anche una non-indigena come me spera che qui il turismo d'assalto non arrivi mai. Come non sarebbe dovuto arrivare da nessuna parte, togliendoci le cose più vere.

domenica, agosto 12, 2007

TURISTI IN CITTA'

Ecco, io lo so che ci sono cose che sono considerate una muffa, ma non ho mai capito perchè invece, se fatte in un'altra città, diventano affascinanti. A me piacciono di più proprio quando sono qui, che sembra di essere via e invece poi si torna a casa e ci si fa una buona tazza di tè, proprio come si vuole. Insomma, tutto ciò per dire che non potevamo mancare all'iniziativa delle domeniche d'agosto al Castello d'Albertis: visita guidata, i passaggi segreti e il rinfresco, tutto a 6 euro. E, per soprammercato, abbiamo avuto un'informazione inedita. Una rotondetta signora che partecipava al tour ha infatti informato tutti che le segrete del Castello erano deposito d'armi dei partigiani, durante la Resistenza: e il fatto non è noto neanche oggi - la guida ha apprezzato l'informazione - e lei lo aveva saputo dalla madre, che sua volta aveva ricevuto un avviso sibillino dal lattaio "Stasera state in casa", pare perchè appunto dovevano andare a prendere le armi in vista della Liberazione. A me questa Storia ancora viva e ancora sconosciuta mi piace un sacco.
E anche il Castello D'Albertis mi è sempre piaciuto, nella sua follia di quando i ricchi facevano fare invece che limitarsi a comprare. E ricco, D'Albertis lo era, di famiglia: assaggiò il lavoro per qualche anno, poi alle venerabile età di 24 anni si ritirò a vita privata, si comprò la collina e fece costruire il castello. I passaggi segreti, che non sono affascinanti se non per il fatto di essere appunto stretti e segreti, li volle perchè un castello senza passaggi segreti non era un castello, e poi li usava per spaventare gli amici facendo buh. Come si conveniva alla sua epoca, in cui i criteri di classificazione non erano certo i nostri, D'Albertis raccolse nel castello una quantità di stili, suggestioni e esemplari di oggetti "rari" razziati qua e là - un ornitorinco impagliato, le piastrelle uguali a quelle dell'Alahambra, le alabarde europee e lo stemma ritoccato, la stufa napoletana nel Salotto turco, le armi asiatiche, la collana di conchiglie e la cassapanca sarda - e anche questo mi diverte, che volete farci?
Ma bellissima è la Mostra temporanea ospitata in questo periodo: si chiama L'anima della piccole cose e raccoglie oggetti d'uso delle varie popolazioni della Costa d'Avorio. L'allestimento è davvero pregevole, semplice semplice ma suggestivo e efficace: non ho segnato il nome di chi l'ha curato, ricordo solo che è genovese, e merita un plauso. Ci sono le belle forme dell'awalè - un gioco tattico-strategico dal valore simbolico, di cui il computer non è ancora riuscito a venire a capo - sospese tra le canne e ci sono le bellissima fionde - usate, ci dicono, per prendere i pipistrelli da cucinare in salsa di olio rosso di palma- sospese in una ragnatela di caucciù, ci sono i pettini maestosi e gli enormi cucchiai di legno, su cui avrei voluto saperne di più: venivano portati in dote e costituivano segno distintivo delle donne generose e ospitali e la guida ha accennato al loro significato magico, chè pare i cucchiai "si parlassero" fra loro.
Ma l'oggetto più tenero era un amuleto: una coppia distesa, fianco a fianco a formare un unico corpo, lei incinta con la sua pancina bella in rilievo.
Finita la visita, curiosato nei passaggi segreti e nella collezione etnografica stabile, succhi di frutta e menta erano pronti sul tavolo del bar, tutto ben messo e carino, con bicchieri in vetro, i tavolini con la tovaglia damascata nel giardino per sedersi un momento dopo le mille scale. Una di quelle cose, insomma, che ogni tanto ci fanno sentire confortati, ma allora anche qui si può.

sabato, agosto 11, 2007

SENZA PAROLE

MODA INVERNO

Qualcosa di più orribile di questo paio di scarpe è difficile da inventare, ma gli altri esempi fanno una seria concorrenza a questa pensata dell'alta moda. Vengono dalla fotogallery di Velvet-republikit sulle collezioni autunno-inverno: in cui, a dir la verità, c'è anche qualche paio di scarpe e qualche borsa meritevoli. Ma il brutto è più divertente.















E merita una segnalazione anche la perla di giornalismo che introduce il ritorno del bianco nella moda: "Le strade saranno invase da candide fate delle nevi in libera uscita. Fatali. post-romantiche o severe."
Notevole, vero?

venerdì, agosto 10, 2007

NON DAPPERTUTTO E' ESTATE


Un Ponte per... manda un'edizione straordinaria della sua newsletter, purtroppo probabilmente destinata a non essere vista da molte persone, dato il periodo. Lo fa per protestare contro l'invasione della Biblioteca Nazionale di Baghdad da parte di soldati dell'esercito Usa e di quello iracheno, compiuta con il pretesto di "garantire la sicurezza" di chi partecipava a un evento religioso nei pressi.
Questo il testo dell'appello, con la e-mail per aderire:
Appello
L'esercito iracheno e americano, contravvenendo a tutte le convenzioni internazionali, è entrato con la forza nella biblioteca nazionale di Baghdad facendone, di fatto, una base militare e mettendo a serissimo rischio il patrimonio librario scampato all'incendio dell'aprile 2003. Di fronte alla resistenza del direttore e dei dipendenti della biblioteca hanno usato violenza fino a sparare alle gambe ad un bibliotecario. Al momento in cui scriviamo i soldati hanno lasciato l'edificio, ma si teme che l'occupazione possa ripetersi presto ed in qualsiasi momento.
La biblioteca nazionale di Baghdad, che Un ponte per sostiene da tre anni, è un esempio di come gli iracheni, se lasciati liberi da ingerenze esterne, possono ricostruire il proprio paese.
Facciamo appello al Governo italiano perchè intervenga presso il Governo di Baghdad affinchè la biblioteca, sia lasciata definitivamente libera dalle armi, anche a tutela del lavoro svolto dalla cooperazione italiana nella ricostruzione della biblioteca stessa.

Invitiamo tutti a inviare immediatamente messaggi di protesta all' ambasciata irachena in Italia:
iraqembroma@yahoo.com

Dal sito di Un ponte per... qualche notizia di più, con le interviste rilasciate alla stampa internazionale dal direttore della Biblioteca, Saad Eskander:
"Eskander ha riferito al quotidiano britannico che ieri una ventina di soldati iracheni si sono impadroniti dell'edificio armi in pugno, minacciando le guardie e il personale.
"Hanno trasformato il nostro archivio nazionale in un obiettivo militare", sottolinea. "Domani o dopodomani, gli estremisti attaccheranno le forze irachene che vi si trovano".
I soldati(...) si sono posizionati sul tetto della biblioteca, dice il direttore. Hanno già cominciato a smontare il cancello di ingresso, e hanno spaccato porte e finestre all'interno dell'edificio principale.
"Le azioni sconsiderate delle forze irachene e delle forze armate Usa, che sembrano considerare accettabile l'operazione, metteranno in grave pericolo il personale e le collezioni della biblioteca e dell'archivio", denuncia Eskander, esprimendo il timore che i soldati possano iniziare a saccheggiare l'edificio "o persino a dargli fuoco".
E ribadisce che riterrà responsabili di qualunque danno materiale al patrimonio o di eventuali vittime l'esercito Usa e quello iracheno.
Saad Eskander è uno storico rispettato, che ha vissuto molti anni in esilio durante il regime di Saddam Hussein. Kurdo, è in possesso anche di un passaporto britannico.
Come il Museo Nazionale di Baghdad, anche la Biblioteca Nazionale e Archivio hanno subito gravi danni subito dopo l'invasione Usa del 2003, a causa di saccheggi e incendi.
Secondo le stime, il 25% delle collezioni della Biblioteca è andato perduto, compresi libri assai rari, mentre l'Archivio ha perso il 60% dei suoi materiali, tra cui documenti insostituibili dell'epoca ottomana.
Eskander, che dirige l'istituzione culturale dal 2003, l'ha ricostruita, conquistandosi rispetto in tutto il mondo, anche grazie al supporto di qualificati partner internazionali, tra cui la British Library di Londra (il cui sito ospita il suo blog), e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
"Un lavoro notevole in circostanze assai difficili", dice Andy Stephens della British Library, citato dal Guardian. "Ha cercato di dare una collocazione neutrale o laica all'istituzione che dirige". "
Un Ponte per... lavora al progetto "La casa dei libri di Baghdad" da due anni e mezzo, collaborando al restauro, alla catalogazione, alla formazione del personale e alla difficile gestione di tutto ciò : da ottobre, nelle librerie italiane saranno in vendita segnalibri creati da illustratori italiani per contribuire alla raccolta fondi. Costeranno un euro: si può fare, no?

E lo so che magari ci sarà qualcuno che pensa che gli iracheni hanno problemi ben più gravi del salvataggio della biblioteca, ma io non credo sia così semplice, o che una cosa escluda l'altra. Secondo me, una della cose peggiori che si possano fare a un popolo è proprio quella di togliergli storia e memoria, e le opere che le contengono entrambe.
Perciò mandate la mail, e non importa cosa ci scrivete dentro, purchè sia chiaro.





mercoledì, agosto 08, 2007

THINK NOIR


A lenire l'estività ci pensa la newsletter di Focus, che dedica ampio spazio ai Premi Darwin , il divertimento preferito dei cinici. Per chi ancora non lo sapesse, sono premi assegnati annualmente a chi elimina nel modo più stupido il proprio patrimonio genetico da quello umano complessivo: non è necessario morire, fa notare l'articolo di Focus, anche l'autocastrazione dà diritto al premio. E riporta vari casi che si sono succeduti negli anni: anche le leggende metropolitane a volte hanno accesso al premio - della loro attendibilità decide la stessa giuria - e noto che, appunto, viene riportata la triste storia di un uomo investito dalla sua moto e poi ferito nell'esplosione del carburante di quest'ultima, riposto in bagno dalla moglie. La storia, arricchita di ulteriori particolari come la caduta dalla barella della croce rossa e il rimanere bloccato nell'ascensore dell'ospedale, gira da almeno trent'anni poichè io la ascoltai in prima liceo, raccontata da un prof che non sfigurerebbe tra i concorrentri del Darwin.
Ma, tra varie amenità come l'uomo che si sega la testa da solo, quello che riempie di attack il preservativo prima di usarlo e i due amanti trovati morti - e nudi, ovviamente - dopo una rovinosa caduta dal tetto (è così eccitante, caro!), ne riporto una paro paro da Focus che mi è sembrata la migliore: riesce a sembrare incredibile perfino fra tante incredibili stupidità.


che ci sia un collegamento tra Darwin e sbronze è acclarato. Come spiegare altrimenti il gesto di un uomo che, tornato a casa dopo una notte brava e non trovando le chiavi, decide di entrare dalla finestra della cucina? Fin qui, niente di strano. Ma il problema è che la finestra è di quelle a ghigliottina e si apre, verso l'alto, solo la metà inferiore. Così, quando l'anonimo cittadino di Wolfsberg (Austria) prova a intrufolarsi riesce a fare passare solo la testa. Ah, un dettaglio: la finestra si affaccia sul lavello di cucina. Nel tentativo di liberarsi, chissà come il nostro Darwin austriaco apre il rubinetto dell'acqua calda, il lavello si riempie e lui ci finisce con la testa dentro. E così viene trovato l'indomani, morto stecchito. Domande che ancora non hanno trovato una risposta: perché il malcapitato non ha chiuso il rubinetto? E, soprattutto, perché prima di rassegnarsi ad aver perso le chiavi non si è guardato in tasca? È lì che le ha trovate la polizia.

NON

persi in questo nulla estivo che così graziosamente regala una sensazione di irrealtà alle cose che pur succedono fuori da noi, ci guardiamo a tavola in questa famiglia di bloggers e ci diciamo "ma non succede niente..." E così tocca magari registrare che mi si sono rotti gli occhiali, che abbiamo beccato la subdola influenza, che la mia ipocondria si è arricchita della paranoia da trauma cranico dopo che mi è caduta una ventola sulla testa, che cucinare pesce impuzza mefiticamente tutta la casa... no, no, basta, d'accordo. Ah, allora potrei dire che lo sciainistat si alimenta da sè, perpetuando ricerche sempre uguali a sè stesse: mille naufragi di papere, di nuovo una salvia impanata, cosa mangiano nell'ordine papere- fenicotteri-tritoni, la lunghezza del pene questa volta dei cincillà (una cincillà informatizzata? o il solito buontempone, mi pare più probabile) e tutta una serie di quesiti casalinghi a cui, confesso, sono impreparata a rispondere. Cucire un copriletto, smacchiare un lenzuolo, un pavimento in ceramica rovinato (iiih!), rimediare al colore di un bucato si suppone sbagliato, usare la macchina da cucire... ragazze mie, se sapessi tutte queste cose mica perderei tempo a scrivere, neh? Ma così succede a chi predica la vita sostenibile, che fin da quando scrivevo di "ecologia domestica" (uh, quanto tempo fa: meglio non pensare che ancora oggi è argomento pressochè ignoto) i colleghi - maschi - la chiamavano in buona fede "economia domestica", non vedendo alcuna differenza e tanmeno la bonaria ironia della definizione. Però, in fondo in fondo all'elenco lo sciaìni si riscatta, con uno che ha cercato video you tube scuola hard. Moderato nei termini e nel pensiero, uno che preferisce il sottinteso all'esplicito come si conviene fra persone educate, e che purtuttavia mi risolleva da un universo di paperelle e grembiulini con le gale. ecco, lo so, lo so che non dovevo scriverlo: i prossimi gugol mi porteranno crestine e centrini e chi devo far sedere al posto d'onore. E allora mi darò all'hard.

venerdì, agosto 03, 2007

CRONICHE MARINE


Dialogo da spiaggia
Personaggi: una bimba di tre anni, una zia, un cugino un po' più grande che è già morto e non lo sa. Infatti per tre ore sta fermo immobile sulla sdraio, salvo spaventarsi per ogni cosa che alla cuginetta, peraltro in via di morte anche lei chè è fin troppo quieta e brava, venga in mente di fare. Come, ad esempio, mettersi la penna sull'ombelico, orrore! "Mamma, mamma, dille qualcosa!" strilla il cugino a cotanto orrore. Indi:
Zia: "Ecco, adesso vai con tuo cugino a comprare le patatine."
La bimba esce dalla catalessi che la spinge a svuotare e riempire la borsa della zia, unico gioco possibile, e si anima.
Zia: "Ma prima dobbiamo fare un patto. Il sacchetto delle patatine lo tiene tuo cugino e tu le prendi una per una. Va bene?"
Silenzio, evidentemente non va bene per niente.
Z.: "Va bene?"
La bimba distoglie lo sguardo, spera che la zia si dimentichi, ma lei è implacabile:
"Non andate, allora. Se lei non dice che va bene, non si comprano. Allora: il sacchetto lo tiene tuo cugino e tu prendi le patatine una per una, va bene?"
La bimba mente e, con evidente disagio, sussurra un "sì" piccolo piccolo.
Tornano, il cugino morto apre il sacchetto, lei ci ficca le mani, lui lo difende guardando la madre di sottecchi, si capisce che fosse per lui glielo darebbe ma non osa. Alla fine fugge con il sacchetto, la bimba piange sulla sdraio. Il sacchetto lo prende la zia:
"Vieni, vieni qui. Ecco, adesso, prendi una patatina. Una sola. Una per te, una per tuo cugino, dai una patatina a tuo cugino. " Il quale, intanto, se le prende anche per conto suo, dallo stesso sacchetto. La bimba cede per potersi ficcare in bocca una singola, misera, patatina. Ma non demorde e ogni tanto cerca di prenderne perfino due! E la zia:
"Una per volta. Che sennò viene il signore (il bagnino, quanto di più simile all'autorità spiaggiaria costituita, ndr.) e le sequestra. Una, ho detto. Signore! venga a prendere le patatine di questa bambina! ecco, vedi che adesso arriva? lui le sequestra e non si possono più mangiare. Ecco, adesso, dai una patatina a tuo cugino. Una per te, una per lui. Brava, così. No! Non si prendono, vedi che il signore sta arrivando? Viene a prendere le patatine di questa bambina che fa la monella (testuale, ndr.) e poi non le mangi più. Sequestrate! Ecco, brava, una per volta. Una per te, una per tuo cugino. Una per volta. Una per volta. "
Finchè, sediovuole, il sacchetto è finito. Abbiamo appreso con sollievo che in serata, dopo ore di noia intorno alla sdraio ("ah, vuoi far galleggare la barchetta di carta? quando andiamo a casa riempiamo un catino e la facciamo galleggiare, eh? no, noi il bagnetto lo abbiamo già fatto, no, non puoi svuotare quella bustina, no, vieni qui, stai qui. cosa fai così vicino a me? vai a giocare": il tutto in tono io-i-bambini-li-odio-ma-guarda-come-sono-gentile-e-pedagogica) la bambina sarebbe tornata dalla madre. Che forse non si meraviglierà vedendola vomitare patatine e stress.

mercoledì, agosto 01, 2007

UNA MATTINA, SI E' SVEGLIATO

e non possiamo che essere lieti che almeno uno lo abbia fatto: secondo Republikit, il consigliere regionale del Lazio dei Ds Enzo Foschi, si è indignato che "Faccetta nera" potesse essere scaricato dalla rete come suoneria gratuita e si è ricordato che in Italia esiste un reato definito "apologia di fascismo". Perciò, dice l'articolo di Republikit,
ha denunciato la Tim chiedendo di "rimuovere al più presto" il brano dalla lista delle canzoni che i clienti possono acquistare dal sito del gestore di telefonia." (...) "Che l'inno al fascismo sia così facilmente reperibile è inconcepibile", si arrabbia Foschi, che chiede di "non abbassare la guardia su un potente mezzo di comunicazione come i telefonini e non sottovalutare il potere culturale di una suoneria". Così come le ripercussioni sull'immagine, in questo caso di Tim che ha già chiesto a Buongiorno Vitaminic, la società che riversa i contenuti sul sito dell'operatore mobile tra cui 500mila brani musicali all'anno, di ritirare il popolarissimo inno della guerra d'Etiopia ('35)."

Bravo Foschi, da qualcosa si deve pur cominciare. Basta che poi si continui, e sarebbe anche ora.