domenica, agosto 12, 2007

TURISTI IN CITTA'

Ecco, io lo so che ci sono cose che sono considerate una muffa, ma non ho mai capito perchè invece, se fatte in un'altra città, diventano affascinanti. A me piacciono di più proprio quando sono qui, che sembra di essere via e invece poi si torna a casa e ci si fa una buona tazza di tè, proprio come si vuole. Insomma, tutto ciò per dire che non potevamo mancare all'iniziativa delle domeniche d'agosto al Castello d'Albertis: visita guidata, i passaggi segreti e il rinfresco, tutto a 6 euro. E, per soprammercato, abbiamo avuto un'informazione inedita. Una rotondetta signora che partecipava al tour ha infatti informato tutti che le segrete del Castello erano deposito d'armi dei partigiani, durante la Resistenza: e il fatto non è noto neanche oggi - la guida ha apprezzato l'informazione - e lei lo aveva saputo dalla madre, che sua volta aveva ricevuto un avviso sibillino dal lattaio "Stasera state in casa", pare perchè appunto dovevano andare a prendere le armi in vista della Liberazione. A me questa Storia ancora viva e ancora sconosciuta mi piace un sacco.
E anche il Castello D'Albertis mi è sempre piaciuto, nella sua follia di quando i ricchi facevano fare invece che limitarsi a comprare. E ricco, D'Albertis lo era, di famiglia: assaggiò il lavoro per qualche anno, poi alle venerabile età di 24 anni si ritirò a vita privata, si comprò la collina e fece costruire il castello. I passaggi segreti, che non sono affascinanti se non per il fatto di essere appunto stretti e segreti, li volle perchè un castello senza passaggi segreti non era un castello, e poi li usava per spaventare gli amici facendo buh. Come si conveniva alla sua epoca, in cui i criteri di classificazione non erano certo i nostri, D'Albertis raccolse nel castello una quantità di stili, suggestioni e esemplari di oggetti "rari" razziati qua e là - un ornitorinco impagliato, le piastrelle uguali a quelle dell'Alahambra, le alabarde europee e lo stemma ritoccato, la stufa napoletana nel Salotto turco, le armi asiatiche, la collana di conchiglie e la cassapanca sarda - e anche questo mi diverte, che volete farci?
Ma bellissima è la Mostra temporanea ospitata in questo periodo: si chiama L'anima della piccole cose e raccoglie oggetti d'uso delle varie popolazioni della Costa d'Avorio. L'allestimento è davvero pregevole, semplice semplice ma suggestivo e efficace: non ho segnato il nome di chi l'ha curato, ricordo solo che è genovese, e merita un plauso. Ci sono le belle forme dell'awalè - un gioco tattico-strategico dal valore simbolico, di cui il computer non è ancora riuscito a venire a capo - sospese tra le canne e ci sono le bellissima fionde - usate, ci dicono, per prendere i pipistrelli da cucinare in salsa di olio rosso di palma- sospese in una ragnatela di caucciù, ci sono i pettini maestosi e gli enormi cucchiai di legno, su cui avrei voluto saperne di più: venivano portati in dote e costituivano segno distintivo delle donne generose e ospitali e la guida ha accennato al loro significato magico, chè pare i cucchiai "si parlassero" fra loro.
Ma l'oggetto più tenero era un amuleto: una coppia distesa, fianco a fianco a formare un unico corpo, lei incinta con la sua pancina bella in rilievo.
Finita la visita, curiosato nei passaggi segreti e nella collezione etnografica stabile, succhi di frutta e menta erano pronti sul tavolo del bar, tutto ben messo e carino, con bicchieri in vetro, i tavolini con la tovaglia damascata nel giardino per sedersi un momento dopo le mille scale. Una di quelle cose, insomma, che ogni tanto ci fanno sentire confortati, ma allora anche qui si può.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho visto il tuo blog solo al 10 % e già sono impressionato.
Spero accetterai questo piccolo omaggio da un cercatore.
Nel mondo ci vorrebbero più persone come voi.

lastreganocciola ha detto...

grazie dell'omaggio, lusingata. ma "come voi", come? non cerco complimenti, ma sono curiosa...