sabato, maggio 29, 2010

COSE BUONE DAL MONDO


Come forse vi sarete accorti, voi tre e mezzo affezionati lettori, la fotografia è l'ultima delle mie passioni. Sto perfino quasi seguendo un quasi corso: io arrivo lì con la mia piccolissima, fantastica Lumix ("la più bella delle compatte", dice il quasi maestro Andrea) e me ne sto in un angolino a guardare come si incasinano gli altri con le loro megagalattiche reflex, ma questa è come al solito un'altra storia.

La storia di oggi, invece, l'ho trovata sul blog di Repubblica tenuto
da Michele Smargiassi e dedicato appunto alla fotografia: racconta di fotografi professionisti che, riuniti in un'associazione internazionale ma agendo in modo autonomo, regalano un ritratto a chi non si potrebbe mai permettere una foto migliore di una squallida fototessera.
Immigrati, homeless, ospiti delle case di riposo o di altre strutture di accoglienza... persone, insomma, il cui senso di identità è spesso vacillante diventano protagonisti di una seduta di posa in cui non vengono usati per documentare nulla, ma semplicemente fotografati al loro meglio.
Il video, qui sotto, che documenta alcune iniziative di Help Portrait , è commovente: "Fotografare, nella nostra cultura, almeno fino a quando l’ubiquità dei fotofonini non avrà demolito anche questo, è attribuire valore - scrive Smargiassi - Ti fotografo, dunque ti trovo interessante, bello, degno di essere guardato. Il dono vero è questo, più che la consegna materiale, qualche giorno dopo, del ritratto ben stampato e incorniciato."
Com'è ovvio, l'associazione si è data regole per evitare che i ritratti possano deviare in un qualsiasi sfruttamento commerciale, ma anche così non mancano le polemiche: chi è senza una casa, si rimprovera in sostanza a Help Portrait, certamente non ha come prima necessità una foto.
C'è del buon senso nell'obiezione, ma qualche volta il buon senso è grigio e finisce per perdere di vista le cose importanti della vita.
La mia generazione, che aveva storie e storiazze della Seconda Guerra Mondiale ancora relativamente vicine, ha fatto in tempo a sentirsi raccomandare il "mantenere la propria dignità in ogni occasione" , così come si diceva che facessero gli inglesi presi prigionieri dai nazisti, facendo ginnastica tutti i giorni nella cella due metri per due.
Aspetto fisico e fermezza d'animo venivano a coincidere, senza che però ci fosse ancora tutta la contaminazione commerciale che è venuta in seguito e che ha trasformato la piacevolezza estetica umana in paranoia. Anche così, fu il '68 a mettere in discussione quell'idea di dignità: nella quotidiana vita borghese finiva infatti per trasformarsi spesso in ipocrisia dell'apparenza, in tirannia dell'aspetto "ordinato e perbene" senza il quale non si poteva presentarsi al mondo. E, benchè quell'idea e quella tirannia si siano fortunamente modificate e stravolte e frantumate, da allora, uno dei modi più sicuri per riconoscere le persone che la vita ha duramente manganellato rimane ancora oggi quello dell'aspetto, di quel porgersi agli altri a cui non si riconosce più valore perchè non si riesce più a dar valore a se stessi. Ecco allora che un ritratto fatto come si deve, con tanto di luci e trucco discreto e scatti professionali, diventa l'equivalente della ginnastica degli ufficiali inglesi: non fa miracoli, ma aiuta a conservare o a ritrovare, il rispetto di sè, un aspetto troppo spesso trascurato anche da chi ha buone intenzioni. E che a volte, quello sì, può fare miracoli.


giovedì, maggio 27, 2010

FIOCCO BIANCO



Dopo un paio di mesi in cui si svolgevano feroci diatribe aeree - gabbiani contro gabbiani, gabbiani contro gazze, gabbiani contro umani, per fortuna mai sanguinose - che ci avevano fatto sospettare la presenza del nido, ecco la conferma: un pulcinotto grigio in bilico sulle tegole ancor più grigie di lui.
E' stato lì per un po', quasi mimetico, poi ha preso ad avanzare cautamente, dondolando sui piedi piatti, e si è affacciato al cornicione. Scrutava in giro curioso, poi ha berciato con una buffa vocetta acuta: dietro di lui è arrivato, con calma, anche il fratèl pirlotta, che dondolava ancora di più e che si è subito nascosto dietro il protettivo muretto, per evitare un attacco di vertigini.

Adesso aspettiamo i tentativi di volo, cercando di non avere la macchina fotografica scarica, come oggi.

martedì, maggio 25, 2010

METTIAMOCI A VENTO

Sì, lo so, manca più di un mese al quarantennale del 30 giugno, ma gira per l'aere il discorso che Sandro Pertini tenne il 28 giugno 1960 per rispondere alla provocazione del congresso che i missini volevano tenere in città - e che, come tutti i genovesi sanno, fu infatti impedito grazie alla sollevazione popolare.
Splendidamente retoriche e profondamente sincere, a leggerle oggi queste parole non fanno venire solo nostalgia: anche se solo per poco, in mezzo alla generale follia in cui è caduta perfino l'A.n.p.i. di Roma che non ha aderito alle proteste per il recente corteo dei fascipiùfasci, sono parole che restituiscono il senso vero delle cose, il nocciolo vero della nostra democrazia e del rispetto della nostra Costituzione. Che non è affatto quello di difendere i presunti diritti di chi, una volta ottenuto il permesso di parlare, lo usa per impedire agli altri perfino di pensare.


Gente del popolo, partigiani e lavoratori, genovesi di tutte le classi sociali. Le autorità romane sono particolarmente interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di antifascismo.
Ma non fa bisogno che quelle autorità si affannino molto: ve lo dirò io, signori, chi sono i nostri sobillatori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra bandiera: sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della casa dello Studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori.
Nella loro memoria, sospinta dallo spirito dei partigiani e dei patrioti, la folla genovese è scesa nuovamente in piazza per ripetere "no" al fascismo, per democraticamente respingere, come ne ha diritto, la provocazione e l'offesa.
Io nego - e tutti voi legittimamente negate - la validità della obiezione secondo la quale il neofascismo avrebbe diritto di svolgere a Genova il suo congresso. Infatti, ogni atto, ogni manifestazione, ogni iniziativa, di quel movimento è una chiara esaltazione del fascismo e poiché il fascismo, in ogni sua forma è considerato reato dalla Carta Costituzionale, l'attività dei missini si traduce in una continua e perseguibile apologia di reato. Si tratta del resto di un congresso che viene qui convocato non per discutere, ma per provocare, per contrapporre un vergognoso passato alla Resistenza, per contrapporre bestemmie ai valori politici e morali affermati dalla Resistenza.
Ed è ben strano l'atteggiamento delle autorità costituite le quali, mentre hanno sequestrato due manifesti che esprimevano nobili sentimenti, non ritengono opportuno impedire la pubblicazione dei libelli neofascisti che ogni giorno trasudano il fango della apologia del trascorso regime, che insultano la Resistenza, che insultano la Libertà.
Dinanzi a queste provocazioni, dinanzi a queste discriminazioni, la folla non poteva che scendere in piazza, unita nella protesta, né potevamo noi non unirci ad essa per dire no come una volta al fascismo e difendere la memoria dei nostri morti, riaffermando i valori della Resistenza.

Questi valori, che resteranno finché durerà in Italia una Repubblica democratica sono: la libertà, esigenza inalienabile dello spirito umano, senza distinzione di partito, di provenienza, di fede. Poi la giustizia sociale, che completa e rafforza la libertà, l'amore di Patria, che non conosce le follie imperialistiche e le aberrazioni nazionalistiche, quell'amore di Patria che ispira la solidarietà per le Patrie altrui. La Resistenza ha voluto queste cose e questi valori, ha rialzato le glorie del nostro nuovamente libero paese dopo vent'anni di degradazione subita da coloro che ora vorrebbero riapparire alla ribalta, tracotanti come un tempo. La Resistenza ha spazzato coloro che parlando in nome della Patria, della Patria furono i terribili nemici perché l'hanno avvilita con la dittatura, l'hanno offesa trasformandola in una galera, l'hanno degradata trascinandola in una guerra suicida, l'hanno tradita vendendola allo straniero.


Noi, oggi qui, riaffermiamo questi principi e questo amor di patria perché pacatamente, o signori, che siete preposti all'ordine pubblico e che bramate essere benevoli verso quelli che ho nominato poc'anzi e che guardate a noi, ai cittadini che gremiscono questa piazza, considerandoli nemici della Patria, sappiate che coloro che hanno riscattato l'Italia da ogni vergogna passata, sono stati questi lavoratori, operai e contadini e lavoratori della mente, che noi a Genova vedemmo entrare nelle galere fasciste non perché avessero rubato, o per un aumento di salario, o per la diminuzione delle ore di lavoro, ma perché intendevano battersi per la libertà del popolo italiano, e, quindi, anche per le vostre libertà.
E' necessario ricordare che furono quegli operai, quegli intellettuali, quei contadini, quei giovani che, usciti dalle galere si lanciarono nella guerra di Liberazione, combatterono sulle montagne, sabotarono negli stabilimenti, scioperarono secondo gli ordini degli alleati, furono deportati, torturati e uccisi e morendo gridarono "Viva l'Italia", "Viva la Libertà". E salvarono la Patria, purificarono la sua bandiera dai simboli fascista e sabaudo, la restituirono pulita e gloriosa a tutti gli italiani.
Dinanzi a costoro, dinanzi a questi cittadini che voi spesso maledite, dovreste invece inginocchiarvi, come ci si inginocchia di fronte a chi ha operato eroicamente per il bene comune.

Ma perché, dopo quindici anni, dobbiamo sentirci nuovamente mobilitati per rigettare i responsabili di un passato vergognoso e doloroso, i quali tentano di tornare alla ribalta?
Ci sono stati degli errori, primo di tutti la nostra generosità nei confronti degli avversari. Una generosità che ha permesso troppe cose e per la quale oggi i fascisti la fanno da padroni, giungendo a qualificare delitto l'esecuzione di Mussolini a Milano. Ebbene, neofascisti che ancora una volta state nell'ombra a sentire, io mi vanto di avere ordinato la fucilazione di Mussolini, perché io e gli altri, altro non abbiamo fatto che firmare una condanna a morte pronunciata dal popolo italiano venti anni prima.
Un secondo errore fu l'avere spezzato la solidarietà tra le forze antifasciste, permettendo ai fascisti d'infiltrarsi e di riemergere nella vita nazionale, e questa frattura si è determinata in quanto la classe dirigente italiana non ha inteso applicare la Costituzione là dove essa chiaramente proibisce la ricostituzione sotto qualsiasi forma di un partito fascista ed è andata più in là, operando addirittura una discriminazione contro gli uomini della Resistenza, che è ignorata nelle scuole; tollerando un costume vergognoso come quello di cui hanno dato prova quei funzionari che si sono inurbanamente comportati davanti alla dolorosa rappresentanza dei familiari dei caduti.

E' chiaro che così facendo si va contro lo spirito cristiano che tanto si predica, , contro il cristianesimo di quegli eroici preti che caddero sotto il piombo fascista, contro il fulgido esempio di Don Morosini che io incontrai in carcere a Roma, la vigilia della morte, sorridendo malgrado il martirio di giornate di tortura. Quel Don Morosini che è nella memoria di tanti cattolici, di tanti democratici, ma che Tambroni ha tradito barattando il suo sacrificio con 24 voti sudici voti neofascisti.
Si va contro coloro che hanno espresso aperta solidarietà, contro i Pastore, contro Bo, Maggio, De Bernardis, contro tutti i democratici cristiani che soffrono per la odierna situazione, che provano vergogna di un connubio inaccettabile.

Oggi le provocazioni fasciste sono possibili e sono protette perché in seguito al baratto di quei 24 voti, i fascisti sono nuovamente al governo, si sentono partito di governo, si sentono nuovamente sfiorati dalla gloria del potere, mentre nessuno trai responsabili, mostra di ricordare che se non vi fosse stata la lotta di Liberazione, l'Italia, prostrata, venduta, soggetta all'invasione, patirebbe ancora oggi delle conseguenze di una guerra infame e di una sconfitta senza attenuanti, mentre fu proprio la Resistenza a recuperare al Paese una posizione dignitosa e libera tra le nazioni. Il senso, il movente, le aspirazioni che ci spinsero alla lotta, non furono certamente la vendetta e il rancore di cui vanno cianciando i miserabili prosecutori della tradizione fascista, furono proprio il desiderio di ridare dignità alla Patria, di risollevarla dal baratro, restituendo ai cittadini la libertà.

Ecco perché i partigiani, i patrioti genovesi, sospinti dalla memoria dei morti sono scesi in Piazza: sono scesi a rivendicare i valori della Resistenza, a difendere la Resistenza contro ogni oltraggio, sono scesi perché non vogliono che la loro città, medaglia d'oro della Resistenza, subisca l'oltraggio del neofascismo.
Ai giovani, studenti e operai, va il nostro plauso per l'entusiasmo, la fierezza, il coraggio che hanno dimostrato. Finché esisterà una gioventù come questa nulla sarà perduto in Italia. Noi anziani ci riconosciamo in questi giovani. Alla loro età affrontavamo, qui nella nostra Liguria, le squadracce fasciste. E non vogliamo tradire, di questa fiera gioventù, le ansie, le speranze, il domani, perché tradiremmo noi stessi. Così, ancora una volta, siamo preparati alla lotta, pronti ad affrontarla con l'entusiasmo, la volontà la fede di sempre. Qui vi sono uomini di ogni fede politica e di ogni ceto sociale, spesso tra loro in contrasto, come peraltro vuole la democrazia. Ma questi uomini hanno saputo oggi, e sapranno domani, superare tutte le differenziazioni politiche per unirsi come quando l'8 settembre la Patria chiamò a raccolta i figli minori, perché la riscattassero dall'infamia fascista. A voi che ci guardate con ostilità, nulla dicono queste spontanee manifestazioni di popolo? Nulla vi dice questa improvvisa ricostituita unità delle forze della Resistenza? Essa costituisce la più valida diga contro le forze della reazione, contro ogni avventura fascista e rappresenta un monito severo per tutti. Non vi riuscì il fascismo, non vi riuscirono i nazisti, non ci riuscirete voi. Noi, in questa rinnovata unità, siamo decisi a difendere la Resistenza, ad impedire che ad essa si rechi oltraggio. Questo lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei nostri morti, e per l'avvenire dei nostri vivi, lo compiremo fino in fondo, costi quello che costi.

ANIMALLY CORRECT


Dato sì che il millesimo post ha riscosso reazioni lusinghiere - su facciabuco e non qui, ma noi siamo mistotennologici, oièa - da milanesi e dintorni, oggi vado a sfrucugliare in casa loro e rubo dal Corriere la notizia del gigantesco sciame d'api che ha invaso piazza San Babila.
Un po' perchè sono stanca e volevo parlare di agricoltura biologica ma non è serata, un po' perchè le foto sono poche ma lasciano immaginare cosa doveva essere trovarsi in mezzo a migliaia di api.
Ma soprattutto perchè le notizie sempre più frequenti di animali di ogni tipo che "invadono i centri abitati" (così di solito viene descritto l'avvenimento) di solito registrano l'avvenimento come si potrebbe parlare di un'acquazzone, di una strana grandinata: e forse neanche, perchè sul clima il concetto che ne siamo responsabili almeno in parte è passato.
Degli animali, invece, si preferisce vedere ancora il lato curioso, pittoresco: tigri in mezzo ai villaggi, orsi nei pascoli, cervi in piscina fanno certamente sorridere o spaventare, ma forse sarebbe ora di dire che sono i nostri villaggi, pascoli, piscine a invadere sempre di più il loro territorio, a confondere le loro percezioni, a snaturare i loro istinti.
Dopo la campgana per il giornalismo non razzista nei confronti degli uomini, chissà se si potrebbe lanciare anche quella per diritti degli animali? Non fermerebbe la stupida e suicida crescita cementizia a cui il nostro governo sta per dare ancora una volta una mano a suon di condoni, ma almeno...

lunedì, maggio 24, 2010

UN MILLESIMO DI OTTIMISMO

Ci sono volte che questa città è non solo piena di cose da fare, ma piena di cose da fare visibili: allora i genovesi, siano o no doc, si dicono l'uno con l'altro: "Che casino c'è oggi! Sembra quasi una città" come se negli altri giorni ci fosse in giro solo la morte cicca.
E invece è già un po' che non è così, ma i genovesi, siano essi doc oppure no, ci mettono sempre un tot - un bel tot - ad accettare le novità. E tutti sanno che io non amo follemente questi luoghi che mi furono imposti quando ero piccola, però lo smisurato orgoglio dei genovesi, doc e meno doc, verso la loro città a volte sembra proprio giustificato.

Così la pensa anche Moni Ovadia, che sabato sera ha condiviso le sue "riflessioni sulla comicità" a palazzo Tursi e che ha esordito dicendo che qui, "nell'isola felice", è difficile rendersi conto di quanto imbarbarimento ci sia altrove. Moni Ovadia ha poi anche cantato due canzoni napoletane che credo avrebbero fatto la felicità del mio Amicodelcuore, ma questa è un'altra storia, così come è un'altra storia il piacere di sentire una persona che ragiona bene e in modo approfondito e riesce poi anche a far ridere con i suoi wiz che, come sottolinea lui stesso, sono parte integrante del ragionare.

Ma, per tornare alla città, la sala piena di gente ha annuito in modo invisibile nel sentirsi ricordare il privilegio e il merito di non essere ancora beceri come ormai troppi altri, ma di solito sembrano tutti scordarsene, forse per il piacere di esercitare il sacrosanto diritto al mugugno.
Eppure, per esempio: nel pomeriggio c'era la Fiera della Maddalena. La Maddalena è uno di quei posti di
Diagon Alley che secondo ove il guardo giri puoi essere affascinato o scappare, ma non mi addentro in spiegazioni e analisi.
Basti sapere che nella zona della Maddalena - che non è solo la via omonima - ci sono bar e locali dove nel pomeriggio c'era, pies, una festa all'aperto per un gruppo di persone stra-vestite come a Genova è difficile vedere, e un intero per quanto corto vicolo con almeno quindici prostitute al lavoro. Non c'è soluzione di continuità, girato appena un angolo eccoci da un mondo all'altro.

Nello stesso momento, poco oltre,
dentro il chiostro delle Vigne, gli amicici del Festival della Scienza facevano camminare i bambini sull'acqua, un'entusiasmante blasfemia a base di maizena: e lì, fra scivolate e urletti, grandi e piccini ricoperti di amido e manichetta dell'acqua, a un certo punto è arrivata la Sindaca. Qualcuno è andato a salutarla, qualcuno ha sbuffato, i più hanno continuato imperterriti chi a camminare nella vasca, chi a lavorare e chi a guardare i bambini: dal canto suo, lei non ha stretto la mano a nessuno, ha sorriso appena ed è rimasta ai margini della scena.
Sembrava una gara di genovesità, facciamo a chi è più scorbutico, e non si sa chi ha vinto.

Non gode di molte simpatie, la Marta, ma io sostengo che tutti i difetti che può avere (e ne ha) e le cose sbagliate che fa (e ne fa) non le costerebbero così tanto in termini di popolarità se non fosse donna. Perchè chi per caso crede che a sinistra non ci sia maschilismo non ha mai avuto contatti con la feroce misoginia della classe operaia (maschile) in un città di marinai (appunto) che costituiva la base del PCI e che ancora oggi ne mantiene alcune ferree qualità, buone e meno buone.
E però io pensavo della Marta, a vederla lì nel suo completino blu per niente d'ordinanza: va bene che il progetto di recupero della Maddalena l'ha voluto lei, va bene che non fa un granchè per accattivarsi le persone, va bene che per un genovese il centro storico è indissolubilmente legato alla presenza di prostitute e peggio, tanto che non ci si fa quasi caso, ma ecco io la Moratti che va a passeggio nei quartieri dell'hinterland, nelle zone peggiori di Milano, non so... succede?


Intanto c'erano i tamburi in giro per i vicoli, nella piazza principale c'erano i megastand della banca che faceva provare gli sport alla gente accanto a quelli dei fruttini di marzapane, gli umoristi a spasso per le vie dei Rolli e tutte le altre più minute attività di un sabato sera, che non sono ormai pochissime nonostante la proverbiale scarsa ospitalità genovese.
E ci son due particolari che mi sembrano dare il senso che qualcosa, in questa città, sta
funzionando ancora: uno è il numero di inaugurazioni che ho visto in questo periodo, tra cui una di una libreria in un quartiere popolare. Non è poco, di questi tempi, no?
L'altra è l'abbigliamento delle prostutite di cui sopra: che era, se così si può dire pur nell'osservanza dei criteri della loro corporazione, "decoroso". E mi par di ricordare che ci fosse stato un patto fra la categoria e il Comune, qualche anno fa, in cui rientrava appunto un certo bon ton delle puttane, in cambio della relativa tranquillità di poter lavorare in centro storico: ecco, magari mi sbaglio, ma fosse mai che il patto viene osservato? E, se è così, pare meglio delle multe e delle crociate.


Ecco, senza voler difendere in particolare la Marta e la sua giunta, che ci piacerebbe facessero di più e meglio, però ci sono volte che mi piacerebbe anche che ci si rendesse conto del positivo di questa città, di questa sindaca e di questa giunta,
nonostante il diritto al mugugno.

Ma siccome ci vuole sempre una scusa quando si cerca di essere ottimisti
- altrimenti di questi tempi ci sente comunque un po' idioti - sbandiero subito il mio alibi, che è quello del millesimo post di questo blog, giaggià proprio questo qui.

sabato, maggio 22, 2010

ERA ORA...


... che qualcuno ne parlasse: anche se non so chi è, anche se gira su Facebook come migliaia di altre cose senza importanza, mentre questa dovrebbe averne. Sì che abbiamo parecchio da pensare per conrto nostro, ma come si diceva un tempo "ogni lotta aiuta un'altra lotta": se non altro perchè è evidente che la strada imboccata dal governo greco è lì dietro l'angolo anche per noi.

C’era un tempo in cui sindacati, partiti di sinistra, o più semplicemente democratici, non mancavano mai di esprimere una solidarietà, sia pure solo verbale, con le lotte dei popoli di Paesi lontani, fossero gli operai polacchi di Solidarnosc o i sindacati del Cile in lotta contro la dittatura.

Sembra un millennio fa.

Oggi, se la Grecia brucia, l’auspicio condiviso è che qualcuno spenga l’incendio prima che bruci anche casa nostra. La campana suona sempre per gli altri, non suona mai anche per noi. Insieme alla solidarietà è sparita però anche ogni ricerca della verità e del senso degli eventi. Cosa altro vogliono i Greci, si dice, dopo il maxiprestito avuto?

Ma questo è il punto. Forse i Greci vogliono semplicemente la cosa che dovremmo volere anche noi. Vogliono mostrare la loro dignità. La grande attrice Irene Papas ha spiegato sinteticamente il senso di questo: Credevamo che qualcuno avesse rubato qualcosa. In realtà si erano presi tutto.

I Greci ricordano ai politici del mondo ( le Borse, o gli “speculatori”come si ama dire oggi, in modo sovietico, invece lo sanno da soli) che non basta imporre i sacrifici ai popoli, bisogna anche imporre ai governi le leggi che vincolino il loro operato per rendere difficili se non impossibili i futuri abusi del pubblico denaro.

Ricordano ai signori di Bruxelles e ai governi nazionali che non ci può essere potere senza responsabilità o responsabilità senza potere. Ricordano che l’ Europa “a geometria variabile”- in cui ognuno usa ciò che più gli fa comodo delle regole comuni- non ha nulla a che vedere con gli Stati Uniti d’Europa di Schuman, Monnet e Spinelli. E’ solo una versione aggiornata del Sacro Romano Impero germanico nella sua fase declinante. Quello che nel quindicesimo secolo in Italia serviva soltanto a legittimare- dietro pagamento- il potere dei vari tirannelli regionali. Ma non a garantire la pace. La sovranità dell’ UE non è oggi ancora la sovranità di un Parlamento rappresentativo- che svolge una secondaria funzione di controllo e di codecisione- ma è la sovranità a più teste di organismi come i Consigli europei e i Consigli dei Ministri- che non sono mai chiamati a rispondere di fronte all’ elettorato europeo. In questo modo la sovranità governante dei singoli Stati, grandi o piccoli, dopo aver dissestato le proprie finanze, può imporre ai propri cittadini il peso dei sacrifici per rientrare dal debito, avvalendosi della legittimazione “europea”, mentre nessuna sovranità comune europea può imporre ai governi ,oltre ai sacrifici, anche le strategie innovative che sono necessarie per promuovere l’economia dinamica e la società della conoscenza che lo stesso Consiglio Europeo ( Lisbona 2000) aveva stabilito.

I Greci, senza volerlo, senza rendersene conto, stanno combattendo questa anti- Europa dei finti europeisti. Sono i soli che oggi possono salvare il futuro possibile dell’ Europa politica, che non è la salvezza dell’euro,ma il superamento del deficit democratico.

Per questo mi sento dalla parte del popolo greco. Come cittadino italiano ma soprattutto come cittadino europeo.

Fonte: http://susannaambivero.blogspot.com/2010/05/io-sto-col-popolo-greco.html


Qualcosa, per la verità, c'è stato e non è giusto negarlo: c'è la già la censura a farci pensare che nessuno si muova, nessuno faccia niente.
Ma sarebbe anche sciocco negare che purtroppo, la censura in primis, più l'ignavia del PD e la scarsa capacità di comunicazione e mobilitazione della sinistra residua, hanno fatto sì che l'impressione generale sia quella del nulla. Su questo tema come su tutti gli altri.




venerdì, maggio 21, 2010

GUARDARE





me questo tipo mi piace - non è proprio genialmente imprevedibile, però ha buone idee e bel tratto pulitino, appena appena ossessivo - si chiama Shout e presenta un libro settimana prossima a Milano.
I titoli sono: " A farewell to arms", "Freud & Zen", "Free your self". Se volete guardare altro, qui sotto ci sono tre linki.

edito da 27_9
il ritorno di Alessandro Gottardo
alias Shout
presentazione:
27 maggio 2010, ore 19.00
Books Import, via Maiocchi 11
Milano
www.27underscore9.com
www.alessandrogottardo.com
http://altpick.com/shout

mercoledì, maggio 19, 2010

DUBBIO

Una volta ho letto, chissà dove chissà quando chissà di chi, questo concetto: le donne, quando vogliono ferire qualcuno, si fanno del male. Qualcuno di importante per loro, ovvio, e forse si aggiungeva anche "uomo": ma anche limitandone la portata, l'idea è preoccupante.
Vien da rifiutarla sdegnate, chi, io, ma sei scemo?
Però, ecco, è ovvio che, nel caso, mica lo si fa apposta:e la frase rimane lì, appiccicata alla mente, sarà poi vero che non è vera?

lunedì, maggio 17, 2010

MAI PIU' SENZA


ogni mese Focus mi manda queste classifiche improbabili: vi ho risparmiato i cibi più disgustosi (per noi) del mondo, ma queste invenzioni meritano: ognuno può scegliere la più inutile tra le inutili. me, per esempio, mi pare più inutile l'asciugaorecchie...


Le 5 invenzioni più inutili || Focus On Top || Ottava Puntata - Focus.it



NOTTE DEI MUSEI

e siccome nella notte si camminò assai, e si continuò oggi andando ai Parchi di Nervi in onore del sole finalmente spuntato, la stanchezza ci coglie. Indi posto solo qualche foto.
La prima è la bellissima attività di Arci Infanzia/Nessie al Museo di Villa Spinola dove, per immedesimarsi nella storia del palazzo che ha visto un sacco di generazioni genovesi, i visitatori erano invitati a scrivere un episodio della vita un loro antenato. Leggere i bigliettini che erano già stati appesi era molto bello: nonni garibaldini e partigiani, avole che avevano visto l'entrata a Napoli dei piemontesi e parenti che avevano conosciuto Charlie Chaplin, profumi e ricette e incontri e luoghi di una Storia minima in cui si affacciava la Storia ufficiale.
Le altre foto sono di Palazzo Reale, mentre le ultime sono del Roseto di Nervi, duramente provato dalla pioggia dal punto di vista estetico, ma forse più ricco di profumi.

sabato, maggio 15, 2010

TRANCIO DI VITA


Quando conobbi l'uomo barbuto - no, anzi, io e lui ci conobbimo più volte nella vita, ma in questo caso mi riferisco esattamente alla conoscenza biblica - lui mi chiese: "dove ti piacerebbe andare?" e io risposi "Islanda". Lui mi guardò un po' stranito "Islanda? ah, oh, uhm... Cosa ne diresti di Parigi?" Andammo a Parigi e non ho mai capito che morale trarre dall'episodio, se non che forse avremmo dovuto prenderci più sul serio reciprocamente - be', saltava agli occhi che parigi non era esattamente un compromesso fra l'islanda e parigi, ma anche che io non gli avrei mai dato una risposta prevedibile.
Oltretutto, non me ne sono mai dimenticata: c'è stato un periodo, però, che la gente diceva "ah, l'islanda... bof, non c'è mica un granchè da vedere, è tutto scomodo, tutto caro..." e allora mi ero messa un po' il cuore in pace. Adesso il vulcano ha ridato emozione al freddo Nord e gli islandesi si sono impoveriti - sono stati i primi colpiti dalla crisi e hanno fatto perfino manifestazioni: dai filmati si capisce facilmente che sono arrivati perfino a gridare "Maleducati!" agli agenti che cercavano di contenere la folla pazzesca, circa cinquanta persone.
E, insomma, che reportage e fotografie sono tornati a magnificare l'Islanda, guardate qui, e si parla di andarci in traghetto, cosa che a noi gente di lago ci piace sempre un sacco. C'è qualche piccolo problema di budget, come già ai tempi di cui si parlava, ma ciò non mi impedisce di pensare a questo viaggio sempre rimandato. Pensare è gratis, anche in tempi di crisi.

giovedì, maggio 13, 2010

A LITTLE NEW DEAL

Quando le figlie erano piccole, ogni anno facevo per loro il qualibro - di cui ho già parlato qui - in cui ficcavo storie, notizie, raccontini e giochi. L'argomento e i tempi previsti per la realizzazione del qualibro (che era, come si direbbe adesso, un media interattivo, da leggere ma anche scrivere, disegnare, giocare, compilare liste, dare voti ecc.) erano un po' limitativi, poichè il qualibro serviva per le vacanze: l'argomento era quindi il posto scelto e il tempo era giusto quello del viaggio, chè tornati a casa non c'era più lo stesso fascino, si sa.
Il blog dovrebbe - potrebbe - essere un qualibro che ognuno scrive soprattutto per sè: se non ci pensa il governo a metterli (a proposito, avete già firmato
qui, contro il ddl liberticida? ), non ci dovrebbero essere limiti a ciò che ci si scrive sopra.
Ma, siccome i blog nella loro maggioranza funzionano "per cerchia", cioè per gruppo di lettori consolidato, con occasionali picchi e aggiunte esterne, va a finire che ogni blogger tende a replicare nel suo blog una stessa formula.
I più facilitati sono gli egocentrici: essendo loro stessi il filtro del mondo, i loro blog sono di solito interessanti e pieni di notizie narrate in chiave molto personale.
Per la stessa ragione, quando gli egocentrici si deprimono, i loro blog finiscono per assomigliare ai diari di una adolescente in crisi puberale e, anche se le loro motivazioni sono ben più serie, il lettore non può che prendere atto delle varie fasi della tristezza.
Anche chi egocentrico non è, però, finisce per essere vittima di un meccanismo tipico della vita sociale, che nel blog forse si presenta rafforzato (e sarebbe interessante approfondire il perchè): la tendenza a non scostarsi troppo da un ruolo. Così, senza andare a imbarcarmi in discorsi psicosociologici, ci sono i blog che parlano quasi solo di politica, quelli che parlano solo di gatti, quelli ermetici, quelli satirici, quegli enigmatici, quelli intimisti... Tutti, prima o poi, attraversano fasi e momenti di afasia: in particolare, come ho già scritto un'altra volta, credo che la attraversiamo noi blogger di sinistra che, sempre più sgomenti e avviliti di fronte a quello che sta succedendo, spesso non riusciamo a scrivere neppure un post che abbia un po' di respiro, qualunque sia la chiave che abbiamo scelto.


Eppure, ognuno di noi (compresi alcuni fra gli storditi comune-tary che hanno smesso
di scrivere i loro blog, ufficialmente o meno) è una miniera di scoperte: c'è chi trova una poesia e chi una ricetta, ma so per certo che c'è chi potrebbe segnalare notizie di storia e di scienza, fare copincolla di link artistici, fare controinformazione o divulgazia in non più di cinque righe, postare un esperimento gastronomico o pedagogico. A volte lo si fa sul facciabuco, certo: ma non è la stessa cosa, chè la rapidità del postare è direttamente proporzionale alla superficialità del postato e, soprattutto, alla sua estrema caducità. E, all'estremo opposto, non è la stessa cosa neppure scrivere su un blog - proprio o collettivo - specializzato: che quelli sono spesso molto belli ma hanno una funzione diversa.
Perchè la condivisione di qualcosa di bello, di buono, di utile è troppo spesso ciò che rimane fuori dalle nostre vite, dai nostri scambi sociali: a volte le si viene a scoprire guardando l'amica che prepara il minestrone (ah, tu fai così?) o sbirciando nelle librerie altrui (com'è questo?) , ma nella maggioranza dei casi ognuno tiene le proprie scoperte per sè, per mancanza di modi e tempi in cui comunicarle. Io credo, invce, che sarebbero preziose: chè nessuno nasce imparato e se il brother mi spiega anche come tenere affilati i coltelli oltre a illsutrarmi il libero mercato, io son contenta.

E così, ecco , tutto ciò è per dire che io darò libero sfogo, d'ora in poi, alle Notizie Socialmente Irrivelanti, alle Informazioni Totalmente Inutili, alle Indicazioni Sommamente Improbabili, alla Riflessioni Ecchisenfrega (come questo metapost, pies) e via di seguito. A me piacerebbe molto che altri mi seguissero, in una sorta di Festival Bloggistico delle Conoscenze Supeflue, senza che sui post pesi un problema di evitare la gratuità, chè anzi dovrebbe essere esattamente quello il bello dei blog: di fissità ce n'è già troppa nelle nostre vite, non vi pare?

RANDOM


E mentre non c'è ormai nessuna conversazione che non preveda, prima o poi, un invito a donare una casa, beninteso in forma anonima, mentre il freddo polare sembra sparire di giorno per poi tornare la notte, mentre la Casa nella Rocca si arricchisce di presenze artistiche e si libera - ancora! - di inutilità post-trasloco, mentre il qi-gong svela infine "un esercizio che fa dimagrire", mentre c'è ormai una confusione di anonimi nei miei commenti - ma non nel mio conto in banca, ahimè - mentre il mio compito di organizzatore di giochi al circolo dell'anima si avvia verso la pausa estiva ma c'è già pronto un corso di fotografia per riempre i giovedì sera lasciati liberi, mentre si aspetta l'Amicodelcuore e la Notte dei Musei chè combinati insieme dev'essere bellino, sì, mentre si alternano tensioni e passioni, mentre si programma l'ultima gita all'Ikea, mentre... be', insomma, mentre la vita prosegue senza alcuna logica, com'è tipico appunto della vita, in suo onore posto due cose che c'entrano zero sia fra loro che con tutto il resto.

La prima è la segnalazione di queste foto: e guardate bene Camouflage, perchè è troppo carina.

La seconda è una ricetta. In questo ultimo anno ho infatti scoperto che posso mangiare di tutto (intolleranze a parte): anche ciò che credevo non mi piacesse e cose su cui avevo sempre fatto un sacco di storie. Meno l'aglio, che continuo a non sopportare
(sono o non sono una strega?): allora vi dono questa minestra che ne prevede un sacco. Io proverò a farla senza avvicinarmi al malefico bulbo, ma se qualche anonimo la prepara così com'è, mi faccia sapere com'è venuta.

Il chamod è una minestra di verdure molto particolare, di origine egiziana, dietetica e anche piuttosto veloce se si usa la pentola a pressione.
1 sedano intero con foglie
2 zucchine
2 patate

2 porri

tanto prezzemolo

2-3 spicchi d'aglio

3 limoni spremuti
Brodo o dado

Tagliare le verdure a dadini piccoli e metterle in pentola insieme all'aglio schiacciato e 2 dadi (se non si usa il brodo di carne). Far cuocere 10 minuti a fuoco vivace mescolando. Poi coprire d'acqua (o di brodo) e lasciar cuocer coperto finché non e' cotta la patata.
Togliere dal fuoco e aggiungere il succo di limone. Servire disponendo la minestra nella scodella sopra una porzione di riso basmati pilaf.

mercoledì, maggio 12, 2010

PERCHE' NO?

Non ci vuole un motivo per un sonetto di Shakespeare, lo dico subito, e infatti motivo non c'è.


Come un attore impreparato in palcoscenico,

Che per la paura dimentica la parte,
O come un tipaccio dominato dall'ira,
Cui per eccesso di forza s'indebolisce il cuore,

Così, temendo di fidar troppo in me, dimentico di recitare
Da attore preparato la liturgia dell'amore,
E sento venir meno il vigore del mio amore
Schiacciato dal peso della sua stessa forza.

Siano dunque i miei sguardi a recitare la parte,
Muti messaggeri del mio petto eloquente,
Implorino il tuo amore e cerchino il tuo favore
Con più eloquenza di eloquenti parole che troppo han detto

Oh, impara e leggere ciò che l'amore muto scrive:
Ascoltare con gli occhi è il sottile ingegno dell'amore.

martedì, maggio 11, 2010

MARCHETTE


Oggi abbiamo fatto shopping:
*numero due catini di plastica al mercato: "Quanto costano?" "Un euro e mezzo" "Ah, ok, ne prendo due: Anzi, una così e una un po' più grande." "Ma questa costa due euro, signora" Ce la posso fare.
*numero tre paia di slip di puro cotone, cinque euri per tutt'e tre.
*numero tre zanzariere da sfigati, cinque euro l'una. Ma la lunghezza di due e metri e mezzo basterà? Prendiamole da tre, è meglio. "Quelle da tre metri costano sette euro l'una".
Bastavano da due e mezzo, ovviamente. Magari torniamo a cambiarle, vuoi mica buttar via sei euro, neh?
*due piante di limoncina, due euro l'una.
*un vaso grande, di plastica, per metterle a dimora: "quanto costa?" "Tre euro e mezzo".
Crepi l'avarizia, compro anche il terriccio.

Nel pomeriggio, ancora in preda a questa esaltazione spendereccia, è stata la volta della spesa di alimentari: un centinaio di euri - anche se è una spesa nè carne nè pesce, tranne un pacchetto di filetti di merluzzo - per comprare ciò che, mi dicono, mi aiuterà a non ammalarmi (di più). Che è un altro modo per dire che il resto, invece, qualche probabilità di farti ammalare (di più) ce l'ha, chimicamente parlando.

Così, solo in serata apprendiamo che la sciura Veronica ha ottenuto solo trecentomila euro al mese: pora dòna, sennò ci toccava di rinunciare alla villa che ci è così affezionata.
Sono ancora qui che provo a calcolare quanti catini l'anno mi compro, con trecentomila euro al mese.


(sì, lo so, non è un argomento originale: ma ci sono notizie che hanno il pregio di rendere immediatamente visibili i dati pur noti, per esempio il divario che aumenta continuamente fra i ricchi e il resto del mondo.)

martedì, maggio 04, 2010

E' PRIMAVERA MA 'L PIOV

Allora, qui alla sezione Le Monde au Contraire, ci si sveglia nel cielo che più grigio non si può e si dice: "Ecco, se fosse sempre così non farei nessuna fatica ad alzarmi. Potrei perfino svegliarmi alle sette." Chiaramente questa è una boutade, qui alla sezione Bradipi For Ever, però rende l'idea, che siamo in giro tutt'e due - il terzo no, lui è una persona quasi normale che sta cristando già da un po' sotto la pioggia - belle allegre ed attive.
Bella forza se siete in giro per casa, direte voi dueemezzo lettori (dato statistico) e invece nonnò, chè una di noi due sta già uscendo sotto il diluvio e il traffico bloccato dal Presidente della Repubblica, e l'altra si appresta a fare addominali, qi-gong e stretching. E, non contenta, va giù nei vialetti della Rocca a scattare fotografie bagnate di primavera e a spiare l'orto di Heathcliff dove in ogni momento asciutto della giornata arrivano a banchettare merli e gazze.
Per premio, riceve una praticamente quasi bella notizia, più qualche mail carina e una telefonata ridosa.
Per premio della bella notizia, mangia formaggio - dopo diciannove anni e mezzo che non ne tocca. E si regala anche una birra, mentre osserva un gabbiano che pare l'intera RAF, in picchiata contro una cornacchia che probabilmente si è avvicinata al suo nido.
Adesso, forse, è il momento di mettersi al lavoro, guardando le nubi che si alzano lassù, liberando la cima della collina.
Magari domani c'è il sole, mannaggia.

TORNO SUBITO


Ecco, questo post qui è solo per dire anch'io, dopo la Nessie e Compagnamber, ehi, aspettatemi che poi torno. Il brother, invece, non lo dice neppure, lo fa e basta: e noi che siamo cascati nella trappola di credere che volesse cominciare un bel dibattito siamo ancora lì ad aspettare. Ma non ce la prendiamo, no, chè tanto non avremmo il tempo di rispondere.
Non so com'è che questi ultimi mesi hanno portato questa esplosione di attività ed attivismo, di surplus nelle giornate già piene, di tempo che manca e manca e manca.
Sarà solo una coincidenza che siamo tutti così, sarà che l'estate in arrivo mette ansia, sarà che è difficile anche trovare qualcosa da dire che sia carino, interessante, divertente e pure veloce da scrivere.
Me mi viene la tentazione di rifugiarmi nelle segnalazioni dei libri che leggo, ma a chi può interessare il deliziosissimo "
Il giardino delle vecchie signore"?
Perderò altri lettori solo citandolo, lo so, me lo sento. Ma tanto carino che è, vale il rischio.

sabato, maggio 01, 2010

BUON PRIMO MAGGIO

Brutto il tempo, il concertone peggio, ed ecco che senza un'intenzione precisa mi ritrovo a guardare il DVD delle interviste realizzate per "Ragazze di fabbrica", una mostra fotografica e documentale che ho visto a Palazzo ducale qualche settimana fa.
Realizzata nel 2008 con il sostegno e il contributo di Provincia e Regione,è un lavoro che non si vergogna di essere naif: situazioni e testimonianze raccolgono le esperienze delle donne del Ponente, la dovè c'erano le grandi fabbriche, e non pretendono di essere nulla di più che memoria colelttiva, memoria che va salvata e messa a confronto con la realtà attuale.
" Un giorno, mi chiama il caporeparto e mi chiede dove vado quando ci sono gli scioperi. E dove andavo? andavo in corteo, con gli operai!""Abbiamo occupato la fabbrica, ero sempre in giro a chiedere soldi, a chiedere anche cibo per chi occupava, per le famiglie."
" Mi hanno assunta, lì nel negozio di Bagnara che era il più grande d'Italia a livello familiare, e mi hanno fatto togliere lo smalto dalla unghie: niente trucco, camicetta abbottonata fino al collo e niente parlare con i colleghi maschi."
" Abbiamo chiesto la cosa più urgente, che era il consultorio: c'erano, allora, tante donne che venivano dal sud e l'esigenza era quella."
" Facevo la bibliotecaria di quartiere, ogni pomeriggio arrivavano tanti bambini per fare le ricerche, le operazioni: come si faceva dir di no? in casa non avevano nessuno che potesse aiutarli, si mettevano a fare i problemi con mio marito, un'ora, due ore."

Sto citando a memoria, ma ognuna di queste interveiste contiene spunti di orgoglio e di rabbia, di appartenenza e di nostalgia, di solidarietà e di coscienza civile. Soprattutto le figure più combattive, come l'anziana operaia della Torrington - la cui occupazione fu un momento importante e memorabile per la città - sono... be', è difficile definirle in altro modo che "belle": con la loro pettinatura da parrucchiere, la collanina o il foulard, le rughe a sottolineare la vivacità dello sguardo, raccontano, ridono, si commuovono.
A questo punto del post sono andata di là e c'era la diretta del concertone: stavano leggendo testimonianze di bambini immigrati, altrettanto buffe, e serie, e commoventi. Mi sembra che il caso abbia creato un bel parallelo, senza bisogno di trarne una morale che non sia quella, semplice semplice, della forza della comune umanità. Un po' retorico, magari, ma se non si è retorici il Primo Maggio, allora quando?



E ci sta ancora un soffietto, un piccolo spot per le mie lettrici: compratelo, questo catalogo di "Ragazze di fabbrica", con relativi DVD, fa bene al morale. Fa bene vedere come si passa attraverso una vita, lavorando dieci ore al giorno (otto al sabato, la domenica solo il mattino) o respirando vernici, e poi si è contente di guardarsi indietro e vedere quello che si è fatto, fa bene pensare che i problemi di oggi si potranno risolvere come hanno avuto una soluzione quelli di ieri, fa bene sapere che ci sono i momenti bui e i momenti d'oro, per le persone così come per la società. Compratelo per le figlie e le nipoti, chi ne ha, e tenetelo per loro in libreria, che prima o poi possano guardarlo. E' edito dal Comune di Genova in prima persona e si può richiedere a Maria Teresa Bartolomei del Centro Civico di Cornigliano. ( si vede che in un'altra vita facevo anche la giornalista, con tutte le brave info al loro posto, eh? )