martedì, novembre 29, 2011

MUNCHERIN

eggià: mortificato nella carne(plastica) e nella posa(plastica), l'Urlo gonfiabile si avvia verso la porta, forse non lo vedremo più. Ma - come ha subito detto l'amico arguto a cui è dovuto il titolo - per lui non piango, al massimo urlo un po'.

mercoledì, novembre 23, 2011

NON C'E' MIGLIOR SORDO

E va bene, mi arrendo di fronte all'obnubilamento di questo periodo, ma ho ugualmente voglia di scrivere e perciò rubo una storia non mia. Anche se, pensaùnpo, risale "solamente" al 1960, che è l'anno di stampa del libro - il "Nuovo segretario degli amanti", un manuale di corrispondenza amorosa, come si usavano ancora per aiutare chi non sapeva mettere insieme due righe senza sentirsi profondamente ignorante e, soprattutto, di ciò si vergognava.

Protagonisti della storia sono Tipo e Tipa, in questa attuale versione. 
Tipa scrive infatti a Tipo che lui le garba e che si è consultata con i genitori, i quali non hanno ricevuto che buoni reports: dunque, che aspetta, a fare la sua proposta, "dal momento che ho notato la vostra assiduità nel seguirmi" ?
Risposta di Tipo: "Signorina, sono innamorato cotto di voi e bisogna che ve lo dica: sono abituato a dir tutto francamente e ad andare dritto al mio scopo. Volete accettare e dividere l'amor mio? Un sì mi farà volare in capo al mondo."
" Cavolo! Dici davvero, Tipo?"  Ecco, Tipa non dice proprio così, ma un crescendo di bigliettini ci fa arrivare a quello in cui Tipo arriva al punto:  Ci siamo visti troppo poco perchè io mi decida a farle la proposta di matrimonio, Signorina, dal momento che non ci siamo mai parlati" .  
Anni 1960, vorrei ricordare, casa editrice Bietti di Milano.
Tipa, piccata, risponde che lei non ha nulla in contrario ad incontrare più seriamente Tipo, e con questo ogni lettore dell'epoca capisce che Tipa desidera il classico incontro davanti ai genitori (di lei, ovviamente), ma Tipo risponde picche.  Lui proprio non gli piace parlare se c'è qualcuno che ascolta, neh? Invoca il diritto di privacy con toni decisi e Tipa capisce che non è il caso di traccheggiare: "non dovrei, ma siccome sono curiosa assai di conoscervi (dovete essere un bell'originale) "  lo avverte - ma, attenzione, specificando che non è un appuntamento -  che la sera dopo sarà ai giardini dalle otto alle dieci "con una mia parente, molto sorda".
Tipo, in risposta:"Dio vi benedica, e benedica la vostra sorda parente che non udrà le nostre parole. Grazie infinite, tesoro mio; verrò ad offrirvi in persona il mio amore e tutto me stesso."
Considerazioni morali, politiche, etniche, culturali e sentimentali si possono sprecare su questa piccola storia di mezzo secolo fa: ma anche senza volerne fare un emblema che sarebbe fuor di misura, qualche pensierino  ce lo possiamo fare su, ogni tanto. Ma possiamo anche solo sorridere al pensiero di quella povera parente sorda utilizzata spesso, evidentemente, come invidiato chaperon.

sabato, novembre 19, 2011

LE NUOVE AVVENTURE DI MICCO E MACCO

Il titolo non è solo del post, ma di una serie di quaderni di scuola - datati 1920/'30, I suppose - il cui intento era rallegrare gli alunni con gli antesignani dei fumetti, tipo Bibì e Bibò: ce n'è in vendita una su e-bay, ma non è quella che ho io, che comincia così:

Zio Birillo ai Birillini
dice: "Orsù, cari piccini,
(e una radio mostra attento)
ascoltate che portento!"

Naturalmente, lo zio vuol far credere ai nipoti che dentro al radio c'è un diavolo che parla, e altrettanto naturalmente, i nipoti sfasciano la radio per dimostrare allo zio che dentro l'apparecchio non c'è nessun diavolo.
Ma la grafica è bellissima, con questi vestiti-tuniche geometrici e arredi squadrati, andate a vedere la copia su e-bay...

Che non c'entra niente nè col titolo nè con il post, entrambi fatti solo di Pensieri Sparsi.

Guardando giù dalla finestra della mia sala le stanze che man mano si illuminano nella Rocca ora che viene buio "presto", come tutti si lamentano, ripenso a quello che mi ha detto una signora carina che come sempre non sono riuscita a identificare ma che ha dichiarato di abitare di fronte a me: "... e alla sera sono contenta perchè guardo casa vostra e la vedo tutta illuminata, non ci sono solo io, allora!" Nel pieno della mia campagna anti-spreco-di- energia invece di prenderlo come una cosa carina, ci sono rimasta male, e forse la signora con me, timorosa di aver fatto una gaffe.  Ma tant'è, la risposta più bella mi è venuta solo dopo, troppo tardi per essere detta. Narra, credo, Saint-Exupery, che durante la guerra - seconda mondiale, chè a quanto pare la confusione dei ragazzi su questo tema sta aumentando notevolmente - i piloti non ci tenevano affatto a compiere missioni, com'è ovvio. 
Però c'è una cosa che tutti facevano volentieri, ed erano le missioni che contemplavano il sorvolare la Svizzera: che, con tutte le sue luci accese per segnalare il Paese neutrale, dice l'autore del Piccolo Principe, allargava il cuore di chi ci arrivava sopra. Un'occhiata alla speranza.
E, tornando alle chiacchiere, vedendo l'osservazione in questa logica era bello pensarsi speranza per gli altri in un momento buio per se stessi. 
Anche se era tutto un Pensiero Sparso.

sabato, novembre 12, 2011

TRICOTEUSE





Il segreto dovrebbe essere la regolarità: in questi due lavori patchwork - il primo pescato su internet e l'altro eredità della mia mamma - si vede bene che, nonostante lo stile diverso, la precisone del disegno e del lavoro è il primo pregio visibile, quello che dona l'attrattiva a semplici ritagli di stoffa o lana combinati insieme.
Per i miei Copertazzi non si può certo dire altrettanto: sono un lampante caso di montagna  che va ai ritagli visto che non riesco a mandare i ritagli alla montagna. Insomma, il Copertazzo lo si fa tornare: come idea, come cuciture, come combinazione, come spazi... e ci si diverte a farlo proprio perchè si può procedere un po' (tanto) a caso, assemblando forme e guarnizioni secondo l'umore del momento e non secondo uno schema precostituito.
Mi avete chiesto notizie del mio strambo tricottare ed eccole: è tutto qui. 
Ora che sono tornata a casa dalla clinica e attendo di vedere quanto sia stabile la situazione, il Copertazzo sarà un alleato di chi cerca di tenermi lontana da lavori più stancanti e impegnativi, quelli che in una casa ti attendono sempre al varco: forse così si riuscirà a ribaltare la classica situazione del tricotaggio,  che da metodo per aspettare può diventare un mezzo per farsi aspettare.

lunedì, novembre 07, 2011

ACQUA

Bisognerebbe commentare, ovviamente. Anche perché cose da dire ce n'è, perfino per chi da dieci giorni è chiuso dentro la camera di una clinica. Per fortuna, la clinica è in salita e in zona tranquilla e non é successo granché - be' , le cucine allagate, le idrovore, il personale con doppi e tripli turni, il salvataggio delle apparecchiature... Ma come mettere queste cose sulla bilancia di questi giorni?
Allora forse si può dire che domenica, dopo due giorni di cielo grigio e vuoto, la prima cosa che ho visto svegliandomi, nel cielo pur sempre grigio, è stato un piccolo stormo di rondini o di parenti loro: volavano bassi, ma a loro si è aggiunto un gabbiano che catturava qualche solitario raggio giallino nel suo bianco gabbianesco. E quindi, insomma, impossibile non aderire a reminiscenze bibliche.
Cosi come è impossibile non sapere che d'ora in poi questo momento nella vita della città, sempre,profondamente attaccata alle proprie memorie, entrerà a far parte di una saga di tregenda e dignità, di vita quotidiana improvvisamente travolta e stravolta - anche solo nella scomparsa di un motorino trascinato via dall'acqua - e soprattutto di immediato impegno e solidarietà.
Qui dalla mia gabbietta non posso giurare che sia vero, ma una giornata al cellulare mi riporta solo voci di volontari arrivati sul posto da subito, accorsi a spalare, a dare una mano, sempre perfino troppi.
Non ne so molto di più, purtroppo, e patisco la nostalgia di quei miei stivali di gomma lilla di quarant'anni fa, che volentieri avrebbero fatto ancora il paio con quelli a fiori che oggi è fortunosamente riuscita a trovare la figlia: ma così è la vita, e pazienza.
Ma, anche nel mio essere poco genovese, mi ripugna sentir parlare di "Genova in ginocchio": ma quando mai?