domenica, novembre 28, 2010

JINGLE BELLS, AGAIN

Il blog batte la fiacca. Io no, e le due cose sono direttamente proporzionali. O inversamente, dato sì che l'uno fa l'opposto dell'altro? la matematica fa a pugni con la logica, soprattutto se sintattica, lo so da tempo. 
Comunque e nonostante, ci tenevo a comunicare al mondo che:
in sfida al destino, ho comprato un libro che si intitola un po' gufescamente "Milleuno libri da leggere prima di morire": vabbe' che un tot li ho già letti, ma è un bel programma anche per chi va veloce nella lettura.

E sempre a propòs di libri, ce n'è uno che si chiama "Corpi", edizione Codice: è un libretto smilzo dalla belle copertina e sostiene cose parecchio intelligenti: di quelle che poi uno dice, ah già, è vero, ma intanto c'è stato bisogno che qualcuno le dicesse. 

L'autrice di "Corpi" appunto le dice: per esempio, che ormai noi tutti - e sempre di più man mano che si scende con l'età - siamo ormai abituati a pensare al nostro corpo non come a una parte di noi, ma come a un'impresa che deve funzionare e rendere. L'esternalizzazione della nostra corporeità è quello che porta noi a vederci sempre peggiori di quello che siamo  e  comunque inadeguati, e porta tutta una lunga serie di "addetti ai lavori" a speculare su questa nostra insicurezza.  Insicurezza del tutto indotta, ci dice "Corpi", che cita un po' di casi limite per farci ragionare sui paradossi di un corpo costruito invece che amato: come quello dell'uomo che si fece amputare le gambe perchè non le "riconosceva" per proprie.
Se siete nelle spese natalizie, magari regalatevi questo libro: vi farà bene, che non è il solito incitamento (fasullo) a piacersi come si è, ma un input per intelligenti riflessioni.

E, visto che non c'è amore senza coccole, passo subito a raccomandare un apparente contrasto, la crema Sua bontà di Lush. Va bene, saranno anche ecofurbini, ma finora è ancora meglio ecofurbi che econiente. E Lush non utilizza prodotti che fanno test sugli animali, non usa conservanti, ricicla le confezioni oppure le evita proprio eccetera: ma soprattutto, con la crema per il corpo Sua Bontà finanzia la costruzione di scuole fatte di pneumatici usati, in Palestina, per i bambini beduini. Sarà che l'architettura gommesca sollecita i miei istinti riciclosi, ma mi sono innamorata di questo progetto.

Però, bei progetti a parte, credo che quest'anno si dovrebbe regalare soprattutto cultura: non solo libri, ma anche teatro, cinema, abbonamenti, buoni del circolo dell'anima, introduzioni al book-crossing, pomeriggi di lettura.  E giochi da fare tutti insieme, e kit da disegno, e se proprio si vogliono i vestiti che magari siano solidali, che anche questa è cultura. E, oggi, spendere e spendersi per la cultura significa ovviamente fare resistenza, anche contro la parte "migliore" di questa povera Italia che crede che il programma di faziosaviano sia, bell'efatta e pronta al consumo, la rivoluzione.

lunedì, novembre 22, 2010


Ogni tanto mi vengono pensieri inutili. Forse per questo sono fra i pochi estimatori della rubrica di Piero Ottone sul Venerdì, da tutti tacciata di snobismo e frivolezza: ma a chi accusa Ottone di occuparsi di problemi da niente di fronte a tutto quello che succede, da sempre rispondo che educazione e civilità sono un paio delle componenti del problema. Ed è lì che ricevo occhiate di scetticismo e commiserazione.  Questa settimana, Ottone cita tre esempi - un treno in ritardo di quattro minuti, un programma radio in ritardo di sei, un capotreno che non annuncia le stazioni - per riflettere (pacatamente e pur cosciente che gli esempi riguardano fatti minimi ) sulla nostra nazionale "sciatteria". Usa una parola tedesca, schamplig,  in verità, che si può tradurre anche in modo diverso, dice, ma il significato è pur quello: una faciloneria, una disattenzione, un'ovvietà delle cose fatte così come suggerisce il caso. E uno dei pochi dati nazionali unificanti è che a sentirci rimproverare la mancanza di precisone dai tedeschi, noi italiani ci sentiamo subito superiori Ridiamo anche. Chissà poi perchè. ( Neanche da dire che c'entri la guerra, lo facciamo anche se a rimproverarci sono gli svizzeri che guerre non ne fanno). Ci sembra infatti che le lievi imprecisioni siano segno di fantasia, di elasticità mentale, e il sopportarle di comprensione umana. Non mi metto a discutere il vero e il falso di questo atteggiamento, nè le smentite che sono sotto gli occhi di tutti, ma il pensiero inutile che mi è venuto è questo: non sarà anche per questo che gli italiani hanno sempre così bisogno di "sicurezza"? La somma delle millemila frustrazioni quotidiane che derivano dalla mancanza di certezze non finisce per produrre una voglia aggressiva di essere tutelati da "pericoli" esterni, con facile meccanismo proiettivo? Forse anche così si può spiegare non solo perchè siamo la nazione più paranoide di tutte, ma anche come alla diminuzione dei reati non corrisponda la percezione di una maggiore sicurezza, bensì il contrario. E forse così si può anche capire come i governi che peggio fanno dal punto di vista dei diritti e delle garanzie, che introducono "riforme" che rendono la vita sempre più esposta al caso, siano puntualmente premiati dal voto che invoca Sicurezza. Chissà, se si cominciasse a ridere un po' meno....?

giovedì, novembre 18, 2010

INFANZIA DEMENZIALE

Un giochino che c'è sul facciabuco - mettere nel profilo l'immagine dei cartoni animati preferiti da piccoli - mi ha fatto tornare in mente questa bellissima serie demenziale: ne trasmettevano gli episodi la domenica pomeriggio, prima di cena, su una delle due reti esistenti allora. Il team dell'umorismo surreale - io, papà, fratello - era lì davanti alla tv, domenica dopo domenica.
La serie è sparita, mai più ritradotta - neppure con i sottotitoli, che io sappia. Ma posto qui il video della sigla per lanciare l'appello: qualcuno sa dove trovarli con una traduzione accettabile? Magari poi rivederli sarà un po' una delusione - come mi è successo con qualcuno dei mitici "Ai confini della realtà"- ma la curiosità di sapere con cosa siamo cresciuti è forte. Anche fra i commenti di iùtiub c'è chi sarebbe disposto a pagare per riverderli, giusto per confortarmi.

martedì, novembre 16, 2010

IL RELATIVO


Si parla dell'Italia, e si parla ovviamente del nanomalefico, con un ospite arrivato da Israele. Convinto, dal canto suo, che non ci sia nulla di peggio della corruzione che esiste oggi, più a livello politico che finanziario, nel suo Paese. Nel dir così vede le nostre facce scettiche, ma sorride mentre noi commentiamo che quanto a corruzione nessuno può batterci,  hai visto che figure di merda ci fa fare il gerontonano nel mondo?

Uff, storie, ribatte lui in un buffo ma efficace italiano: a voi sembra che il vostro capo di stato sia il peggio del peggio, ma non è così. "Noi abbiamo pezzettino di telegiornale con notizie osè dal mondo, berlusconi ha angolo tutto suo, lì, tutti i giorni. Forse vero che in Europa lui è peggio di tutti altri, però questo è concetto relativo. Nel mondo c'è peggio... tanti Paesi di Africa, per esempio."

Non lo dice per confortarci. Anzi, c'è una qual certa soddisfazione nel rimetterci al nostro posto, come se noi, in mancanza di meglio, ci potessimo vantare del negativo: anche nelle storiazze del pornogoverno, anche nel ridicolo... be', è importante ricordarsi che ormai la scala è una sola per tutto il mondo, dice.

E' bellissimo raccogliere i pareri degli stranieri sull'Italia, come già ebbi occasione di dire...

domenica, novembre 14, 2010

ALL'INDIETRO E CON I TACCHI A SPILLO


Come nei diari e nella corrispondenza, "rimanere indietro" con il blog comporta il rischio di non andare più avanti. Che nello studio si può ricorrere alla tirata finale - mio amato escamotage - ma nella narrazione della vita fatti e misfatti, assenze e presenze si confondono tra loro, si accavallano e si pastrugnano nella memoria del periodo pur breve.  Basti allora dire che è stato talmente un buon periodo che si è mangiato perfino il tempo del blog, e con ciò si faccia pari e patta senza affatto sottovalutare l'importanza (e la gioia, e il sollievo) del buon periodo stesso. 

Difficile, a questo punto, scegliere l'argomento con cui spezzare il silenzio, ma ne approfitto per affrontare un tema apparentemente gratutito, quello dei tacchi. 
Tacchi delle scarpe, ovviamente, e ovviamente delle scarpe femminili (quelli maschili li lasciamo a penosi come tom cruise e l'appunto nano malefico) : protagonisti non solo della moda ma perfino di un'iniziativa benefica a favore di Save the Children, sono ormai onnipresenti. Li sopportano le donne che devono stare in piedi tutto il giorno, quelle che camminano su ciottoli sconnessi, quelle che stanno in giro tutto il dì: inutile dire, le scarpe coi tacchi sono affascinanti, quasi sempre belle e spesso molto belle, esteticamente parlando. Sono una tentazione prima ancora che un diktat della moda.  E così si vedono donne arrancare sbilenche, oscillare tremebonde, avanzare con passo nazi: chè i tacchi, si sa, bisogna saperli portare. 
Già, ma perchè? 

I tacchi furono inventati per damine e cavalieri, signore e signori che potevano usare portantine e servi e che raramente dovevano correre per prendere l'autobus; sopravvissero alla rivoluzione industriale diventando uno dei simboli della dipendenza economica della moglie borghese dal marito; furono, non a caso, uno dei must degli anni '50, quando bisognava convincere le donne a stare di nuovo a casa, dopo che la Guerra ne aveva richiesto il fondamentale contributo nel mondo del lavoro. Le "signore" non avrebbero mai portato una scarpa priva di tacco, fino agli anni '70: ma un bel tacco squadrato di tre o quattro centimenti per più che sufficiente per uscire con i bambini, per fare le compere, per andare dalle amiche. E, a casa, un bel paio di pantofole con una discretissima zeppina appena rialzata garantiva una postura un po' più naturale. La sera, ovviamente, era tutto un altro discorso: ma non è che si uscisse così spesso la sera, anzi.


Poi arrivarono gli anni '60 e poi il femminismo: e fu tutto un fiorire di cose belle ed estrose, ma anche comode, adatte alla vita che le donne scoprivano di poter e voler fare. I tacchi non furono demonizzatiì, a riprova del loro indiscutibile fascino, ma la scarpa piatta venne nobilitata, e diventò di uso comune.
Dagli zoccoli e i sandalini degli anni '70 al tacco dodici di oggi, per non parlare delle punitive shoes: la storia del costume non è priva di contraddizioni e così facilmente semplificabile, è vero, ma non si può non notare come tutto ciò che può rendere la vita scomoda alle donne in questi anni sia tornato di prepotenza. 
Tira su di qui e stringi di là, stai attenta alle unghie e togli tutti i peli, barcolla in giro e fai più ore che puoi in palestra. Marylin Monroe, con la sua pancetta e il suo ampio culo, rimane un sex-symbol: ma non si capisce più perchè.  
Stiamo tornando - o ci siamo già in pieno - a quella "dittatura della moda" che portò i medici del primo Novecento a scagliarsi contro i corsetti e i bustini che favorivano ogni tipo di malattia femminile, impedendo una corretta respirazione. Basta guardare le spalle e i fianchi delle ragazzine, innaturalmente stretti, per rendersi conto di come le donne siano state convinte, ancora una volta, ad essere nemiche di se stesse. Come da nota citazione "Le donne sanno fare tutto quello che fanno gli uomini, ma lo fanno all'indietro e coi tacchi a spillo": ma non c'è granchè da vantarsi, a ben riflettere.

L'industria del corpo è oggetto di molti studi e denunce, e non sarò io a cambiare le cose con questo sfogo bloggeristico, tanto più che non posso affernare di essere immune da tentazioni stupide e ancora più stupide angosce riguardo il mio aspetto. Ma quei passi sgraziati di tante donne che già faticano a tenere insieme i pezzi della loro vita senza doverlo fare per di più sui trampoli...be', che tristezza.

lunedì, novembre 08, 2010

PENSIERO IMMEDIATO



 Il treno delle scorie radioattive dalla Francia alla Germania è passato, com'era prevedibile, nonostante le affollate proteste degli ambientalisti e  gli scontri con la polizia. Mi sono guardata il filmato, guardatelo anche voi se non l'avete ancora visto, chè già l'aspetto del carico non si può dire tranquillizzi. 

E un'osservazione sulla politica a favore del nucleare qui da noi sorge spontanea: ma ve li immaginate, questi treni in giro per la rete ferroviaria italiana? quella che viene bloccata da una mareggiata e dalle frane, quella che non controlla se stanno cedendo bulloni o binari, quella che sopprime i treni e fa casino con gli scambi? Quella dell'incidente di Viareggio?

Perchè si fa in fretta a sostenere belle posizioni teoriche, ma soprattutto in questo Paese la pratica è poi tutta un'altra storia...

venerdì, novembre 05, 2010

ACCIDENTI AGLI ILLUMINISTI...

Se ero un uomo del '700, ci avevo la wunderkammer più bella nel raggio di cento chilometri o fors'anche cinquecento, e tutti venivano a vedere quelle mie meraviglie raccolte in cinquant'anni di testa schizzata. 
Se ero un uomo del '700, anche, ero tra i primi a provare i pomodori e le patate, e i miei ospiti non osavano dire niente di quei frutti strani che avevno colpito la mia curiosità.
Se ero un uomo del '700, sicuro che ci provavo, a convertire i metalli in oro: ma probabilmente poi mi sarei distratto e avrei finito per scoprire qualcosa di incomprensibile, come l'elettricità.
Se ero un uomo, o forse perfino una donna, del '700, avrei scritto robe forse un po' strane (ma non "volli, fortissimamente volli", quello no) e tutti i miei conoscenti le avrebbero lette e citate e lodate. I lettori erano pochi, ma la concorrenza ancora meno.
Se un uomo, o una donna, del '700, oltre a fare tutte le cose di cui sopra avrei suonato uno strumento come l'arpa o il clavicembalo, avrei saputo dipingere ad acquerello, ricamare, cavalcare, fare conversazione e trattare con i domestici.  E perciò avrei ricevuto ancor più stima e considerazione.

Ma, com'è come non è, sono una donna del '900, sconfinata nel duemila. 
E così va a finire che invece della wunderkammer ci ho "una casa piena di cazzate" - grazie all'opera congiunta mia e  del socio barbuto - e mi tocca sempre inventare una qualche giustificazione per chi la vede la prima volta e comincia a guardarmi strano. 
E succede che io mangi cose ( cavolo rapa, zenzero sottaceto, zucchine spinose, daikon, solo per citare quelle che ho mangiato oggi)  che anche adesso destano stupore e perplessità negli altri.
Quanto all'oro... be', quello è uguale, non sarei riuscita ad ottenerlo allora e non ci riesco neppure ai giorni nostri. 
In compenso, laddove sarei stata uno scrittore pur discettando di entomologia, governo della casa o araldica, oggi sono solo un "autore", parola che indica con eleganza lo scribacchino che ci mette del suo, affrontando vari argomenti purchè non siano frutto solo della sua propria fantasia.
Che è un bel casino, rispondere "l'Autore" a chi ti chiede " e lei, cosa fa nella vita?". Autore? di che? Lo vedi dalla faccia, che gli viene in mente Pirandello, o magari anche "l'autore di cotanto gesto fu tradotto in catene..." , al massimo massimo un autore di quadri. E invece no, sono un Autore di libri: e dato sì che quindi il mio mestiere è scrivere, se anche suonassi il clavicembalo e saltassi la tremila siepi ippica, sarebbe solo "a tempo perso". E di lì a togliere la "a" alla frase, il passo è breve. 
Gli eclettici, in effetti, non usano più.

Ed è perciò che al momento attuale mi sento molto a disagio: ho già parlato della piccola mostra di mobiles letterari che si inaugurerà proprio oggi e di cui sono molto contenta ancorchè timorosa di brutte figure, e un paio di amicilettori mi hanno chiesto maggiori delucidazioni. 
Al pari della mia qualifica professionale, spiegare cosa sono i mobiles non è proprio facile, ma diciamo che sono costruzioni sospese di carta e altri materiali (piume, corteccia, giocattolini, ceramiche, pezzi in plastica, retine... tutto ciò che di riutilizzabile mi sembra adatto per creare piccole figure) che provengono dalla suggestioni che (mi) hanno lasciato alcuni autori che ho letto e che apprezzo. 
Per Terry Pratchett ci sono, ad esempio, il Bagaglio e Morte, e poi un drago e la Grande Tartaruga, un Troll, il Libro degli Incantesimi, il Bibliotecario... Per Jane Austen pizzi, sorelle di carta in girotondo, librerie rosa e le terme di Bath, ma anche le mucche che davano da vivere alla sua famiglia; mentre Karen Blixen ha colorati animali per La mia Africa, uno scheletro e un gatto nero per le Sette storie gotiche, e un aereo per la sua sfigata vita sentimentale. Ci sono anche Virginia Woolf e Neruda, in mostra, ma mi rendo conto che raccontati non dicono un granchè, come del resto sono soggetti un po' impossibili da fotografare. 
A prescindere però dalle spiegazioni, questa piccola mostra - che accompagna quella più nutrita delle foto dell'amica Triz, anch'esse dedicate alla lettura - è un coming out del mio tormentato fare molte cose diverse, che ho sempre considerato del tutto secondario. 
E che anche ora mi riempie di dubbi: se è pur vero, infatti, che ognuno è fatto a modo suo e non si può forzarsi più di tanto, se è vero che il "tempo perso" non si recupera più, dovrei comunque focalizzare le mie dispersive e non tante energie su una, massimo, due cose? O, per dirla più chiaramente: meglio provare (che non vuol dire riuscirci) a essere molto bravi in una cosa sola, o bravini in qualcuna? Io, finora, non sono riuscita rispondermi.

martedì, novembre 02, 2010

MONNEZZA, NON E' SOLO NELLA STRADE DI NAPOLI



Abbiate ancora un po' di pazienza, o voi (pochi ma buoni) lettori carini: sto finendo Jane Austen e rimettendo a posto la locomotiva di Neruda (sto parlando dei mobiles letterari, neh?) dopodic porterò tutto il mio lavureri alla galleria, presenzierò all'inaugurazione con una gran paura di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato (come faccio sempre, o almeno come ho sempre l'impressione di fare ) e finalmente tornerò qui, quieta quieta nel mio iperattivismo lombardo. E se vi sembra che la frase sia contradditoria, è solo perchè lo è.

Nel frattempo, i milleeuno motivi per indignarsi e vomitare non mancano: avendo  solo l'imbarazzo della scelta, vi faccio partecipi della mia ripostando queste riflessioni dell'A.N.P.I.  di Foresto-Bussoleno-Chianocco, una sezione molto attiva a cui inviterei a iscriversi, se possibile:

A VOGHERA RESTA LA TARGA DELLA VERGOGNA!  PDL E LEGA SCHIERATI A FAVORE DELL'OMAGGIO AI REPUBBLICHINI DELLE BRIGATE NERE E DELLA SICHERHEITS!
 
E' con grande dolore e rabbia che siamo costretti ad informarvi che a Voghera il Consiglio Comunale, al termine della seduta tenutasi mercoledì 27 ottobre, ha confermato la permanenza della targa ai sei repubblichini installata a lato del Castello Visconteo, situato - ad aggravare l'onta -  in Piazza della Liberazione. La mozione che chiedeva la revoca dell'autorizzazione alla posa della targa, presentata unitariamente dai gruppi consigliari d'opposizione (Movimento Voghera 5 Stelle, Pd, Federazione della Sinistra), è stata respinta con 15 voti contrari, 9 a favore e 7 astenuti.
 
Il PDL ha rivendicato, con toni davvero volgari, il diritto "a fare quel che gli pareva". Non abbiamo sentito risuonare il "me ne frego", ma la sostanza del loro argomentare è stata del tutto equivalente.
 
Il dibattito si è svolto in una sala gremita; i cittadini hanno cominciato ad affluire fin dalle 17,00 benché il punto all'ordine del giorno relativo alla targa della vergogna fosse stato inserito quale settimo (ed ultimo!)  dell'Odg. La minoranza aveva invece chiesto la convocazione di un Consiglio straordinario ad hoc.
 
Tra il pubblico una presenza organizzata di attivisti di estrema destra, per la precisione militanti di Fiamma tricolore e naziskin, tra i quali, ci è parso, anche alcuni di coloro che hanno ricevuto provvedimento di diffida dalle Autorità ad entrare in Pavia. Il presidente onorario della sezione ANPI di Broni, un partigiano combattente della Brigata Tundra, che fu catturato ed internato a Bolzano, e un altro iscritto che  giovanissimo finì nelle mani della Sicherheits a Villa Nuova Italia in quanto figlio del comandante "Gennaro" della Brigata Matteotti, hanno abbandonato l'aula per il timore di non riuscire più a contenere lo sdegno e la giusta ira di fronte a chi non ha avuto alcun pudore ad equiparli a quelli che furono i loro aguzzini.
 
Quella che oggi si è scritta a Voghera è una pagina avvilente per tutta l'Italia; vedere appesa nella Sala consigliare la Medaglia d'oro al V.M. assegnata alla memoria di Ermanno Gabetta e assistere alla rivendicazione di una pacificazione che dovrebbe passare con il commemorare con una pubblica targa, tra gli altri sgherri, anche coloro che ebbero un ruolo diretto nella sua uccisione è un'offesa troppo grande.
 
Di più: è un sovvertimento pericoloso dei principi e dei valori che non possono venir meno se ancora pensiamo di voler definire le nostre Istituzioni "democratiche". Non lasciateci soli. Questa battaglia non riguarda Voghera. Questa lotta ci riguarda. Tutti!!!
 
 Venerdì sera, 29 ottobre, ore 21.00 saremo ancora davanti alla lapide e poi raggiungeremo in corteo Palazzo Gounela, sede del Comune. Vi invitiamo a partecipare e ad inviare delegazioni.
 
Da domani cominceremo anche a lavorare per una mobilitazione nazionale.
 
Comitato Unitario "Per dignità non per odio"