giovedì, marzo 15, 2007

INCONSCIO ATAVICO



Lo dico subito, a scanso di fraintendimenti: penso che, soprattutto oggi, i vegetariani abbiano molte ragioni per essere vegetariani. Tra quello che mangiano gli animali d'allevamento, le condizioni in cui vivono, la scarsità di risorse mondiali rispetto alla sovrappopolazione e l'inquinamento provocato dagli allevamenti, di ragioni per non mangiare carne ce n'è per così.
Però leggere che la contrapposizione carne-vegetali risale almeno all'impero romano, dà un curioso senso di dejà-vu. Greci e romani, infatti, esaltavano per ovvie ragione climatiche il consumo di vegetali, conditi con olio e accompagnati dal vino, e li contrapponevano alla "mancanza di civiltà" dei barbari. Che, vivendo in luoghi e modi dove la selvaggina era abbondante e le viti ben scarse, si nutrivano di carne e bevevano una densa cervogia.
Un pochino più in là nel tempo, fu il cristianesimo a far assurgere la dieta mediterranea - insita nell'area geografica e nell'accoglimento di valori romani - a modello di virtù, facendone addirittura uno dei cardini della dottrina: il pane e il vino, ma anche l'olio, sono centrali nella religione cristiana. E la "virtù" spirituale di questo tipo di dieta si affermò man mano che il cristianesimo si espandeva. E più si espandeva, più i monaci disboscavano terre per destinarle alla coltivazione dei cereali.
Man mano, terre incolte e foreste sparivano, e con esse l' "accesso libero" alla carne che aveva caratterizzato i secoli precedenti, in cui selvaggina e pesce erano di chi era capace di catturarli, senza distinzioni di ceto. La carne diventò quindi uno status-symbol, e a lungo i due modelli alimentari convissero: mischiandosi, ma rimanendo grosso modo caratteristici delle due aree geografiche di origine, il sud per i vegetali, il nord per la carne. Tutto ciò viene raccontato molto meglio di così ne "La fame e l'abbondanza" di Massimo Montanari.

Ed è facile pensare, anche se Montanari non lo dice, che quando fu il Nord del mondo ad affermare il proprio stile di vita, la carne già assurta a status-symbol l'ebbe facilmente vinta sulla relativa povertà di polente e zuppette: però ancora oggi il consumo di verdure è "virtuoso".
E allora a me, che mi diletto in questi pensieri inutili, piace pensare che quando un vegetariano è aggressivo con chi mangia carne, o un carnivoro dimostra quel tipo di incredulo disprezzo verso chi non ne mangia, a parlare non siano tanto le buone o cattive ragione ammantate di scientificità e di ragionevolezza, ma le robe ataviche che ci portiamo dentro. E credo che nella mia personale utopia ci stia che alla gente venga insegnato a riconoscerle un po', queste robe qui ataviche, e a capire che sono loro, spesso, a darci un senso di superiorità nei confronti del diverso-da-noi: chè capire da dove arriva qualcosa non sempre risolve, ma aiuta.

2 commenti:

e.talpa ha detto...

(a volte ricominciano a commentare ;-)

epperò si fa tutto complicato: finché si parlava solo di Romani ero già pronto a urlare "Viva i Galli della Val di Susa" (peraltro gli unici a non essere stati troppo massacrati perché Cozio invece che combattere i Romani ci si alleò, per la serie mi piego ma non mi spezzo) e inneggiare alla carne, ma poi quando si parla del Nord moderno la posizione si rovescia, e mò che famo? rinunciamo sia alla carne che al vegetarianesimo?

lastreganocciola ha detto...

eh, non dirlo a me e alle mie ascendenze celtiche... :-)