lunedì, aprile 23, 2007

TIMIDI


Insonnia. Insonnia con malore, uno di quelli che aspetti che passino perchè altrimenti ti sveglierai stando peggio. Insonnia con malore e nessun libro da leggere. Sì, vabbe', non proprio nessuno: ma il mio scaffalino dei "leggendituri" andava dalla disamina degli errori del femminismo alla "tragica vicenda all'interno del rapporto madre-figlia", dal saggio antropologico sulla morte al divulgatore scientista che ti dice due cose intelligenti sui cibi e poi sostiene gli OGM. Non proprio un relax, e oltre c'erano i gialli. Che a me mi mettono paura, specie se io sono l'unica sveglia in tutto il quartiere. Così sono andata a ravattare fra i libri leggeri e ho scoperto "Il mondo intero proprio" , un collage di interviste e pensieri di Massimo Troisi.
Che me mi piaceva un sacco, anche se Il Postino non l'ho visto e non so se lo voglio vedere. Troisi mi piaceva perchè si mangiava le parole e si tormentava i capelli, perchè riusciva a stare schiscio anche quando era il protagonista, e infine perchè riusciva a capovolgere le cose con dolcezza.
Allora mi sono portata di là questo libro e l'ho letto: bisogna dire che forse non era un libro fatto per essere letto tutto, se non nelle intenzioni del curatore (Marco Giusti, si chiama, ed è stato bravo a lasciare le parole di Troisi così com'erano), perchè dall'edizione arguisco che accompagnava una videocassetta - è del '98, è stato lì zitto per tutto questo tempo, nella mia libreria. Perchè, insomma, sembra che nel libro ci abbiano messo dentro tutto il poco disponibile, e spesso i concetti, o le lunari visioni della realtà, si ripetono. Però io l'ho letto tutto, anche la sera dopo che pure potevo dormire, perchè man mano ne veniva fuori un tipo che, forse perchè sapeva meglio di altri che non c'è tempo da perdere, aveva deciso di non sprecare il suo facendo manfrine. Uno che, per esempio, poteva dire con tutta tranquillità che si vergognava di avere uno special tutto per lui dopo tre anni di lavoro, mentre suo padre che faceva il ferroviere da trenta nessuno gli aveva mai detto neanche grazie. O che invece non si vergognava di essere diventato "ricco" perchè , insomma, "trovo che un povero in mezzo ai ricchi ci stia pure bene". Uno che diceva cose da compagno nei contesti più impensati, senza neppure cercare la complicità del pubblico, solo perchè lui lo era. E però era anche uno che non si metteva ansia, che diceva: "mi piace sprecare il mio tempo. Ogni tanto dedico un po' della mia giornata a vergognarmi di essere così." Allora, magari i cinefili o gli appassionati tutte 'ste cose le sanno già, come sanno già che Troisi era davvero come sembrava e, ancor più, che ha avuto successo facendo solo quello che gli piaceva e nel modo in cui piaceva a lui. E magari, chissà, in qualche momento, quando lui era vivo, più o meno le avrò sapute anch'io, erano cose che di lui si dicevano: ma a rileggere tutto insieme il ritratto che Troisi fa inconsapevolmente di se stesso si ha davvero l'impressione che per i timidi, per gli sfigati, per i divergenti e perfino per i modesti ("Se ti perdi un film di Troisi non succede niente, te lo puoi vedere tranquillamente tra due anni, oppure te lo puoi perdere e ne vedi un altro...") ci siano possibilità infinite, purchè non sprechino tempo ed energie ad essere scioccamente orgogliosi di esserlo, o al contrario cercando di essere come tutti gli altri.
E pazienza se non è vero, fa comunque bene pensarlo.

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