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Essì, ancora una giornata di quellelì. Che però c'è stata dentro un sacco di roba, tipo che ho lavorato perfino - e non mi ci sono divertita, che lo so che sono fortunata che di solito sì, ma oggi no - e ho cucinato. Chè quando cucino lo faccio che duri un bel po': non perchè proprio non mi piaccia, ma tutto quel trafficare per una cosa effimera come il cibo mai l'ho capito. Epperò più del (dis)amor può il digiuno, e cibi industriali meno possibile - cioè ormai solo in caso d'emergenza - e quindi s'ha da fare. E ho realizzato oggi per la prima volta che dopo aver cucinato, dopo le minimo tre ore canoniche che ci vogliono per preparare cibi che durino qualche giorno, io devo andare a lavarmi. preferibilmente un bel bagno, ma anche la doccia va bene.
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E prima di preparare il cibo c'è stata una bella discussione col KGgB, e siamo riuscite ad accapigliarci sui concetti di, nell'ordine: critica letteraria, analisi del testo, letteratura, forma &contenuto, stile, ritmo. Abbiamo discusso due ore, poi ognuna se ne è andata nello studio suo. E lei non so, ma a me è venuto in mente che gli argomenti su cui ci si piglia in questa famiglia sono abbastanza inconsueti, chè mi venivano in mente le feroci discussioni con la Nessie sull'esistenza e l'importanza della "zona grigia" durante la Resistenza. E già le discussioni col KGgB non lasciano strascichi chè lei trascende fin troppo poco, ma quando mi è venuto in mente così le tensioni sono passate tutte.
A sostegno delle mie tesi sull'importanza della forma - il KGgB pensa che sia il contenuto ad essere determinante - le ho letto una poesia trovata su "Favole Apologhi Bestiari" a cura di Gino Ruozzi, un librotto che ho preso soprattutto per i Bestiari, che mi hanno sempre affascinato. La poesia, datata 125o o giù di lì, è di Chiaro Davanzati. spero che il volgare non sia troppo ostico, chè a me è piaciuta tanto. Il parpaglione è la falena.
Il parpaglion che fere a la lumera
per lo splendor, che sì bella gli pare,
s'aventa da essa per la grande spera
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tanto che si conduce a divampare
così facc'io, mirando vostra cera,
madonna, e'l vostro dolce ragionare,
che dilettando struggo come cera
e non posso la voglia rinfrenare.
Così son divenuto parpaglione
che more al foco per sua claritate,
e per natura ha in sè quella cagione:
ed io, madonna, per vostra bieltate,
mirandola, consumo in piensagione
se per merzè non trovo in voi pietate.
Il KGgB ed io ci siamo trovate d'accordo su quanto questa poesia, a distanza di 8 secoli, riesca a comunicare lo stesso struggimento, la voglia di stringere la donna, l'incapacità di starle lontano. e il paragone con il goffo e suicida parpaglione riesce, senz'altri aggettivi o spieghe, a rendere lo stato d'animo del cantore.
Poi abbiamo ricominciato a discutere, chè io dicevo che... ma no, dài, il resto ve lo risparmio.
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