domenica, gennaio 07, 2007

LA TRISTE STORIA DEL BODY SHOP

Tanti anni fa, andavamo in giro pel mondo e trovavamo le botteghe del Body Shop: qui non c'era ancora, e per qualche anno diventò una nostra tradizione tornare a casa dalle vacanze con una bella scorta di saponi e curiosità cosmetiche. Del Body Shop ci piacevano i prodotti - che tuttora sono validi e spesso inconsueti e divertenti - e soprattutto la filosofia: era, infatti, una delle prime imprese commerciali caratterizzate in senso etico. C'erano, ad esempio, i bottiglioni per la ricarica dei prodotti più comuni: uno arrivava in negozio con la sua bottiglietta e la riempiva, pagando solo il prodotto e non facendo pagare a tutti lo smaltimento di altre, inutili confezioni di plastica. C'era, in generale, l'attenzione per l'ambiente e la dichiarazione di non testare nè i prodotti nè i singoli componenti sugli animali. C'erano ingredienti più "sani" di quelli che allora venivano impiegati da aziende analoghe, c'era un'aria di novità in senso buono. Poi aprirono il Body Shop anche qui, ma nel frattempo erano già sparite le ricariche: e i prezzi non sono mai stati bassissimi, il che sconsiglia una frequentazione assidua e regolare. Però sia la filosofia che i prodotti rimanevano migliori di altri anche se, come succede con le persone che stimi ma di cui non sei davvero amico, la nostra frequentazione si diradò fino a diventare quasi nulla. Ora l'amicae. mi chiede "ma è vero impegno, quello del Body Shop, o è tutto una bossa?" e me lo fa tornare in mente.
Così, profittando delle calze della befana da riempire, ci vado. Ne esco alleggerita in euo, non esattamente in proporzione di ciò che ho comprato - oddio, i veri prodotti di profumeria costano ben di più, lo so, ma quelli non li compro mai. E mentre sono lì, faccio in tempo a vedere che ci sono "prodotti equi" , commissionati da Body Shop ad aziende del terzo mondo che rispettano i diritti dei lavoratori e l'ambiente. e ci credo, perchè nessuno, finora, neanche la più severa organizzazione ecologista o umanitaria, ha trovato appiglio per smentire le dichiarazioni del Body Shop. Però quando torno a casa, vado a vedere sul web (chè la riflessione avrebbe dovuto precedere l'azione, ma insomma..) e trovo due cose: la prima è il Bollino Rosso di Greenpeace, sulla presenza di ftalati e muschi sintetici, pericolosi per la salute. E ciò non ci piace, perchè Body Shop ha detto "sì, sì, li toglieremo", ma non ha detto quando. Il rapporto di Greenpeace - che trovate qui, ci sono un sacco di marchi e prodotti, in pdf che vi potete stampare www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti - era negativo nel 2005 ed è rimasto tale nel 2006, il che significa che l'impegno di Body Shop non era granchè credibile.
Ma tutto diventa più chiaro quando si sa che nel settembre scorso Body Shop è stato comprato dall'Oreàl, uno dei giganti della cosmesi. Uno di quelli messi sotto accusa dagli ambientalisti - e non potrebbe essere altrimenti - perchè impiegano sostanze testate sugli animali, altre sostanze indicate come dannose agli umani e che di etico non hanno proprio nulla. La fondatrice del Body Shop, colei che fra i primi ebbe la buona idea di fondere etica e affari, ha difeso la sua scelta dicendo che la sua azienda continuerà a seguire comportamenti virtuosi e che spera che ciò possa influenzare anche il resto dell'Oreàl. E questo ragionamento l'abbiamo già sentito, vero? Cambiare il partito da dentro, la rivoluzione si fa prima di tutto nel privato, eccetera eccetera. Tanto per cominciare, anche se i consumatori ignari continuano ovviamente a comprare da Body Shop se se lo possono permettere, le organizzazioni - prime fra tutte quelle animaliste - hanno subito tolto il Body Shop dalle catene "amiche": perchè dare i propri soldi a chi poi può girarli su altri settori dell'Oreàl, quelli che finanziano gli esperimenti sugli animali? Eggià. Ma, in ogni caso: perchè dovremmo sostenere una multinazionale? Quali garanzie ci dà, che continuerà a rispettare ciò che finora Body Shop ha rispettato? La risposta, ovvia, è vicina a zero: la vendita all'Oreàl conclude un percorso di ripiegamento su se steso che il Body Shop aveva già avviato, mantenendo una politica etica in termini sempre più ristretti e defilandosi a poco a poco dalle lotte ambientaliste, a cui nei primi tempi partecipava con l'esporre nei propri negozi petizioni e materiali informativi.
Così come sta già succedendo in altri settori, primo fra tutti quello del cibo, le multinazionali e le grandi aziende vogliono accapparrarsi anche il "settore sensibile" della popolazione, che si va ampliando e fa business. Poi, come è già successo negli Usa con il cibo biologico, tentano di imporre regole nuove, dove l'etico sparisce a favore del business mentre al consumatore ignaro rimane l'etichetta.
E la nostra vita diventa sempre più complicata, il tentativo di non farci impiccionare sempre più difficile. Ora, fra le aziende cosmetiche che paiono stimabili (oltre che divertenti, chè a volte ci vuole) , sembra esserci Lush, che tenta di coniugare prodotti non nocivi - nei limiti della cosmesi - e comportamenti etici con una serie di prodotti nuovi e carini. ma su Lush devo ancora fare indagini approfondite: spero che alla fine non esca che appartiene a Monsanto...

1 commento:

lanessie ha detto...

sempre così, che appena ci ho i soldi per il sapone alla canapa non lo posso più comprare!