venerdì, gennaio 19, 2007

ANCORA RICETTE + UN ETIMO (FALSO)

Non mi piacciono molto i libri che mischiano ricette ed altro, perchè in genere non riescono a raccontare bene nè una cosa nè l'altra. Ma ci casco sempre, perchè se per caso qualcuno ci riesce... be', merita. Anche questa volta, però, non posso dire di aver trovato la perla rara: il libro si chiama "La cucina impudica", autore anonimo che è poi un'autrice. Che dovrebbe essere una "cocotte" - usiamo il termine leggero - della Parigi degli anni degli anni'20. Si dice, dopo la prefazione di Veronelli - sì, non è proprio un'ultima uscita, 'sto librino - che fu ritrovato sotto forma di quaderno in un mercatino di Vienna. Gli spunti sono spesso arditi, si citano nomi per noi leggendari come compagni di bevute o di passeggiate, i dialoghi, quelli sì, sono del tutto impudichi. Ma, insomma, leggendolo al massimo si può dire "oh, to'..." e questo è più o meno tutto. Le ricette sono più affascinanti: arrivano del tutto a muzzo, attaccate a qualche episodio piccante senza che però ci sia sempre un vero collegamento, ma la loro attuale irrealizzabilità le rende un documento più verace degli episodi stessi. Per esempio il "Pollo alle vipere", cioè un pollo farcito con bisce d'acqua. O, se proprio bisogna adattarsi, con le anguille. Ecco, non mi invoglia granchè. Soprattutto se lo penso come cibo afrodisiaco. Chè, bisogna dire, forse una volta eran fatti diversi, dentro: perchè buona parte delle ricette prevede dosi pantagrueliche di carni pesanti condite con salse robustamente all'aglio innaffiati da litri di vini tosti: e non sembra che mangiassero dopo, ma prima. Anche una cosa che si chiama "Lingue di montone con le lenticchie" (prendete sei lingue di montone, lasciatele spurgare...) o il "Cavolo farcito con salsiccia e marroni" - sì, amicae. , te la porto, ma poi non ti lamentare del Chimico, neh?
Peccato, non è proprio la mia idea di mangiarini sfiziosi...
Ma, l'etimo, ecco: fra le tante notizie non degne di nota, l'autrice dice anche di aver conosciuto un tipo che fa collezione di "mutini" (sing. mutinus). Che erano sgabelli con un fallo di legno sopra, su cui le fanciulle romane si dovevano sedere prima di sposarsi. E che "ammutinarsi" deriva dal rifiuto delle fanciulle. Il Devoto-Oli dà tutt'altra spiegazione - da "muovere" - però i mutini esistevano davvero, e il gesto era un rito magico in onore del dio Tutinus Mutinus, in sostanza Priapo. Era un atto magico-rituale e non credo molto erotico, che preludeva l'ingresso nella famiglia delle nuove spose: il suo significato immagino fosse un riconoscimento del principio maschile, della patriarcalità e insieme della fecondità (sempre al mschile). Vista con i nostri occhi, l'ammutinamento appare perciò giustificato e anzi doveroso, ma a pensarci bene perchè invece una fanciulla romana avrebbe dovuto - e forse più ancora potuto - farlo? Quindi, KGgB, non te la spendere a scuola, neh?

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