martedì, novembre 14, 2006
AQUILONI
No, no, è sbagliata la metafora. Parlo di spettacoli, acquari e zuppe di pesce. Chè una zuppa di pesce la pensi, la prepari, la curi, la cuoci, la assaggi fino all'ultimo se sei un po' maniacale, e poi - glub - sparisce dentro a uno stomaco. e certo che è atto creativo pure quello, tanto più se ti viene in mente guardando un acquario con un bel cinismo, ma bisogna pur ammettere che c'è una creatività "alta" e una creatività "bassa".
Di quest'ultima la vita della comune-ty è piena, per necessità e per ingegno e per puro piacere. e probabilmente la vita della comune-ty è piena anche di creatività alta, solo che qualcuno decide che è il momento di osare e qualcuno non ancora, e un po' come in tutto ci diamo i turni anche qui. La distinzione fra la creatività alta e quella bassa ve la lascio fare a voi, che secondo me ognuno la sa di suo ed è anche un po' variabile nei suoi criteri; me ne sto sul fatto che c'è e che nessuno di noi si aspetterebbe la stessa reazione di fronte a un testo, una regia, una programma, un libro, un racconto.... e via di seguito, che di fronte a una zuppa di pesce.
Perciò, cambio metafora. E dichiaro che un risultato della creatività alta è un aquilone. Sì, d'accordo, mica è una metafora tanto originale, ma se la usano tutti è perchè è giusta. Perchè un aquilone lo costruisci, ci metti dentro tuoi colori o il tuo buio e poi puoi anche tenerlo in angolo della stanza e ogni tanto lo guardi e sospiri un po' a metà tra la gioia e la tristezza. Ma quando lo porti fuori, allora c'è solo un filo sottile tra te e lui. E capita anche che il vento ti strappi di mano il filo, a volte. O magari si mette a piovere, e i colori si sbavano un po'. Sono i rischi dell'aquilone. Ma tu l'hai portato fuori apposta perchè voli, e le ali sono sue. Un aquilone legato con un filo di ferro, che va solo dove tu vuoi che tu vada, non ha più niente a che fare, lo regaliamo alle guide turistiche per farsi vedere dai giapponesi ingruppati che sennò si perdono. E tenereun pochino il filo senza metterci i piedi sopra non è mica facile, nè mentre si costruisce l'aquilone - che sei lì sul poggiolo e flap, un vento di colpo te lo sta portando già via: lo tieni, mica è finito ancor, ma se lo stringi troppo lo rompi. e, to' guarda, il colpo di vento ti ha fatto vedere dove starebbe bene un bel rosso, chè bisogna anche sapere quando l'aquilone un pochino vuol farsi da sè - nè, soprattutto, quando lo lasci andare.
E allora, secondo me l'amicae. ha tenuto bene il filo del suo testo-aquilone. che non importa se non era proprio come l'avrebbe pensato lei, o se non era come se lo aspettava chi il testo l'aveva letto. Il testo c'era, funzionava, era lì sulla scena e la gente ghignava - che è molto, molto difficile far ghignare la gente, soprattutto con intelligenza. e l'amicae. in ultima fila, lo lasciava volare. sì, d'accordo, non c'era proprio quella bella tramontana che ti porta via, ma insomma volava. per conto suo, che è quello che bisogna avere il coraggio di lasciargli fare. e che è è quello che conta. io fosse per me nel prossimo ci metterei un po' più di senso ultimo, che una bella storia val la pena che scavi anche un po' di più, ma ci saranno altri aquiloni e questo non è il tema del post. magari ne parliamo alla beauty-farm :-)
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