martedì, maggio 15, 2007

SE E' VERO

Se è vero, com'è vero, che questo mondo ormai fa sempre più schifo a chiunque, anziano giovane o medio che sia.
Se è vero, com'è vero, che questo Paese sembra sempre più allo sfascio a chi ci sta dentro, salvo poi scoprire che gli altri non sono molto meglio.
Se è vero, com'è vero, che quel che si prepara sembra ancora peggio e chi se ne rende conto si vede proporre le lampadine a basso consumo come se con quelle fosse tutto risolto.
Se è vero com'è vero che, ancor più che in altri momenti, per arrivare a un qualsiasi, minimo, risibile risultato bisogna aspettare anni, e accettare compromessi, e ingegnarsi e impegnarsi, e non è affatto detto che ci si arrivi.
Se è vero com'è vero che ovunque il guardo io giri vedo solo disperazione, e precarietà, e fatica, e paura del futuro anche in chi il futuro dovrebbe averlo alle spalle.
Se è vero, com'è vero, che anche chi si sente garantito sa che tutto può capovolgersi da un momento all'altro, e tutto quello che credeva di aver raggiunto finire in niente.
Allora, a proposito di gap generazionale, cos'altro si può dire, cos'altro si può cercare di far capire a chi si trova davanti questo mondo e questa situazione, se non che ognuno ha il diritto e il dovere di inseguire il proprio sogno?
Scendendo a patti con la realtà, come abbiamo fatto tutti, anche se la realtà di oggi è ben più dura di quella di un tempo. Ma non è più dura di tutte le realtà nella storia dell'umanità: e in ogni luogo e in ogni tempo c'è stata gente, molta di più di quello che siamo abituati a pensare e di quello che è scritto nei libri di Storia, che ha inseguito il suo piccolo sogno e lo ha raggiunto. Prima o poi, chè la realtà chiede il suo prezzo, e spesso è in termini di tempo. O di soldi, o di indipendenza, o di fatica, o di paura. O di tutte queste cose.
Ma l'importante è avercelo, il sogno. L'importante è, anche anno dopo anno se occorre aspettare, capire quale parte del sogno si può abbandonare, o cambiare, perchè possa diventare realtà. L'importante è capire quanto è importante.
Perchè un sogno può essere una piccolissima cosa, ma quella è, e non può confondersi con il bisogno di sicurezza, con la voglia di viaggiare, con la paura di qualsiasi compromesso, con la facilità della fuga. Non può appiattirsi su sogni altrui, anche se a chiunque viene la tentazione, soprattutto quando le difficoltà sono tante e confuse, di pensare che altri siano più furbi o più in gamba di noi.
Certo, bisogna stare al mondo. E mangiare, e vestirsi, e magari anche farsi una birretta ogni tanto. Non per questo il sogno muore.
E sbaglia chi crede - e in questi blog di pulcinella ognuno può sapere a chi penso, ma credo che il problema riguardi tutti, lo ribadisco - che noi "grandi" non ci rendiamo conto.
Anche per noi la vita è sempre più precaria, e difficile, nè siamo ciechi e sordi da non sentire le storie di gente della nostra età improvvisamente "dislocata" o licenziata, da non sentire sulla nostra pelle come il futuro, che prima appariva in qualche modo prevedibile, ora è affidato al capriccio del caso - se vogliamo chiamarlo così, chè in realtà si chiama padrone, oggi come ieri. Non siamo immuni, a meno di non essere nettamente dall'altra parte della barricata, dall'impoverimento nè dalla sempre più feroce impossibilità di arrivare a quello che fino a ieri ci sembrava essenziale. Le formichine, tra noi, hanno una vita più facile, come da fiaba. Ma perfino loro patiscono, e vedono la realtà.
Chi tra noi non ha capitali da mettere a disposizione dei figli perchè possano trovare più facilmente la loro strada (e forse anche in quel caso, però), può solo cercare di ricordare, sperando che sia vero, che l'umanità finora se l'è sempre cavata, anche in situazioni disperate.
E che, perfino ora, ognuno di noi è libero di scegliere cosa vuole veramente. Non subito, o comodo, o facile, o sicuro: cosa vuole davvero. Che le scelte immediate devono tenere conto della realtà, ma la realtà non può soffocarci, può solo metterci tanti bastoni tra le ruote e confonderci le idee. E noi possiamo essere più testardi di lei, e lavorare per schiarirci, e tenere almeno un pezzettino dove il sogno continua a vivere. E continuare a credere che un giorno finirà per coincidere con la realtà, con il farne parte.
E' scarno e scarso come patrimonio, senza dubbio, e fors'anche un po' irritante. Ma cos'altro si può dire, di più vero?
Quando si decide di fare un figlio, che è un bellissimo sogno, si sa che si deve aspettare. E, checchè se ne possa raccontare, non è che l'attesa sia di per sè piacevole. Ma ci si può limitare a vedersi crescere la pancia oppure cercare di fare il possibile perchè tutto vada bene: camminare, e mangiare verdure, e andare a quelle cose odiose che sono i corsi preparatori, e tenersi il mal di testa chè la novalgina è meglio di no. E preparare magari anche la stanza o almeno la culla, e leggere libri, e mille altre cose ancora.
Io credo che ci siano periodi storici in cui l'umanità può solo aspettare, aspettare che qualcosa cresca. E le singole persone che fanno l'umanità possono aspettare passivamente, o darsi da fare: non necessariamente per l'umanità tutta, che mica siamo tutti Gandhi, ma per quel pezzettino di umanità che ci compete. Che saranno i doloranti e gli stressati per il gipunto, la memoria degli oppressi (forse) per il KGgB, la solitaria rivoluzione per l'amicae. O il teatro, o i libri, o il mantenere una moralità in un mestiere che la va perdendo. O i propri figli, per qualcuno e in un certo momento, o i gatti randagi se proprio di meglio non si riesce a trovare. Per essere pronti quando verrà il momento, per aggiungere una pillola di vitamina a quel qualcosa che cresce: come ha sempre fatto, del resto, e non bisogna lasciarsi schiacciare dalla durezza dell'attesa, nè rassegnarsi a credere che questa volta non sarà così.
Allora, io sono convinta che perseguire, con intelligenza e sforzo di lucidità, il proprio piccolo e individuale sogno sia aggiungere ben più che una vitamina. E continuo a pensare, testardamente, che sia meglio lavorare per il proprio sogno che diventare una di quelle persone tristi che per paura, per ansia o confusione hanno rinunciato. E che, arrivate a cinquant'anni, si convincono che i sogni li hanno solo i ragazzi, un fatto dell'età che poi passa, come la varicella.




2 commenti:

e.talpa ha detto...

Ovviamente, vedendo solo le ombre, non posso capire tutto. Ma siccome pochi ti commentanto, ti dico che, da qualche tempo, :-), leggo con più piacere i tuoi post, e cerco di capire cosa posso trarne per me.

Sperando sempre senza rancore, che io non ho mai voluto fare male, e spero di non averne fatto.
Suerte

lastreganocciola ha detto...

il commento è pubblico,e ha da esserlo anche la risposta. mi fa molto piacere se mi leggi e se qualcosa di ciò che scrivo può essere utile a qualcuno non può che farmi ancor più piacere. e anche i commenti mi fanno piacere.
ma il rancore, no, non c'entra con me: non ho nessun motivo di averne, nè con te nè con nessuna delle persone che in vario modo attraversano la vita delle mie figlie. La vita è loro: io posso a volte preoccuparmi - anche inutilmente, come ogni madre - ma, credimi, non giudico nè le situazioni nè le persone coinvolte, chè non spetta a me e forse a nessuno il farlo. E so che il farsi male (motoseghe e prontisoccorsi esclusi) fa parte della vita e ognuno ci ha la sua parte prima o poi, ma non so nè mi riguarda se tu e nessie ve ne siete fatto, e come. Che tu comunque non volessi farne era, credo, evidente a chiunque.