giovedì, maggio 03, 2007

E DUE


I post vanno in senso inverso, per chi li scrive e chi li legge. E quindi io ho scritto quello che segue (o che precede, appunto) perchè dello spettacolo appena visto a teatro, "Appunti per un film sulla lotta di classe" di Ascanio Celestini, non avevo intenzione di scrivere. Chè Celestini bello non lo si può proprio dire e tutto lo si può definire ma "vibrante" no, sta lì sul palco con questi piedi girati in dentro e non appare nè colto nè cosmopolita, con il suo italiano da borgataro e i suoi ricordi che puzzano di pranzi domenicali in canottiera e foderine di plastica sul divano bello.
Più diverso da Moni Ovadia non potrebbe essere. E anche lui è un genio, o almeno un geniaccio. A me piace moltissimo la struttura circolare delle sue affabulazioni, quando lo ascolto riesco a vedere questi cerchi perfetti che si chiudono quando ormai sei convinto che non troveranno più la strada. Come bolle di sapone, i suoi monologhi vagano per l'aere del teatro ora slungandosi ora deformandosi, accolgono un arcobaleno e tremolano per un brivido di vento, finchè un attimo prima di scoppiare, ecco la sfera perfettamente precisa sotto i tuoi occhi, e tutto torna.
Ma la recensione dello spettacolo - che conteneva una delle battute più belle e raffinatamente cattive della storia - spero che la faranno il KGgB o la Nessie, o entrambe che sarebbe ancor meglio.
Io vorrei solo notare come le menti migliori, in Italia e altrove, quelli che vengono definiti "intellettuali" e che spesso non si riconoscono in questa definizione chè loro si sentono piuttosto artisti, giocolieri, scrittori, teatranti, siano sempre più schierate contro questo modello di mondo. Come chi ha qualcosa da dire, chi usa il cervello per pensare, finisca - inevitabilmente? - per schierarsi contro: in un modo o mille, raccontando le storie minime o riflettendo sulle grandi cose, disegnando utopie al contrario o denunciando i brogli elettorali negli Usa, facendo proposte in parlamento o firmando appelli. Certo, la mia sarà una visione di parte: ma dieci anni fa era difficile trovare questo schieramento, così unanime pur nel suo essere così variegato. E sempre più spesso riflessioni, opere e spettacoli finiscono con una nota di speranza, con un non troppo velato invito a muoversi, a ritrovare la voglia di cambiare e la fiducia nel cambiamento. Quello vero, non quello fittizio della rappresentanza.
Si sa, gli intellettuali fanno il loro mestiere, e noi poi dove andiamo? Già, the answer is blowin' in the wind, ma, lasciatemelo dire, gli artisti hanno lo sguardo lungo, da sempre: e il moltiplicarsi di messaggi da parte loro non può non sembrarmi un bel segnale.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono stata, una manciata di mesi fa, a vedere al teatro di Radio Tre, Ascanio Celestini nella sua "La pecora nera - Elogio funebre del manicomio elettrico", rimanendone folgorata (eh si, in questo caso termine appropriato).
... tempo dopo, altro spettacolo e poi, tutti a mangiare kebab. Anche lui, coi suoi piedi in dentro. La sua barbetta da capretta curiosa, gli occhi sfuggenti , ma attenti.
Bello nel senso estetico del termine, no...però....

lastreganocciola ha detto...

se vuoi dire che ci ha il suo fascino, be', non si può non essere d'accordo :-)
grazie del commento, ciao!