venerdì, febbraio 08, 2008

GIUSTO PE' SAPELLO...


... casomai fosse sfuggito.

Da La Stampa
2/2/2008

Bella addio, il Pd dimentica
la Resistenza


GIOVANNI DE LUNA

Nei tre documenti fondanti del Partito democratico (il Manifesto dei valori, il Codice etico e lo Statuto), che oggi saranno approvati dalle relative commissioni, non c’è traccia della Resistenza e dell’antifascismo. I motivi di questa omissione non sono facilmente spiegabili. È possibile che si sia voluto consegnare alla storia quelle esperienze, considerandole ormai un patrimonio acquisito degli italiani, connotate da valori - come il «patriottismo costituzionale» richiamato e dal presidente Napolitano - che non possono essere di parte o di partito.

Valori che sono entrati stabilmente a far parte di un comune idem sentire. Ci troveremmo, in questo caso, a confrontarci con un altro aspetto di quel «paese normale» la cui immagine, sempre più spesso evocata, alimenta gli auspici e le illusioni del Partito democratico.

È anche possibile che in questa scelta ci sia invece l’ossessiva ricerca di una sempre più marcata discontinuità con «tutte» le identità novecentesche della sinistra italiana e che il nuovo partito abbia scelto di azzerare tutto il passato senza distinzioni, facendo precipitare in un unico tritacarne di rimozioni e di oblio lo stalinismo e Giustizia e Libertà, i funzionari al servizio di Mosca e i partigiani morti combattendo per la democrazia, il partito di massa e le eroiche minoranze che furono protagoniste della Resistenza. È possibile che ci sia semplicemente un calcolo di pura opportunità, il tentativo di modellare i valori del partito che nasce su quelli di un’ipotetica coalizione di governo di centro, al cui interno, verosimilmente, gli alleati non sarebbero certamente teneri verso quel tipo di eredità. A differenza della Dc, infatti, il mondo cattolico disposto a dialogare con il Partito democratico ha liquidato la Resistenza, seppellendola sotto l’etichetta della guerra fratricida e spostando l’attenzione piuttosto verso la cosiddetta «zona grigia» (fascisti e partigiani furono due minoranze contrapposte, rispetto a una popolazione che non voleva più saperne di combattere né da una parte né dall’altra), verso quella grande maggioranza di italiani che allora preferì non scegliere e tirare a campare.

Scelta culturale o scelta politica, si tratta comunque di una sorta di autorete. Ha suscitato molte perplessità la «fusione fredda» che ha preceduto la nascita del Partito democratico: molti ragionamenti sugli spazi politici da occupare, sulle alleanze da disfare, sugli avversari con cui dialogare; pochissimi sulla propria identità, sulle proprie radici, su un qualcosa che rendesse l’adesione al partito un gesto diverso dall’iscrizione all’anagrafe o ai registri dell’Inps. Forse, in questo senso, l’antifascismo, con il surplus di democrazia che è racchiuso in quell’esperienza, e la Resistenza, con l’imperativo morale di scegliere da che parte stare, potevano essere riferimenti ingombranti, ma utili.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sai strega, i tuoi ultimi tre post mi trovano un po' troppo d'accordo con la stanchezza, la pigrizia, l'inerzia di dover tornare (leggasi salire per la prima volta) sulle barricate a difendere il diritto all'aborto, una politica che sia un po' meno indegna, la memoria e la resistenza e tutto il resto che ci vogliono rubare.
Mi assale il tarlo dell'antipolitica, del chissenefrega.
Io che concepiso i fascisti ma mai il chissenefrega.
Perchè sono così stanca? Tu ne fai una questione generazionale, dici "siamo ancora qui a parlare della 194? ebbbasta!!!". Io che scusa ho?
Domada retorica, non ne ho.
Giuli

Anonimo ha detto...

mah, giuli, hai quelle di tutti, e sono già tante: non sono buone ragioni, ma sono ragioni. l'importante, io credo, è rendersi conto della propria stanchezza, ammetterla e magari provare a superarla. e mi sa che sia io che te ci cascheremo ancora, a provarci :-)