giovedì, marzo 10, 2011

CONFORTI LETTERARI

Ecco, lì finisce che si suicida. 
Sto spoilerando, lo so, ma sarò lieta di fare ammenda se qualcuno mi dimostra che, arrivato a pag. 907, gli ho rovinato con questa mia rivelazione le restanti 275 pagine necessarie per arrivare alla fine de "La vita oggi". Che è l'ultima opera pubblicata dalla sempre meritevole Sellerio del fluviale Anthony Trollope, scrittore vittoriano (e anche l'inventore delle cassette postali rosse, tra l'altro) di cui ho già parlato più di una volta. 
Devo ammettere che lo leggo, come tutto il resto, da confusa autodidatta, e non so di lui granchè: quindi può darsi che sia cosa nota la sua passione per i dilemmi a sfondo etico  e per lo scavo psicologico di personaggi che si pongono in qualche modo oltre la morale. E se ne ""Le ultime cronache del Barset"" era il curato Crawley a essere protagonista di una non limpida vicenda senza tuttavia avere l'animo disonesto, ne "La vita oggi"  personaggi e vicende sono agitati dalla comparsa sulla scena di un truffatore senza scrupoli, dall'improbabile nome di Melmotte. 
Formalmente, le oltre mille pagine del romanzo sono dedicate all'improba fatica di una vedova con ambizioni letterarie, che cerca con ogni mezzo di mantenere con la sua attività il classico figlio dissoluto e la altrettanto classica brava figlia misconosciuta. "Con ogni mezzo", nella società vittoriana, non è ovviamente ciò che possiamo pensare ora: ma ipocrisia, adulazione, scambio di favori e debolezza morale sono il filo narrativo di questa satira presentata come una cronaca dei tempi.  Lord in miseria, bari, cacciatori di dote, scialacquatori, opportunisti, nobili sciocchi o semplicemente avidi fanno da contraltare ai pochi personaggi "positivi": un mugnaio che ragiona con i pugni, un possidente chiuso nella propria rigorosissima moralità, un promesso sposo indeciso a tutto, la ragazza succube della madre,  perfino una fanciulla del West assassina. Trollope mantiene tutti, buoni e cattivi, sul limite della comprensione e della simpatia del lettore: sì, fa un po' schifo, però... Fa eccezione, appunto, Melmotte: per lui non ci sono scusanti, è un truffatore venuto dall'estero, preceduto e seguito da voci inquietanti e tuttavia accolto ovunque in virtù del suo denaro, che spende e spande senza alcun apparente problema, fino a farsi eleggere in Parlamento.  

Vi ricorda qualcuno? Fin troppo facile leggere questo volumone in trasparenza, seguendo la megalomane follia di questo affarista inebriato dal suo stesso successo, gratificato dal proprio potere su persone così più altolocate di lui, esaltato dalla considerazione che riceve. Non fa distinzioni fra gli omaggi tributati al suo denaro e quelli alla sua persona, altrimenti dovrebbe accorgersi che i secondi non ci sono: ma Malmotte è tutt'uno con il suo denaro, e Trollope è bravissimo a delineare la progressiva disumanizzazione del grande truffatore. Quello che è interessante, più del ritratto e della scontata ma non del tutto vera constatazione che "non è cambiato nulla" sono i meccanismi psicologici che Trollope riesce a disegnare con precisione.
 Se noi, persone normali con un briciolo di senso etico, stentiamo a capire perchè si possa così rischiare la propria reputazione, la propria posizione, il proprio "onore" in spericolati giochini sporchi, siano essi economici o d'altro tipo, Trollope riesce a farci cogliere l'autoesaltazione di chi, sapendosi sull'orlo del precipizio, riesce tuttavia a rimanere in bilico. E spinge la sicumera, nutrita dell'adulazione altrui, a rischiare sempre di più in un' ebbrezza che si autoalimenta, sicuro che non ci siano nubi all'orizzonte che non si possano dissipare con soldi e corruzione, ma non rifuggendo dal provare a suscitare compassione e perplessità se queste possono servire. Melmotte non arriva a mettersi cerottoni sulla faccia, ma si fa un punto d'onore di ostentare superiorità e sicurezza anche quando sa di essere ormai rovinato. 
Poi, per fortuna, si suicida. E i destini di tutti tornano, a dispetto di o tempora o mores, più o meno a posto.
Ma, come si dice, è solo sugo di pomodoro e non realtà vera, ahimè.

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