martedì, ottobre 17, 2006

E, A GRANDE RICHIESTA...


... sì, la storia del principe azzurro. Che poi lui c'entra di straforo, perchè la storia è la storia dei colori, che è bellissima. che noi per dire che uno dice un'assurdità, diciamo "see, come se mi raccontassi che il cielo è verde e il prato è blu", ma mica è sempre stato così. e allora a me mi piacciono molto tutte le cose che ti ricordano che non c'è niente di assoluto e di atemporale, e questa è una di quelle.
La racconta un tipo che si chiama Michel Pastoreau, che queste cose se le va a cercare, studiare e approfondire e poi le spiega benissimo che tu ti diverti a leggerle, e già che c'è litiga con gli altri storici e tira frecciatine. E così ho saputo, e ve la faccio breve breve, che nel Medioevo i colori non erano mica quelli che vediamo noi.
Perchè per loro i colori erano due cose, luminosità e sostanza, e si classificavano così, mica in base allo spettro perchè non lo conoscevano ancora. Invece sapevano benissimo che, p.es. , una tintura di qualità su un supporto pregiato (una bella stoffa, un buon legno, ma loro coloravano davvero tutto, compreso l'avorio e i metalli) era un Colore Vero, per così dire, mentre una roba tinta in fretta sul camiciotto da contadino di canapa non era lo stesso Vero Colore. Perchè uno era brillante e catturava la luce, l'altro era sbiadito e tendente al grigiastro: così non gli veniva in mente di dire che tutt' e due erano blu, anche se noi adesso lo diremmo. Perchè quello di poco pregio era "lo scuro", una classificazione che ancora oggi va bene per Kggb, e comprendeva senza distinzioni un po' di tutto., perchè anche il nero era difficile da ottenere che fosse vero nero (ancora oggi, del resto, provate col Superiride..) Il viola, per esempio, era un sotto-nero, non un colore a sè: e infatti ancora adesso la Chiesa cattolica ce l'ha come colore di penitenza, associato al lutto, e mi ricordo che la mia mamma ancora negli anni '60 lo definiva un colore da mezzo-lutto. Che era come dire quando una era stufa di vestirsi solo di nero perchè già un bel po' era passato, ma mica voleva far la figura di quella che se ne frega.
E, nello stesso ordine di idee, l'oro nel Medioevo non era solo quel simbolo di ricchezza con cui oggi lo identifichiamo, ma un "bianco più bianco", perchè risplendeva, e il giallo era un quasi-bianco. e l'arancione un rosso, e il blu slavato tnato poteva anche essere un giallo o un verde. Il paradiso dei daltonici.
Ma, insomma, io andrei avanti per ore, invece arrivo al blu. Che prima del Medioevo praticamente non esisteva: avete mai visto roba romana blu? Per loro era roba da Barbari, e nel "catalogo scientifico" in vigore fino al 1600 il blu non c'è per niente. Nel Medioevo è prima di tutto considerato una specie di rosso. perciò un colore caldo (a volte il più caldo di tutti) e come per il rosso le tinture in blu (quello Vero) sono particolarmente costose. Verso il 1200 comincia perciò a spopolare tra chi se lo può permettere e in breve diventa un colore ricercatissimo: tanto che ci sono apposite leggi (puntualmente ignorate) che vietano di usare il blu a quelli che non dovrebbero essere ricchi abbastanza (ma lo sono, come le cortigiane) e anche ai ricchi stessi quando la città pensa che si debbano far-sacrifici-altrimenti-non-ce-tiriamo-fuori-più. Naturalmente, anche queste stesse leggi concorrono a dar prestigio al blu e quando la corona di Francia decide di farne il suo colore, associandolo nel blasone ai famosi gigli, diventa anche un colore regale, anzi il colore regale per eccellenza. E spodesta così il rosso, che da sempre colore dai connotati simbolici ambigui, diventa il colore della sovversione, ma questo è ancora un altro discorso.
Perciò il Principe delle favole, il Principe per eccellenza, non poteva che essere azzurro. Però, con accostamento logico azzardato, a me sembra significativo che il Principe azzurro sia stato creato a partire da un colore che non esisteva, no?

1 commento:

lanessie ha detto...

e allora facciamolo un principe mamorizzato, o leopardato o tigrato-zebrato, che magari è la volta che ci va bene