venerdì, gennaio 09, 2009

REGRESSIONE TEMPORALE


Da ben più giovane, una delle mie prime passioni culturali furono le fiabe nei loro aspetti antropologici: che detto così sembra una gran cosa, invece è che mi piaceva leggerle e poi sapere se per esempio esistevano uguali dall'altra parte del mondo, che la scarpetta di vetro era in origine di pelliccia, o magari che l'Oca si può ricollegare al culto della Dea Madre.

Un risultato di queste mie curiosità può essere che a una delle mie figlie piacciono (in senso profèscional) le fiabe e all'altra l'antropologia, cosa che mi è sembrata buffa quando l'ho realizzata. L'altro risultato è che ho bella biblioteca di fiabe da tutto il mondo, ma a Natale mi è arrivato in dono dall'uomobarbuto un bel volume che non avevo e che mi ha riportato a questa passione più giovanile.


Il libro è "Racconti di orchi, di fate e di streghe", a cura di Anna Buia e Marco Lavaggetto, ed. I Meridiani Mondadori.
Chè non so a voi, ma a me i tascabili e le edizioni sminfie piacciono perchè li leggi ovunque, ma questi tomi con le pagine di velina e due segnalibro a nastro danno una bella soddisfa, quando frusciano nel silenzio notturno.
E a parte ciò, la raccolta è davvero molto bella e molto dotta: è una raccolta di raccolte, che riporta le principali fiabe italiane raccolte da "autori", dal Cinquecento in poi . Il tutto con un apparato molto dotto e godibile su origine, diffusione, versioni di ogni fiaba, con i dovuti riferimenti a
Propp e Afanasiev.
E già, per esempio, se siete un po' fissati come me, troverete interessante sapere che Cenerentola è diffusa in tutto il mondo ma non in Africa, o vi piacerà leggere il musicale italiano cinquecentesco di Giovan Francesco Straparola, veneziano, di cui molte parole sono rimaste nel dialetto di Venezia.


Ma la cosa più bella che ho trovato finora è nella famosa raccolta di Gianbattista Basile, "Lo cunto de li cunti", a cui si fa risalire l'origine dell'interesse per la fiaba in quanto genere: scritta in napoletano antico, necessita di traduzione a fianco, ma con quell'aiuto è bellissima da leggere nella sua lingua originale, colorita e sonante.

Dentro c'è anche
La Gatta Cenerentola, messa in musica da De Simone con la Nuova Compagnia di Canto Popolare e portata in teatro in più versioni. Ma la Gatta Cenerentola di Basile non solo è quasi del tutto diversa sia dalla fiaba che ormai consideriamo "classica" della fanciulla maltrattata, ma anche da quella teatrale: la cenerentola di Basile di chiama Zezolla e addirittura uccide la prima matrigna. Anche se poi diventa vittima della seconda, conserva un notevole spirito di iniziativa e una certa furbizia, tanto per dire una delle principali differenze.
Quello che è piaciuto di più a me, però, è stato finalmente il capire almeno alcune frasi della Gatta Cenerentola cantata: il lavoro fatto da De Simone sulla fiaba, infatti, comprende l'intera opera di Basile e ne riprende linguaggio, le espressioni più o meno desuete, e l'efficace vezzo di ripetere un'aggettivazione (preferibilmente quando è un insulto) attraverso termini diversi, via via più coloriti.

Nell'opera teatrale queste ripetizioni diventano spesso crescendo comici, ma anche leggendo non è difficile immaginare un narratore - il mio Amicodelcuore, per dirne uno - che, con bell'accento partenopeo, legga per esempio: "Ora mo, essenno venuta la festa e sciute le figlie della maiestra tutte spampanate, sterliccate, 'mpallaccate, tutte zagarelle, campanelle e scartapelle, tutte shiure, adure, cose e rose (...) " Non è bellissimo?
Minimo, procuratevi La Gatta Cenerentola opera teatrale, se non l'avete mai vista nè sentita. Massimo, anche il libro dei Meridiani, o almeno Lo cunto de li Cunti.

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