Be', gli spot erano costituiti da infermiere gentili e carine che venivano a portarmi il tè con i biscotti o cambiarmi la flebo, ma certo non glielo potevo dire che non s'interrompe un'emozione.
Chè lo so che siete tutti pronti a prendermi in giro per le mie recensioni in tempo reale, ma il primo film della cineforumterapia inventata da ness e sponsorizzata dal gipunto era davvero avvincente: "Testimone d'accusa", tratto da una piece teatrale di Agata Christie e sceneggiato da Billy Wilder e Herry Kurnitz. Credo sia famoso, se non altro perchè ne hanno fatto un remake - pare bruttarello - ma famoso per chi e quanti non lo so mai, quindi ne parlo come se l'avessimo visto solo io e l'uomobarbuto seduto lì sulla sedia a farmi compagnia.
E' in bianco e nero, of course, con uno straordinario protagonista - Charles Laughton - e i due coprotagonisti che sono il bello per definizione Tyrone Power (che se lo guardi negli occhi, al di là del personaggio, capisci perchè gli è venuta fuori una figlia come Romina: belli sì, ma questo è tutto) e l'algidissima Marlene Dietrich. Bellissima anche lei, non si può negare, seben che le si veda una sola gamba per circa trenta secondi e in tutto il resto del film sia castigastissima in tailleur anni'50.
Perchè, appunto, il film è del '52: ed è un bel giallo giudiziario con un buon dosaggio tra suspence e battute divertenti e spesso caustiche, una trama che regge anche se il finale, per noi smaliziati di mezzo secolo dopo, si capisce un po' prima del dovuto. Ma l'aspetto straordinario, per chi ha voglia di vedercelo, è il suo giocare in doppia e tripla battuta sui pregiudizi contro gli stranieri. La Dietrich è infatti la sposa tedesca di un inglese: si sono conosciuti nell'immediato dopoguerra in Germania dove lui era di stanza, lui l'ha sposata e portata via da un paese distrutto, dalla miseria e dall'abbruttimento.
Lei è l'unica testimone a favore del marito in un caso di omicidio: solo lei, infatti, può testimoniare che lui era con lei. Entrambi dichiarano alla polizia di amarsi, e lei racconta perbene come e quando il marito era con lei all'ora in cui un' "anziana signora" (56 anni, n.d.r.) che il marito frequentava da un po' "per farle compagnia, era una persona molto sola" è stata uccisa.
L'avvocato che deve difendere Tyrone Power, nel sentire che la moglie dell'accusato è straniera, ordina al suo assistente di preparare i sali, di tenere a portata di mano una poltrona, di non scandalizzarsi o spaventarsi di fronte a scene emotive. E viene interrotto in queste raccomandazioni dalla Dietrich in persona, che appare sulla porta in tutta la sua fredda compostezza. Primo luogo comune messo in ridicolo, tanto più che quando lei se ne va, dopo aver seminato abilmente dubbi sul suo amore per il marito senza tuttavia affermare nulla di preciso, è l'avvocato a lasciarsi andare a un crisi di nervi.
Nel colloquio, però, la Dietrich ha fatto in tempo a sottolineare come la polizia non abbia creduto alla sua testimonianza: "forse l'ho detto nel modo sbagliato, forse è perchè sono straniera." E anche allo spettatore appare evidente che una sana ragazzona inglese, magari con la faccia un po' equina e i sentimenti un po' più in evidenza, avrebbe ricevuto migliore accoglienza della raffinata e composta bionda tedesca.
Da quel momento, tutto si gioca su quest'elemento, che la trama sfrutta abilmente: anche se il film è del '52 non mi par bello lo stesso raccontare trama e finale, ma la sostanza è che il pregiudizio contro gli stranieri (e ancora più contro le mogli straniere che, come fa notare l'infermiera, vengono qui a portare via gli uomini alle ragazze inglesi, come se ce ne fossero poche!) viene abilmente sfruttato proprio per condizionare la "sana e patriottica" mentalità autoctona. La straniera è la fonte di ogni guaio, o almeno così appare, e la sua freddezza è l'elemento che più gioca a suo sfavore. Ma infine, quando pur viene rivelato il gioco e avvocato e spettatore non possono che ammirare la donna anche in virtù di quella stessa odiosa freddezza e capacità di sfruttare l'ingenuità umana, ecco che che è lei a rivelarsi non meno ingenua e tutt'altro che fredda: sconvolgendo così, una volta di più, i pregiudizi. E con la piena assoluzione nella battuta finale.
Ecco, non c'è bisogno di aggiungere nessun pistolotto su quanto ci sarebbe bisogno anche ora di film come questi, ma chissà se poi sono io a voler pensare che a volte i messaggi sottili rodono dentro di più di quelli smaccati (bel dibattito, se volete). Ma, insomma, la cineforumterapia ha dato un buon risultato, e questo è ciò che conta.
Tra parentesi, nessuno dei temuti effetti negativi si è finora verificato, come appare ovvio dal fatto che ho scritto il post.
4 commenti:
Se cominci così però noi finisce che litighiamo per chi viene a accompagnarti :-) Oppure finisce il mucchio selvaggio, tipo venti persone lì a guardare il film, con tanto di pop-corn e caramelline da cinema...
'desso ci si organizza neh? che se la bidella della clinica scopre che può venderci i poppicorni, magari ci lascia...
Se ho capito bene io ho visto il fantasmagorico remake. Solo per farti capire, la parte della Dietrich la faceva Madonna...
ehi, ciao, Giuli! be', insomma, non proprio la stessa cosa, neh?
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