C'è un'oca che starnazza preoccupata, nel giardino sulla collina di fronte. credo sia lo stesso giardino dove furono invitati i savoia - sì, loro - quando erano qui e immagino che i proprietari delle oche non mi sarebbero molto simpatici, se li conoscessi.
Ma per fortuna non li conosco, così posso essere contenta di sentire le oche, ogni tanto, come adesso. E di vedere i pipistrelli la sera, o le rondini al tramonto. E di notte, quando sono qui nel mio studio, sento anche il mare se è grosso, o un verso strano che potrebbe essere di civetta. Il vento, che si infila giù per la via come se fosse in ritardo a un appuntamento di lavoro, mi piace un po' meno, un tantino di più quando viene dal mare ed è più morbido, carico di salino che mi si appiccica sui vetri e sul bucato. Sono tante le cose che mi piacciono di questa casa: il cancello che si apre da sè mi sembra ogni volta un giochino di lusso, il cortile con gli alberi, il mio studio pieno di vetri e di luce, gli inutili diciotto balconi con le piastrelle turchesi, i due più utili con l'orto e le sdraio, il bagno che potrebbe essere una stanza per gli ospiti... la casa in quanto tale, in verità è sempre stata un po' troppo formale, per i miei gusti, ma si fa perdonare. E non è colpa sua se delle otto case in cui ho abitato con l'uomo barbuto - quelle di cui parla anche la nessie- l'unica che ho pianto nel lasciare era una tutta saloni e rebighi, corridoi della paura e muffa nel bagno. Ed era bellissima. E' la casa in cui sono entrati i ladri mentre dormivamo, chè ancora oggi ho l'antifurto solo per quello, chè anche allora si portarono via una macchina fotografica (mica magnifica, 'pena 'pena normale) un televisore che ci aveva 120 anni, e adesso mi sa che troverebbero ancor meno. Però non è stata una bella esperienza, per non parlare dei topini di campagna che mi scorazzavano in camera, sempre in quella casa lì. Dove la Nessie aveva paura della strega di biancaneve in corridoio - c'era una bella nicchia che pareva fatta apposta perchè la strega stesse proprio lì - e i cachi mi appestavano il giardino fin da agosto: erano la pacchia delle tartarughe, che se li mangiavano acerbi e poi entravano a cagare sul parquet, come segno di gradimento.
E poi siam venuti via, chè gli affittuari così fanno. E fra le tante case ce ne sono state due che proprio non andavano bene, e l'abbiamo scoperto solo dopo: dopo millemila scatoloni accatastati, mobili comprati, pareti dipinte, progetti disegnati, programmi varati e, ovviamente, soldi spesi. Però proprio non andavano: erano belle case, in un caso anche molto belle, ma non andavano per noi. E tutti ci hanno preso per pazzi, quando nel giro di un anno abbiamo traslocato di nuovo, e anche noi tanto sani non ci sentivamo. Però di tante cose che posso essermi pentita di avere o non avere fatto, anche dopo anni devo dire che non mi sono pentita di quei due traslochi che avremmo potuto risparmiarci: chè sono tuttora convinta che a volte la troppa saggezza faccia male. e se non si riesce a essere saggi prima, be', meglio dopo che mai. Chè se è vero che le case spesso parlano, è anche vero che la voce dell'ansia a volte sa assumere toni da casa, e ingannarci. E così, in questo periodo della comune-ty di traslochi e assestamenti, ripenso alle case e so che anche di qui me ne andrò, più prima che dopo. E comincio - solo un pochino, per ora - a pensare a cosa mi piacerebbe, ben sapendo che troverò tutto il contrario e che di quel contrario potrò innamorarmi. O che almeno si svilupperà un'affettuosa amicizia, come è stato per sei volte su otto: è una buona media, no?
martedì, luglio 10, 2007
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