mercoledì, febbraio 25, 2009

ROBA CHE GIRA


Mi è arrivato per mail. Non sarebbe da blog, che è lungo assai, ma ila Calamity un par di giorni si riposa e il tempo per leggerlo, anche a rate, ve lo lascia. Io stessa non so bene cosa ne penso: la domanda fondamentale mi pare che sia: ma chi può fare tutto ciò? Tuttavia, alcune cose sono carine oltre che giuste e mi pare che riprendere la proposta e meditarci un po' su sia sensato, se no altro perchp indica alcuni "altro modi" per fare le cose. E perchè, anche, si inserisce senza troppa fatica nel dibbbatito col brother.




Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 13 febbraio.
Le disgrazie non vengono mai sole, lo sappiamo. Ad aprile scorso la
vittoria di Berlusconi e la completa sconfitta delle forze politiche
di sinistra. A settembre la crisi finanziaria che apre la più grave
recessione mondiale da
settant'anni. Proprio quando più è necessaria una politica capace di
governare la crisi, i vertici delle piccole formazioni di sinistra --
nel frattempo divise in ogni possibile frazione -- prospettano di
presentarsi alle elezioni europee di giugno con tre o quattro liste
diverse, sicure di non superare la soglia di sbarramento al 4% imposta
dal governo e da Veltroni.
Se i partiti non pensano a "saltare un giro", come ha proposto il
direttore del manifesto Gabriele Polo, certo ad astenersi ci
penseranno gli elettori di una sinistra che nella società resta viva e
vegeta, ma non trova un'espressione politica degna di questo nome,
mentre altri cederanno alle sirene populiste di Antonio Di Pietro o
Beppe Grillo. Una via d'uscita, con un passo indietro dei partiti, è
stata proposta sul manifesto, prima da Giorgio Parisi, il 22
novembre 2008, poi con la proposta di Rina Gagliardi del primo
febbraio scorso. Proviamone la fattibilità, allora.
Che cosa c'è oggi di sinistra in Italia? Milioni di persone si sono
date da fare da aprile in poi.
Gli studenti sono entrati in agitazione come mai da decenni, il
sindacato ha organizzato decine di scioperi e le cento manifestazioni
della Cgil, abbiamo avuto i cortei per la pace in Medio Oriente
durante il massacro di Gaza, mille
iniziative antirazziste contro le nostre barbarie quotidiane verso gli
immigrati, le idee del Forum sociale mondiale di Belem e migliaia di
piccole campagne locali. Tutto questo non si è ancora tradotto in un
protagonismo politico e le
esperienze migliori, come l'iniziativa per una Sinistra unita e
plurale promossa dal gruppo fiorentino intorno a Paul Ginsborg, non
hanno fatto la strada necessaria. Eppure, è sempre dalla democrazia
come partecipazione che dobbiamo partire.
Se l'obiettivo è far vivere una sinistra -- sociale e solidale,
ambientalista e pacifista, plurale e unitaria -- e portarne la voce a
Parlamento europeo (e magari negli enti locali), diventa essenziale
definirne le forme e i contenuti.
Paradossalmente, sui contenuti il lavoro è più facile: il tracollo del
neoliberismo e la nuova presidenza Obama aprono l'opportunità per
politiche contro le diseguaglianze e per i diritti dei lavoratori e
delle persone, contro la
speculazione finanziaria e per uno sviluppo sostenibile e di qualità
come risposta alla crisi, contro le guerre e per riduzioni delle armi
e della spesa militare. E' soprattutto sulle nuove forme di una
politica che sappia esprimere le energie del paese che occorrono idee
nuove. Ne proponiamo dieci, che possono tracciare la strada da oggi
alle elezioni europee -- e magari avviare un più lungo percorso di
ricomposizione della sinistra. Le abbiamo
riprese dalle migliori tradizioni del movimento operaio, dai Verdi
all'inizio della loro storia, dalle pratiche più avanzate di
democrazia in giro per il mondo.


1. I partiti saltano un giro e si presenta una lista della buona
politica, con al centro i diritti, la pace, l'ambiente, il lavoro,
un'altra idea di sviluppo, la questione di genere. A governare
quest'esperienza si scelgono sei "saggi" (che non si candidano), tre
uomini e tre donne, che non siano politici di professione e con
importanti esperienze di lavoro nei movimenti, nel sindacato, nella
cultura (lo fecero i Verdi per le prime candidature negli anni '80).


2. Associazioni, movimenti, sindacati, comitati locali, giornali come
il manifesto, reti e voci della società civile che vi aderiscono
diventano i "garanti" di questa lista, in accordo con i partiti che
rinunciano a presentarsi con i loro simboli alle elezioni europee. Si
stabilisce un "patto di consultazione" tra gli eletti e i movimenti
per concordare in modo permanente politiche e iniziative.


3. Da questo mondo emergono le candidature alle elezioni. C'è
incompatibilità tra candidature e cariche di partito (una tradizione
degli albori del movimento operaio) e c'è un limite massimo di due
mandati tra parlamento europeo, nazionale, consigli regionali. In
questo modo si evita che la politica sia un lavoro a vita.


4. Si organizzano le primarie per la scelta dei candidati e per
definire i contenuti del
programma politico. Una consultazione di massa sulla politica, una
pratica di democrazia diretta
che ha dato buoni frutti perfino nell'Unione.


5. Le liste dovranno avere lo stesso numero di uomini e di donne,
presentati in ordine alfabetico. E' una lezione da imparare dal
femminismo: riconoscere la dimensione di genere della politica e
favorire la partecipazione di tutti e di tutte.


6. I candidati si presentano nel collegio dove risiedono o svolgono
abitualmente la loro attività. Questo valorizza la dimensione
comunitaria e locale, il rapporto della politica con il suo
insediamento sociale.


7. Gli eletti avranno una retribuzione massima complessiva di 100mila
euro lordi. La quota eccedente viene versata nei fondi della lista. Il
rinnovamento della politica parte anche dalla sobrietà dei protagonisti.


8. La metà dei fondi della lista (finanziamento pubblico e quota delle
retribuzioni degli eletti) viene destinata a un "Fondo per la politica
diffusa" che sostiene le iniziative di movimenti, comitati, etc. E'
quello che facevano i Verdi
all'inizio della loro storia, utilizzando i soldi per progetti di
natura ambientale.


9. I meccanismi di decisione all'interno della lista e nel "patto di
consultazione" utilizzano forme di democrazia deliberativa, il metodo
del consenso, il sorteggio di rappresentanti ove necessario, evitando
la formazione di correnti e il voto a maggioranza.


10. Tra le attività della lista c'è l'organizzazione di una
piattaforma web di e-democracy, utilizzata per informare i
cittadini, dare conto dell'attività politica e legislativa, effettuare
consultazioni con i propri elettori, praticare nuove forme di
partecipazione politica, dare visibilità ad esperienze locali. Le
opportunità di democrazia offerte dalla rete devono essere utilizzate.


Rimaniamo convinti che la rappresentanza sociale non debba sostituirsi
a quella politica e che il principio guida debba essere quello della
"pari dignità" delle diverse forme della politica (partiti, movimenti,
associazioni, etc.),
ciascuna con la sua specificità. Ma, in questo momento di emergenza --
con partiti sempre più frammentati e autoreferenziali, incapaci di
autoriformarsi -- ci sembra necessaria una scossa, una forte
discontinuità.
Queste dieci regole non rappresentato certo un progetto politico
complessivo -- altri sono i momenti per discuterne -- ma scegliere
questa strada, da qui alle elezioni europee, rappresenterebbe una
svolta, darebbe il segnale
che la sinistra è capace di provare a cambiare la politica e il suo
modo di essere. E anche di avere successo alle elezioni.

1 commento:

Mario l. ha detto...

Beh... dopo una prima lettura e riservandomi di tornarci meglio posso dire che:

1) sono d'accordo sul fatto che è necessario cancellare l'attuale sinistra e riformarla dalle basi, è l'unico modo per salvarla.

2) l'insistenza sulla "questione di genere" o come veniva chiamata prima: "quote rosa", sia nella scelta dei "saggi" che nelle partecipazioni alle liste, più che un progresso, mi sembra un 'omaggio' fatto alle vetero-femministe, che puzza anche di demagogia. Bisogna ricordare ad esempio che già tre volte (almeno) sia a destra che a sinistra si è tentato di introdurle e sono sempre state bocciate dalla Corte Costituzionale (per altri approfondimenti: http://mondodonna.blogosfere.it/2008/10/quote-rosa-facciamo-chiarezza-introduzione.html").
In ogni caso la quantità di donne non garantisce sicuramente la qualità (cosa parecchio più importante del "problema del genere"). Basti vedere alcuni nostri attuali ministri.

3) Vorrei che mi spiegassero come pensano di usare 'forme di democrazia deliberativa' per la formazione del consenso evitando il voto a maggioranza!?!? Non vi sembra quanto meno contraddittoria come espressione? E poi che c'è di male nel voto a maggioranza?
Questa proprio non l'ho capita...

4) Il limite massimo alle candidature è un bene ed è un male. E' un bene se pensiamo alla gentaglia che attualmente ci governa (da entrambi i lati). Ma con una nuova classe? Non sarebbe meglio approfittare dell'esperienza di alcune persone, piuttosto che fare valere i limiti?

Per il momento queste sono le impressioni a caldo... poi c'è qualcosa che non mi convince in generale in questa idea, ma ancora non l'ho individuata.
Sarà che parla ancora di metodi ma è completamente priva di contenuti.
Forse è quello.
"al centro i diritti, la pace, l'ambiente, il lavoro,
un'altra idea di sviluppo, la questione di genere
"
Ci mettevano anche la famiglia dentro, avevano fatto l'en plein della demagogia.
Ma qualcosa in più?
La crisi economica in atto non si risolve a parole.
E comunque non è cominciata sicuramente a settembre come dicono loro. Infatti i primi problemi dei mutui sub-prime in America si avevano già nell'estate del 2007. E i mutui sono solo una piccola parte della vera crisi.
La crisi infatti è dovuta ad una politica economica di rafforzamento della moneta (vedi ad es. Thatcher) che ha indebolito gli stipendi delle persone e spostato l'indebitamento dallo stato alle banche.
Ma vabbè. Prima che mi metto a parlare di economia alle tre di notte.
Belle parole. Metodi discutibili. Nessuna sostanza sui contenuti.

E questa dovrebbe essere la nuova sinistra?