venerdì, ottobre 05, 2007

TESSERE 3


La senora Rosa Guadalupe, di cui ognuno può indovinare il paese d'origine, che mi aiuta in casa, alla mia osservazione - non particolarmente intelligente, lo so: ma viene qui da poco e siamo entrambe timide, si cercava solo di fare conoscenza con un discorso fra madri - che il lavoro è poco per tutti, mi ha guardato di sotto in su e molto discretamente ha osservato: "Mio marito lavora in fonderia. Dice che lì non c'è neppure un italiano."
Anche per il lavoro di Rosa, su una dozzina di candidate una sola era italiana.

Fonderia, se la conosci la eviti. O, almeno, fai il possibile per evitarla ai tuoi figli. Giusto, sacrosanto.
Come non criticavo l'acquisto o il possesso di una casa, ma mi limitavo a sottolineare un dato, così non mi sogno di sostenere ragionamenti a pera come quello che gli italiani, o i ragazzi, dovrebbero cercarsi un lavoro in fonderia, chè lì si trova. Ma un dato di fatto è che ormai quando si parla di "trovar lavoro" e soprattutto di non trovarlo, ci si riferisce ai lavori intellettuali. Chè, per quanto possa far sorridere, anche un precarissimo del collsenter o della televendita fa un lavoro "intellettuale".

Un lavoro che non produce, come insegna il barbuto doc, plusvalore. E, pur semplificando all'eccesso, credo che si debba ammettere che la teoria marxista sta in piedi perchè ipotizza la gestione "diretta" della produzione da parte di chi la fa, e la redistribuzione equa del plusvalore, cioè del reddito che se ne ricava.
Quanto alla pratica, sappiamo com'è andata, e una storia vera e non di parte (di una e dell'altra) su quanto e come c'è stato di boicottaggio e di errori non è ancora stata scritta. Ma un altro fatto è che oggi Paesi come la Cina e la Birmania possano vomitevolmente chiamarsi "socialisti" mentre ripercorrono le pagine più buie del capitalismo, togliendoci ancora un po' di speranza e di sicurezza.

Tornando qui, i lavoratori intellettuali sono sempre stati visti con diffidenza e con sempre fin troppo sospetto dalla sinistra, che non ha mai saputo bene come considerarli. In tempi non lontani, venne inventato "l'intellettuale organico alle masse" per dire uno che stava dalla parte giusta e, in linea di massima, cercava perfino di farsi capire da tutti: ma questi erano i "veri" intellettuali, i professori, i filosofi, gli artisti. Per gli altri, i cosiddetti "colletti bianchi"un ruolo nella rivoluzione - e perfino nella semplice militanza - non venne quasi mai definito.
Uno dei risultati di quel '68 e dintorni che ora sembra aver prodotto solo disillusioni ( e non è così), fu esattamente il portare gli studenti a fianco degli operai. E la cosa sembrava tanto strana, e così poco consona alle teorie e alle tradizioni della sinistra, che gli operai in realtà degli studenti non si fidarono mai. Nella mia generazione, i dileggi in piazza da parte degli operai sono un dato scontato, oggi ci si rivede in altre manìf con gli stessi che ci prendevano per il culo e vien voglia di dirgli "Vedi? sono ancora qui."
Però il fatto di esserci non risolve certo la contraddizione interna della sinistra, che oggi si trova a dover fare i conti con una base che dei "mezzi di produzione" non ha la più pallida idea. E che, però, giustamente e ovviamente, chiede gli stessi diritti che a suo tempo chiesero gli operai: salvo che se si fermava una macchina il danno era certo, diretto, visibile, se si ferma un call center, una vodaphone, un'agenzia... chi lo sa? chi ci perde? come incide sulla realtà? Si fa lo stesso, a volte a qualcosa serve soprattutto in termini di immagine delle aziende, ma viene a mancare quel presupposto che era essenziale anche individualmente. Chè il Cipputi, di fronte alle trattenute per lo sciopero, almeno in angolino si confortava con il giorno in cui il padrone non sarà più padrone, i padroni saremo noi. Noi, i lavoratori stessi, che continueremo a lavorare ma lo faremo per noi tutti: e in quel "noi tutti" c'era la fondamentale differenza tra destra e sinistra, quella che permette di distinguere gli interessi di classe dai propri interessi. E che spesso, anche fuori dal mito, ha fatto sì che i secondi fossero sacrificati ai primi. Chè non vogliamo mica raccontarci sul serio che una giornata da precario lascia meno tempo e meno energie di una giornata in fonderia, vero? E non vogliamo mica ignorare che prima dello Statuto dei Lavoratori - ecco, appunto, una conquista degli anni '70: e se man mano lo svuotano non significa che non sia una conquista fondamentale - non c'era bisogno di contratti a tempo per licenziare? E neanche di quella che ora si chiama "giusta causa"?

Nessuno può nè vuole difendere il precariato, che prima di tutto è strumento per attaccare i diritti di tutti, dei lavoratori come degli utenti dei servizi, di un democrazia più reale come di uno Stato che faccia il suo dovere. Ma io credo che, oltre questi ovvi aspetti, ci si debba anche riconoscere - per farci i conti - una difficoltà di collocazione sia individuale che collettiva. Perchè a me il marxismo piace ancora molto e trovo che ancora serva a spiegare molte cose, ma benchè il barbuto avesse previsto la degenerazione del capitalismo, che io sappia nè lui nè il seguace col pizzetto hanno indicato strade per una classe-non classe come quella che oggi si richiama alla sinistra. Anche ma non solo per questo, forse, la sinistra è sia individualmente che politicamente allo sbando, ed è inutile far finta di no. Perchè le "cose di sinistra" che chiediamo, anche quelle del 20 ottobre a parte i fumosi principi e forse l'Afghanistan, sono in verità riforme sociali che altri Stati più fortunati del nostro hanno già da tempo inglobato in politiche anche di destra. Sono un concetto di Stato che da noi non esiste in assoluto, non solo sul welfare, e che la sinistra dovrebbe superare, non rivendicare.
E io credo che alla sinistra e a questo governo stiamo anche chiedendo di aiutarci a superare, in modo magico, le nostre personali confusioni, i nostri dilemmi etici, il nostro senso che "tutto sia inutile": perchè non è così vero che Le Case del Popolo non ci siano più. Si chiamano in altri modi e fanno altre cose, ma di "esperimenti sociali" ce n'è in giro per così, e anche di iniziative davvero di sinistra: non molte, forse, ma per esempio la campagna di mobilitazione contro la privatizzazione dell'acqua
è davvero una lotta "di sinistra", che non ci schiera contro, ma accanto, al sud del mondo. E, che io sappia, non sta raccogliendo un grande impegno da tutti quelli, me compresa, che pure hanno un sincero desiderio di "cose di sinistra", nonostante sia, fra tante battaglie pur giuste, una di quelle in cui è ancora possibile ottenere risultati concreti: ma probabilmente non se a sbattersi sono in quattro.
E cosa, in fondo, cosa impedisce davvero alla comune-ty di organizzare una sera di dibattito sul 20 ottobre? Magari anche mica solo per noi, ma la casa per discutere non deve mica essere necessariamente del Popolo, no? Io stessa, però, non so se ne ho voglia. Chè anche per discutere, almeno di persona, bisogna riuscire a distinguere bene il personale dal politico: e non siamo più abituati a farlo, nè abbiamo punti di riferimento che ci aiutino a mantenere questa distanza. E questa sarà, credo, una prossima tessera.

Tre è il numero canonico, ormai, delle tessere del puzzle: ma ne mancano almeno altre tre
, così lo sapete, e neanche queste sono conclusioni, solo spunti.




3 commenti:

e.talpa ha detto...

Mica capito: "Perchè le cose di sinistra che chiediamo, anche quelle del 20 ottobre a parte i fumosi principi e forse l'Afghanistan, sono in verità riforme sociali che altri Stati più fortunati del nostro hanno già da tempo inglobato in politiche anche di destra. Sono un concetto di Stato che da noi non esiste in assoluto, non solo sul welfare, e che la sinistra dovrebbe superare, non rivendicare".

Fino alla prima frase, avrei detto che era ciò su cui un tempo avevo ironizzato dicendo "voglio una destra liberale ecc ecc". E avrei detto: toh, così qualcuno che si sa spiegare meglio di me dice quello che volevo dire. La seconda frase però mi manda in confusione: superare, nel senso di raggiungere e andare oltre, e allora concorderei, ma allora perché non rivendicare... nel senso che non dovrebbe aver bisogno di rivendicarlo? altrimenti, se superare intendi che c'è qualcosa che non va bene in queste richieste... boh?!?!

lastreganocciola ha detto...

superare nel senso di "andare oltre". le rivendicazioni di uno Stato efficiente per noi non dovrebbero dimenticare, come invece spesso fanno, che il nostro benessere poggia sulle spalle di altri, in una logica davvero di sinistra. Ma volevo semplicemente sottolineare come in questo momento in Italia, si identifichino con lo "stare a sinistra" quelle che fino a ieri erano semplici riforme sociali, non necessariamente "di sinistra".

e.talpa ha detto...

Allora concordiamo di nuovo :D