Ecco, dirò la verità e nient'altro che la verità: il mio momento personale non è propizio alle riflessioni lucide e intelligenti - chè, pur evitando scaramanticamente di definire il periodo, va comunque detto che da quindici giorni quindici non un grammo di nicotina è entrato nel mio organismo - epperò forse sono in compagnia di chi si lancia in polemiche a posteriori.
Quando direi che un unico dato è emerso limpido dalla manìf - per quel poco che è emerso, vista la crisi di governo che si profila sui ricatti mastelliani, altro che "cose di sinistra"... - ed è stata la sincera gioia di chi non ha partecipato. Su motivazioni personali o politiche, su distinguo non da poco - come dice Sullo nell'articolo segnalato dalla talpa - o su riluttanze di fondo, su diffidenze ataviche o su nuove incertezze, chi non è andato sperava comunque che la manìf andasse bene e non prestasse il fianco a strumentalizzazioni, e così è stato davvero.
Bene.
Qualcuno, non mi ricordo più dove, prima del 20 ottobre, ventilava un'ipotesi di "forum" della sinistra, come modello di strategia: pur senza sapere di preciso cosa intendesse, io credo che sarebbe una buona idea. Chè, fra le altre cose, il 20 ottobre ha messo in luce ciò che, dal G8 in poi, è andato crescendo e variengandosi e assumendo fisionomie diverse: quelli che genericamente si definivano "i movimenti" e che grosso modo facevano comunque capo a grandi istanze vicine "per definizione" alla sinistra, sempre di più vanno scomponendosi in obiettivi o percorsi precisi, che escludono altro. E che non hanno fra le loro priorità la collocazione a sinistra.
Così, accanto ai notav e ai vicentini che non sono andati a roma, ci sono gli esponenti di altre battaglie locali che invece erano presenti sulla base di motivazioni più o meno condivisibili, come dice appunto Sullo, che non erano "l'appartenenza" alla sinistra. E se alle battaglie locali potremmo, volendo, rimproverare un'ottica ristretta (ma nessuno vuole, chè non è facile pensare qualsiasi cosa, in merito), non si può negare che la definizione di "sinistra" sia riduttiva e non corretta anche per molte componenti che nel movimento finora si riconoscono pur senza accettare presupposti marxisti, ma che potrebbero essere emarginati da una politica troppo orientata allo schieramento, al contarsi, al definirsi.
La manìf del 20 ottobre voleva essere proprio un segnale di accoglimento di queste "nuove istanze", come si sarebbe detto in sessantottese, e da questo punto di vista forse non è del tutto riuscita, proprio perchè le perplessità erano tante, e non tutte uniformate al republikit-pensiero, anzi.
Ma, per quello che è riuscita, e non si può negare che un segnale di complessità e di voglia l'abbia dato, io credo che avrà davvero un senso se riuscirà ad essere un primo momento in cui provare a superare prima di tutto proprio l'incomunicabilità di cui parla la nessie. Prima di tutto parlandosi, organizzando cose, scambiandosi idee e provando a metterle in pratica: una specie di grande forum permanente, che riunisca quelli già esistenti (le varie "reti", ad esempio, ma i festival, i locali, gli esperimenti, le notizie) a cui la sinistra potrebbe dare ospitalità in più maniere. E fors'anche un contributo in termini di valori sociali che a me, non facente parte della generazione Simpson, non pare disprezzabile: chè il rischio che la destra, da quella più bieca a quella più soft, riesca a strumentalizzare tante giuste battaglie, sostituendo la parola "mio" alla parola "nostro", non è un rischio da poco.
martedì, ottobre 23, 2007
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