sabato, gennaio 22, 2011

ARAMIS VENDOLA

Con gran gioia delle mimose che sono già fitte di puntolini gialli, è tornato un freddo polare. E oggi, in una giornata in cui il clima genovese riesce a dare davvero il peggio di sè - vento tagliente che ti aspetta a tradimento girato l'angolo, l'occhiata di sole che subito se ne va, spifferi che si infiltrano ovunque - di andare in giro per diporto, come si diceva un tempo, neanche a parlarne. 
Però i due passi di dovere sono stati fatti, svelti svelti anche perchè in tardo pomeriggio c'era Nichi Vendola. Che ha parlato, con bel senso storico e disponibilità della CULMV ("... che ha concesso l'uso di questa sala gratuitamente..." e sull'ultima parola c'è stato l'applauso tutto genovese) alla Sala Chiamata del Porto, la grande sala dove veniva effettuata appunto la "chiamata" al lavoro e dove per anni si sono tenute tutte le importanti iniziative politiche di base della città.
Da tanto, però, non ci si andava più - sono un po' mancate le occasioni, mettiamola così - e vedere tutta quella gente che affluiva verso la vecchia sala credo che abbia fatto un po' effetto ai più grandi fra noi - e non eravamo pochi ma, una volta tanto, c'erano anche parecchi ragazzi o comunque nati dopo. 
Quanto al Nichi, indubbiamente è bravo: politicamente è ineccepibile, scenicamente è trascinante, umanamente è simpatico, ironico e soprattutto colto. Fa ragionamenti quasi sempre "alti", ma con l'esperimento delle Fabbriche sta dimostrando che vuole e sa anche scendere sul terreno dela pratica. 
Sa che il suo partito non è immune da difetti di per sè e soprattutto dal rischio di diventare ricettacolo di trasformisti e arrivisti: ma ha l'intelligenza di dirlo a priori, dichiarando che chiudersi nel proprio orticello sarebbe ancora peggio. E, sia pure a denti stretti non si può che essere d'accordo. In più, si dimostra leale, corretto anche in ciò che dice, e nel modo di dirlo: con avversari che incarnano qualsiasi bassezza, la tentazione del gioco facile non dev'essere da poco, ma lui si concede solo un paio di battute, evitando accuratamente di scendere sul terreno della volgarità o anche solo della pesantezza. E risulta credibile, quindi, quando a mo' di commiato lancia la sua esortazione a "combattere con eleganza".
Che, in effetti, in mezzo al marciume attuale, è forse il programma più attraente che si potesse concepire: dopotutto, il fioretto di Aramis non colpiva meno pericolosamente di quello degli altri moschettieri, no? E speriamo che sia la volta buona per... mah, per qualsiasi cosa, in effetti.

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