giovedì, febbraio 24, 2011

SENTIRE E FARSI SENTIRE

Ho qualche difficoltà, in questi giorni, a postare le mie foto di militante della passeggiata. Intanto perchè non ne ho fatte - nè foto nè passeggiate, già - perchè è incredibile quanto arretrato possa lasciarsi dietro un vikènd fuori casa. 
Ma soprattutto perchè, come già altre volte, non riesco a leggere "diecimila morti" e parlare ugualmente di quanto è buffo il droghiere all'angolo. Mi ha rovinato Quasimodo (o Saba? ci ho sempre il dubbio) con le sue bibliche arpe appese ai salici, e il risultato è il silenzio. 
E penso, spero, che il silenzio assordante di tutti sia come il mio, pieno di sgomento e di incredulità. 
Il silenzio di chi fa fatica ad accettare che una cosa del genere stia accadendo, che a pochi chilometri da noi sia risorto Bava Beccaris con i suoi cannoni trasformati in bombe e missili. 
Nel 1898, a Milano, i mille morti - 80 nella versione ufficiale -  caddero sotto i colpi di cannone durante una sola manifestazione. Oggi la violenza scatenata dal folle non solo pare aver già provocato un numero di vittime dieci volte superiore, ma si esercita con la più assoluta crudeltà e indifferenza: colpire chiunque giri per strada è senz'altro un lucido escamotage da paranoico per eliminare ogni rischio di ribellione. 
Che io mi ricordi, non c'è mi stata una repressione così: le più brutali reazioni a movimenti di protesta hanno sempre riguardato chi protestava, chi era radunato in una piazza, chi era iscritto ai partiti di opposizione... non mi viene in mente nessun altro caso in cui il capo di un governo abbia assoldato mercenari per uccidere in modo indiscriminato il proprio popolo. 

Eppure, nei blog e in generale sul web non vedo gli accenti indignati e le manifestazioni di orrore che hanno accompagnato passo per passo la penosa vicenda di sarahscazzi, tanto per dire. Nessuno che dica "lo voglio veder morto", nessuno che si commuova come pure è successo, per esempio, per le vittime dello tsunami. Lo so, non è la stessa cosa: da che mondo è mondo, morire nelle rivolte è considerato "normale", mentre non lo è essere assassinati dai parenti (nonostante sia sempre più frequente) o che interi paesi siano spazzati via da un'ondata. 

La nostra percezione della normalità è senza dubbio curiosa, eppure in qualche modo generalizzata: forse per questo stentiamo a renderci conto che ciò che sta succedendo al di là del mare non è la "solita" rivolta, non è la "solita" repressione. La recente storia italiana ce lo ha insegnato: quando si superano i limiti, scritti e non scritti, del comune sentire e agire, si rompe un argine che è difficilissimo ricostruire. Quando si vuole vedere e far vedere "normalità" laddove non ce n'è più neanche un briciolo, non si fa altro che aprire la strada ad altre anomalie, alla futura applicazione di aberrazioni ancora peggiori. 
Poco importa, in fondo, se i morti siano mille o diecimila: come dice Marcegaglia con involontaria e cinica ironia: "bisognerà valutare se fare ancora affari con lui, non si può ammazzare la gente in questo modo."
Perchè, ecco, anche se penso che il silenzio sia in gran parte dovuto allo sconcerto, allo sgomento, non posso tuttavia sottovalutare l'influenza del doppio messaggio che arriva dalle istituzioni e in parte anche dai media: che invece di cavalcare il grand-guignol come sono bravissimi a fare in altri casi, non mancano di accennare più o meno esplicitamente alle conseguenze che 'sto casino può avere per noi. Commesse mancate, milaeuro persi, niente gas, petrolio in crisi: senza che nessuno lo dica esplicitamente, sembra quasi un'autorizzazione a pensare che le vittime dei bombardamenti sulla folla siano un po' meno vittime, guarda un po' che casino hanno combinato...

Al contrario, viene da pensare che le conseguenze su di noi possono invece essere ben peggiori se silenzio e immobilismo perdurano, se solo pochi (firmate l'appello, a proposito, tanto per cominciare) si indignano e provano a intervenire, se gli interessi economici (che, non so voi, ma io già non ne ho, neh?) prevalgono sul sentimento umano: se, insomma, diventa "normale" bombardare la gente che scende in piazza.

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