mercoledì, febbraio 02, 2011

DEDICATO AI PAZIENTI

 Pazienti anche nel leggermi: il post è lungo e potrebbe esserlo ben di più, a voler essere più documentati e precisi. Ma spero che il successo riscosso da La neve e la rose  - merito della storia, e sono contentissima che sia piaciuta - si lasci dietro qualche lettore che ha voglia di seguirmi in queste elucubrazioni su un tema che mi affascina e mi sta a cuore.


Gira sul web, probabilmente già da un po', un appello per fermare le cattive intenzioni della UE a proposito delle terapie cosiddette "alternative": erboristeria e omeopatia, in particolare, sarebbero condannate a severe restrizioni. Se le leggi che si stanno preparando a livello europeo passassero, dice l'appello, sarebbero addirittura proibiti i libri che contengono indicazioni e ricette fitoterapiche, e chiuse le scuole di omeopatia e terapie naturali. Controllando, pare che l'appello possa essere una mezza bufala: nel senso che ci sono già una serie di controlli e forse ne verranno introdotti altri, senza che però il quadro sia così fosco. 
Eppure, nonostante i toni (o forse proprio per quello) l'appello è credibile: si sa infatti chi sostiene la scientificità della scienza, e della medicina in particolare, è convinto che principi e risultati si debbano valutare alla luce di criteri "oggettivi" e che con una rigida regolamentazione si possa (e si debba) evitare che pazienti sprovveduti - ma il paziente è sprovveduto per definizione, come sa chiunque provi a chiedere informazioni approfondite a un medico - vadano a finire nelle mani di ciarlatani. Che esistono, sicuro, e che proprio da questa rigidità traggono la forza e la possibilità di proporsi come miracolose speranze.

Molti fra quelli che sostengono "la scienza" o la scientificità o il rigore logico e deontologico o comunque lo si voglia definire e chiamare,  sono persone in ottima fede e, se sono amici come spesso capita, si evita l'argomento per non litigarci su, chè comunque ognuno rimane convinto delle proprie idee. 
Già da tempo, però, mi chiedo come si possa sostenere a spada tratta l'assoluta non credibilità dell'omeopatia - i cui risultati non sono misurabili con i consueti standard poichè le terapie sono ad personam, per banalizzare la questione riducendola al nocciolo - quando ormai il mantra preferito dagli oncologi  di fronte agli andamenti bizzarri della malattia, sempre più frequenti, è: "Ogni caso è un caso a sè". E con ciò escludono la possibilità di prevedibilità e di standard. 
"Il farmaco dovrebbe funzionare così, la malattia dovrebbe evolversi così..." Il condizionale è d'obbligo, e sempre più spesso è applicato non solo in oncologia ma in molte patologie, anche banali, che non si comportano più "come dovrebbero": basti guardare quella che un tempo era l'Influenza invernale e che oggi è diventata un'affezione virale che prende in modi diversi, con andamenti diversi e reagisce a cure differenti. Ognuno si fa la sua peste, diceva Camus (me lo citò un dermatologo antipaticissimo ma colto) e mai più di oggi fu vero, a quanto pare.

Eppure, nonostante studi appunto scientifici stiano cominciando a scoprire le delicate e impreviste connessioni tra il sistema immunitario o quello neurovegetativo e attività quali la meditazione ( per non parlare del cibo e dell'ambiente e del tipo di vita), omeopatia e terapie diverse da quelle ufficiali vengono ancora condannate e osteggiate. Quando, in realtà, non si capisce perchè non debba essere possibile una collaborazione, una sinergia di metodiche diverse: da entrambe le parti c'è chi le considera incompatibili e in questo caso tra i due litiganti il terzo soffre.

E leggo sul Venerdì che una trasmissione del National Geographic tratterà una bellissima storia, che riassumo: nelle fosse comuni dei morti di peste del 1600 o giù di lì, alcune salme avevano un mattone in bocca. A lungo si è pensato a forme di punizione omertosa, ma ora un antropologo ha forse ricostruito la vera motivazione: nella disperata impossibilità di fermare o limitare il contagio, fra le cause possibili fu indicata una curiosa attitudine di alcuni cadaveri che, masticando il proprio sudario, si sarebbero fatti diffusori anche post mortem dei terribili "miasmi".
Gli stessi, suppongo, che secondo la medicina ufficiale del tempo avvelenavano l'aria rendendola appunto "pestilenziale". Per ovviare a questo impressionante vamprismo al contrario, alle salme che recavano segni dei denti sul sudario fu messo giustappunto un mattone in bocca, in modo che non potessero più nuocere. Del resto, ai vivi veniva prescritto di non lavarsi e di fasciarsi strettamente in vestiti di stoffa liscia e scivolosa ( impossibili da lavare anche loro), in modo che l'aria carica di miasmi non potesse raggiungere il corpo. 
Un bellissimo libretto di Carlo M.Cipolla  racconta appunto di questa intuizione fumosa che precedette la scoperta di germi e virus, e di come da presupposti giusti e sensati si possa arrivare a conclusioni  drammaticamente opposte.
Cipolla non ne parla, ma sarebbe interessante se qualcuno, a partire dalla tesi ormai accettata secondo cui le streghe erano anche o soprattutto donne che praticavano la medicina popolare, andasse ad appurare la connessione fra uno sviluppo così tragicamente illogico (ai nostri occhi) della medicina ufficiale del tempo e la scomparsa - con il rogo e la criminalizzazione di tutto ciò che appariva "streghesco" - di quel buon senso immaginifico ma pragmatico che era patrimonio di terapie antiche e condivise.
Più modestamente, io non posso fare a meno di immaginare i medici del '600, con le loro maschere e uncini e unguenti profumati, che discutono seriamente di umori corrotti e arie guaste, rischiando magari la propria vita e mettendocela tutta a chiudere fuori i miasmi, convintissimi di avere in mano l'unica vera scienza. Ogni somiglianza è puramente casuale, ovvio.


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