Un tempo, c'era l'autocoscienza. Io la odiavo e non l'ho fatta mai.
In manifestazione, e alle iniziative "per le robe nostre" ci si andava da sole, senza i compagni: chè, si diceva, basta coi paternalismi. che era poi un modo di dire che anche i migliori tanto meglio non erano, e che non volevamo fornire a nessuno l'alibi per continuare ad essere quel che era in privato e sul fondo. e spesso neanche tanto in privato, e ancora più spesso neanche tanto sul fondo.
Ma, occhio, chi allora non c'era non pensi a orchi terribili, chè comunque - minimo - si parlava di compagni, e compagni sul serio. Il che non significa, appunto, ma siam tutti d'accordo che più a destra si va più maschilisti si diventa. E quindi.
Io non ero in un gruppo femminista. Io ero nel Collettivo Donne in Lotta, e ricordo liti terribili con le femministe in testa a un corteo tutto di donne, che non volevano gli slogan che chiedevano la libertà di un qualche compagno (maschio) appena arrestato. Le "femministe" ufficiali erano in genere un po' più grandi di me: qualche anno di differenza, ma faceva la differenza. Avevano storie, matrimoni o convivenze già adulte, spesso complicate, qualcuna aveva già un figlio. Altre erano gay, ed esserlo era ancora più difficile di quello che è oggi. Tutte, grandi e più piccole, etero o gay, eravamo dure e intransigenti: ma quelli erano i tempi, lo eravamo tutti.
E proprio nei collettivi di autocoscienza, che costavano lacrime e sangue a chi partecipava, quella durezza e quell'intransigenza cominciarono ad incrinarsi. Chè - mi raccontavano, raccontano - non c'era pietà per chi voleva solo sottrarsi, per chi recitava una parte o cercava di rimuovere i propri e altrui fantasmi, per chi non accettava di mettersi in discussione.
Ed erano critiche e pianti, liti e segreti di quelli pesi, gente che stava male sul serio: ma, pare, anche gente che per la prima volta scopriva non solo la solidarietà ma soprattutto lo scavarsi dentro, il cominciare a distinguere tra quello che, perdio, è nostro e guai a chi lo tocca, e quello che ci hanno insegnato a credere nostro. ma che non lo è, e anzi ci fa male.
Il cominciare, anche, a capire quali verità si nascondono dietro le parole: chè ognuno di noi ha bisogno di gettare ogni tanto qualche preda viva ai mostri del dentro, ma le donne ne hanno sempre un po' più bisogno. E di solito sono più brave con le parole, per non parlare di quanto sono brave a giustificare tutti, comprese se stesse. a meno che non si autocrocefiggano, che lì sono ancora più brave.
Così, anche chi ai collettivi di autocoscienza non ci andava, come me, in quegli anni ebbe in regalo una straordinaria lucidità di pensiero, chè tutto quello spaccare capelli in quattro oggi appare ossessivo e strambo, ma ebbe risultati incredibili.
Ci fu davvero, a differenza di quanto era avvenuto perfino in quegli anni nella sinistra anche non tradizionale, un percorso ciclico delle idee, roba che gli stilisti cercano ancora oggi di copiarci. Nei collettivi le idee venivano esaminate e spolpate fino all'osso, discusse ed accolte e rilanciate migliorate. Se vi sembra che io stia facendo del mito provate a leggere "Dalla parte delle bambine" in versione uno e in versione due. io l'ho fatto e secondo me non c'è paragone di lucidità, di linearità di pensiero, a favore del primo: e credo che il merito non sia tutto dell'autrice, ma appunto del gran discutere che c'era.
E poi ci siamo rotti tutti le palle: a ragione, a torto, per autodifesa o per ignavia chissà. E tante cose sono rimaste, tra cui la 194, un po' sono sparite, altre rimaste in bilico per un po' e poi sono state come sommerse da altro. e spesso è difficile distinguere se questo "altro" è roba buena, o schifo consumistico e buonista. ed è difficile come prima capire, da sole, quando parliamo noi e quando i nostri fantasmi.
Io, che mai mi sarei raccontata e snudata nell'animo come mi dicevano si facesse nei collettivi di autocoscienza, io che da sempre affronto questioni e conflitti sulla base del rigorosamente razionale, io che ho provato e provo a capirmi e distinguermi in un cammino personale che spesso tocca - e come no? - il politico ma che rimane individuale, ecco, io penso che invece allora avrei fatto bene ad andarci, alla malefica autocoscienza. Perchè dopo, negli anni, avrei fatto meno fatica a separare le mie esigenze e voglie da quell'assumersi i bisogni dell'altro che è tipico delle donne, e avrei fatto più fatica a trovare motivazioni convincenti per questa "assunzione di bisogni altrui".
E allora, io che da sempre sono convinta che gli uomini ci debbano a essere, nelle "nostre" lotte, che oggi in particolare sono convinta non solo che più siamo meglio è, ma che l'attacco ai diritti delle donne è il mandare i carriarmati sul fronte che si pensa più sguarnito e che invece si sta dimostrando il più forte, ecco, io penso anche adesso che sono contenta che i maschietti ci siano, in manìf, nelle meleliste, nelle discussioni. Ma che sarebbe importante per tutte, per chi l'autocoscienza l'ha già fatta e chi ne ha solo sentito parlare, che le donne riuscissero a ritagliarsi degli spazi in cui ri/cominciare il confronto fra donne, lo scambio di esperienze e dubbi e pensieri, le paure e i problemi e le gioie e la solidarietà.
Perchè la difesa dei propri diritti comincia dalla chiarezza su quali siano, nella vita privata come in quella pubblica, e quali invece non si vadano a confondere con i doveri.
E i "doveri" delle donne non sono ancora uguali a quelli degli uomini, checchè ci piaccia pensarne e pensarci.
Il cominciare, anche, a capire quali verità si nascondono dietro le parole: chè ognuno di noi ha bisogno di gettare ogni tanto qualche preda viva ai mostri del dentro, ma le donne ne hanno sempre un po' più bisogno. E di solito sono più brave con le parole, per non parlare di quanto sono brave a giustificare tutti, comprese se stesse. a meno che non si autocrocefiggano, che lì sono ancora più brave.
Così, anche chi ai collettivi di autocoscienza non ci andava, come me, in quegli anni ebbe in regalo una straordinaria lucidità di pensiero, chè tutto quello spaccare capelli in quattro oggi appare ossessivo e strambo, ma ebbe risultati incredibili.
Ci fu davvero, a differenza di quanto era avvenuto perfino in quegli anni nella sinistra anche non tradizionale, un percorso ciclico delle idee, roba che gli stilisti cercano ancora oggi di copiarci. Nei collettivi le idee venivano esaminate e spolpate fino all'osso, discusse ed accolte e rilanciate migliorate. Se vi sembra che io stia facendo del mito provate a leggere "Dalla parte delle bambine" in versione uno e in versione due. io l'ho fatto e secondo me non c'è paragone di lucidità, di linearità di pensiero, a favore del primo: e credo che il merito non sia tutto dell'autrice, ma appunto del gran discutere che c'era.
E poi ci siamo rotti tutti le palle: a ragione, a torto, per autodifesa o per ignavia chissà. E tante cose sono rimaste, tra cui la 194, un po' sono sparite, altre rimaste in bilico per un po' e poi sono state come sommerse da altro. e spesso è difficile distinguere se questo "altro" è roba buena, o schifo consumistico e buonista. ed è difficile come prima capire, da sole, quando parliamo noi e quando i nostri fantasmi.
Io, che mai mi sarei raccontata e snudata nell'animo come mi dicevano si facesse nei collettivi di autocoscienza, io che da sempre affronto questioni e conflitti sulla base del rigorosamente razionale, io che ho provato e provo a capirmi e distinguermi in un cammino personale che spesso tocca - e come no? - il politico ma che rimane individuale, ecco, io penso che invece allora avrei fatto bene ad andarci, alla malefica autocoscienza. Perchè dopo, negli anni, avrei fatto meno fatica a separare le mie esigenze e voglie da quell'assumersi i bisogni dell'altro che è tipico delle donne, e avrei fatto più fatica a trovare motivazioni convincenti per questa "assunzione di bisogni altrui".
E allora, io che da sempre sono convinta che gli uomini ci debbano a essere, nelle "nostre" lotte, che oggi in particolare sono convinta non solo che più siamo meglio è, ma che l'attacco ai diritti delle donne è il mandare i carriarmati sul fronte che si pensa più sguarnito e che invece si sta dimostrando il più forte, ecco, io penso anche adesso che sono contenta che i maschietti ci siano, in manìf, nelle meleliste, nelle discussioni. Ma che sarebbe importante per tutte, per chi l'autocoscienza l'ha già fatta e chi ne ha solo sentito parlare, che le donne riuscissero a ritagliarsi degli spazi in cui ri/cominciare il confronto fra donne, lo scambio di esperienze e dubbi e pensieri, le paure e i problemi e le gioie e la solidarietà.
Perchè la difesa dei propri diritti comincia dalla chiarezza su quali siano, nella vita privata come in quella pubblica, e quali invece non si vadano a confondere con i doveri.
E i "doveri" delle donne non sono ancora uguali a quelli degli uomini, checchè ci piaccia pensarne e pensarci.
2 commenti:
Ecco. Anche oggi i migliori tanto meglio non sono. E anche se poi mi si dice che sono troppo categorica e autoritaria, lo penso e lo dimostro.
E penso che il confronto tra donne e per le donne sia una cosa che ci siamo perse per strada. E che forse e meglio se torniamo indietro a prendercela, credo ne avremo di bisogno.
Giuli (che non ha capito come si mette il nome...)
lieta del tuo sostegno, giuli. e questi disastri di blogger hanno di nuovo cambiato tutto, sulle firme: ma un giorno ci mettiamo lì con calma, chè cresce il tifo per un tuo blog.
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