In un modo o nell'altro, lungo la mia vita un po' di politica l'ho sempre fatta.
Rigorosamente fuori dalle istituzioni, direi sempre all'opposizione, cercando di aderire a posizioni propositive se appena erano possibili. Ho fatto riunioni, assemblee, cortei, raccolte firme, volantinaggi, delegazioni di massa, delegazioni punto, sit-in, interventi, feste campestri e .... e magari c'è qualcosa ancora che non mi viene in mente.
Niente di che, nonostante l'affollamento di cose e modi, chè mai più dopo gli anni '70 ho voluto che la politica fosse un impegno preponderante nella mia vita: non perchè non mi piacesse, chè anzi il dibattito politico, l'elaborazione e anche i vari tipi di azione mi sono sempre piaciuti assai, ma perchè più di tanto... ecco, non è, non è mai stato, il mio mondo.
L'amicae. mi ha definito una volta "l'ideologa della comune-ty" e il termine è azzeccato: non perchè mi reputi davvero un ideologo, ma perchè questo, al massimo, può essere il mio ruolo. Tra libri e sguardi astratti è l'unica dimensione politica che colgo, quella che viaggia sulle idee, sui movimenti e i sommovimenti di fondo, sulle teorie e sulle "nuove prassi", sui dati da cogliere e gli scenari da analizzare. Oltre non vado, e se mi si mette in condizione di dover valutare se è meglio un duepercento di piume o un chilo di mattoni sono già in tilt.
Chè "la politica" per me non è questa: voti, elezioni, rappresentanze, premi, nomi e cognomi, uscenti e trombati, correnti e frazioni sono esattamente la dimensione che odio con tutto il cuore.
Magari perchè appunto non la capisco e finisce che me ne sento un po' esclusa, ma a me sembra di odiarla soprattutto perchè sono convinta, e non da oggi, che i veri giochi si giochino altrove. Nelle sedi delle multinazionali, per dire il posto più ovvio, ma anche nel giardino notturno creato dall'ultimo degli ecologisti, per citare invece quello meno ovvio.
Trovo difficile spiegare a questo punto - visto che il post è già lungo così - come riesco a non avvertire contraddizione fra questo tipo di visione politica e la convinzione che non si debba rinunciare al diritto/dovere di voto, quindi non lo farò: ma questo è un post di dolore, chè questa volta proprio non mi va giù.
Prima di tutto, infatti, non mi va giù che il voto abbia e possa avere, ben più che altre volte anche se tutte le ultime c'erano già andate vicino, solo la dimensione che aborrisco, quella del conteggio e delle alleanze, quella degli scenari dove ognuno di noi ha l'assoluto diritto di prefigurare quello che teme di più e le sue conseguenze nefaste senza che sia possibile smentirlo, quella che finge di credere che davvero saranno i partiti a cambiare le cose.
E mi tocca di crederci anche io, perchè i partiti in qualche modo qualche cosa cambieranno, però lo squallore di non confrontarsi neanche su un contenuto che non sia la classica promessa elettorale - dall'una e dall'altra parte - e di privilegiare comunque le boutades, fa rimpiangere perfino l'inutilissimo mega-programma di prodi.
Io, per dirla in due parole, sono convinta che per il nostro Paese sia arrivato il momento del liberismo: no, non alzate il sopracciglio, finora eravamo quasi riusciti a scamparla. Male, con grosse falle e vistosi strappi, ma niente a che fare con la sanità americana, tanto per dire, o con la povertà strutturale (non solo di soldi, ma di possibilità reali di vita decente) delle aree suburbane inglesi.
L'Italia è sempre stata un "posto di mezzo": non abbastanza povero e arretrato da fare solo da serbatoio di risorse e da spaccio aziendale, non abbastanza ricco per servire a qualcosa. Può permettersi di rimanere nella sua "arretratezza" per un po', magari quasi per sempre: l'industrializzazione è stata quello che è stata, le centrali nucleari si sono arenate, perfino i mac donald's vanno peggio che in altri posti. In compenso cemento e cellulari la fanno da padrone, consumi da parvenus, lussi da poveri che, nel mucchio, vengon bene anche quelli a chi riesce a guadagnarci su.
Arriva un certo punto, però, che da qualche parte le centrali obsolete le devono pur mandare e magari qualcuno si fa i conti che delocalizzare in Sicilia è un po' più comodo che spedire tutto in Birmania, soprattutto se nel frattempo si costruisce un bel ponte e coi soldi che ci girano su si mettono su tanti bei collsentèr e tanto bel terziario, che costa poco e rende tanto, così come le transizioni monetarie e tutti quei bei giri i cui uffici, mi dicono, riempiono già le città di certi paesi dell'America latina. Tanti, tanti uffici con nessuno dentro.
Non pensatela come una congiura: è l'economia, bellezza, dove il liberismo sembra essere rimasta la sola via "praticabile": ne sono convinti, credo allo stesso modo, sia il cavbana che varterone nostro. L'uno perchè di certo gli conviene e sicuro i bisnèssi sono già pronti lì in caso di vittoria, l'altro perchè (come minimo) la sinistra storica sconta la rinuncia al confronto sui temi economici. O forse perchè, da ben prima del crollo del muro, l'economia era esattamente il punto che faceva acqua nelle teorie socialiste, e altro la sinistra non riesce ancora a vedere.
Ecco, tutto ciò mi rende invise queste votazioni - chiamarle elezioni è dire troppo: chè se lo scenario reale è quello che penso io (e ovviamente potrei sbagliarmi, e la rivoluzione esser lì dietro l'angolo) quello che conta è solo parare il più possibile la prossima Calata del Liberismo: tutelarsi, tutelarsi, tutelarsi.
Se la battaglia sembra persa, si gioca in difesa, si guadagna tempo: chè tempo verrà, di questo sono altrettanto convinta. I segnali di resistenza, di opposizione, di vivere "altro" si moltiplicano e manca solo chi li sappia coordinare insieme alle teorie che pure non mancano: non è uno scherzo, ma arriverà il momento in cui si riuscirà a farlo.
E quindi io, di mio, voterei secondo coscienza chi, in questa generale poca rappresentatività che distingue ora i partiti italiani, penso potrà rappresentarmi di più.
Mannò, invece, chè mi tocca star qui a pensare, per esempio, se chi mi rappresenta almeno un po' avrà la possibilità di farlo in caso di vittoria-vittoria delle destre. Oppure se invece non conviene giocarsi il tutto per tutto, contando sulla nostra forza contrapposta a quella del pasticciaccio. E, ancora, calcolare se due voti in più potranno fare la differenza e come mi sentirò se magari la faranno davvero.
Ma qualcuno ha calcolato i costi sulla sanità pubblica di questi patè d'animo? Avvisate Padoa-Schioppa, allertate l'Oms, arridatece la guerra fredda e i suoi blocchi belli ordinati... sarò un'inguaribile romantica, ma mi piacerebbe votare ancora una volta un'idea, foss' anche giusto una, e non solo una faccia o, peggio, un'astrazione numerica o un azzardo speculativo.
Cionon, voterò: come si diceva in una discussione con l'Amico del Cuore, l'Aventino non ha dato ottimi risultati, quando fu scelto, e non sembra il caso di ripetere l'esperienza. Ci ho sempre pensato, a come si devono essere sentiti cretini, dopo, quelli lì dell'Aventino: no?
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1 commento:
gnomodelbalcone, incazzato, disse:
ecco, poi succede che come oggi a Savona picchiano dieci ragazzini che avevano fatto il naso di Pinocchio con la carta per contestare Berlusconi e ti chiedi: "ma quelli dell'Aventino, oltre che cretini, alla fine non si sentiranno anche un po' complici?".
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