venerdì, settembre 21, 2007
AL BUSINESS NON SI COMANDA
bah, del beppegrillo non si vorrebbe più parlare, ma la storia pubblicata oggi dall'Unità è troppo carina, e quindi eccola:
Inizio anni '80, Festa dell'Unità di Dicomano, provincia di Firenze, ed era ancora PCI. Come racconta il protagonista e narratore della storia, Franco Innocenti, cito liberamente, "si cercava sempre di fare un bella Festa, con un ospite d'onore importante. Una volta era venuto anche Benigni, e negli anni molti altri, tutti regolarmente pagati per i loro spettacoli." Quell'anno la scelta cade sul beppegrillo, già famoso ma ancora comico, cachet pattuito 35 milioni.
La sera dello spettacolo vien giù un'acqua che dio la manda - e chi, sennò? - la gente è poca, lo spettacolo un flop, l'incasso è 15 milioni. I compagni cercano di ricontrattare il compenso, il generosogrillo non cede, 35 erano e 35 devono essere.
"La segreteria della sezione- racconta Innocenti - era fatta tutta di giovani. Io avevo 26 anni ed ero l'unico con una busta paga (...) ero stato assunto come portiere." Il papà di Innocenti fa il parrucchiere, la madre invalida al cento per cento, ma l'unica soluzione per poter pagare il cachet è fare un mutuo. E Innocenti, l'unico a cui la banca può concederlo, lo fa: "Anche se non avevo molto di più del mio stipendio e di una vespa 150 di terza mano. Per vent'anni è stato pagato regolarmente quel debito per l'esibizione di Beppe Grillo. Io ci avevo messo la firma, hanno pagato tutti. (...) Non ho mai avuto dubbi che quella che ho fatto era la cosa giusta. Io, come tanti altri, al partito ho dato la mia gioventù, la mia vita. Il costo della poltica per me è questo. Non è mai stato niente di più."
L'articolo non dice se Innocenti è ancora tesserato, ma fa capire di sì. Perciò a lui e ai compagni di Dicomano non andrà, in cambio di un mutuo ventennale, neanche un misero bollino. Che, immagino, si guardano bene dal volere: "I populisti possono dire quello che vogliono - chiosa Innocenti - però a me non piacciono." Come dargli torto?
Colonna silenziosa:
Ho letto: "Imprecazioni e addii" di Manuel Scorza, un Taschinabile di Farenheit 451, edizioni carine. Scritto nel 1955, durante il primo esilio di Scorza dal Perù, un po' si sente. Sono poesie di amore e di lotta, e in verità colpisce di più che una buona parte siano tuttora belle e vive, nonostante una traduzione che ho trovato più volte discutibile. Ci sono un paio di poesie di addio che toccano il cuore e che prima o poi posterò rubando il ruolo al KGgB. Chi non ha mai letto Scorza , morto in un incidente aereo nel 1983, potrebbe farlo: per la mia generazione i suoi romanzi in difesa degli indios e del popolo sudamericano ne fecero un grande, ora sarei curiosa di sapere che effetto fa.
"Il morto che non riposa" di Guy Cullingford: un giallo di quelli che piacciono a me, praticamente senza morti nè terrori nè rumori nella notte che possano alimentare la mia insonnia. Carino con tutte le sue robe inglesi ( è stato scritto nel 1953) e una famiglia irreprensibilmente disastrata, merita la citazione più che altro per la collana: sono quei librotti rossi di Polillo Editore che raccolgono gialli di qualità, e in genere meritano anche come livello di scrittura. Ah, la firma è lo pseudonimo maschile di una scrittrice e poetessa, Costance Lindsay Taylor, peraltro qui sconosciuta.
Ho finito: "Come parlare di un libro senza averlo mai letto" di Pierre Bayard. Mah. Intelligentissimo, le sue riflessioni sulla collocazione interna ed esterna di un libro sono davvero illuminanti in molti punti e belli sono anche i nanetti che racconta per illustrare le sue tesi. E' uno di quei libri che quando li leggi ti metti a discutere mentalmente con l'autore: e ciò può essere stimolante (e lo è), ma secondo me è anche un indice che l'autore ci mette un po' troppa spocchia. Voluta, forse, che tutto il meta-libro è provocatorio proprio perchè dice cose giuste e verificabili in ogni lettore, ma insomma. Solo per quelli a cui piace la discussione per amor di discussione, direi, ed è un peccato.
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