martedì, settembre 11, 2007

11 SETTEMBRE 1973

con un grazie alla talpa che fa caso al calendario, posto l'ultima canzone di Victor Jara. Per chi non lo sapesse, fu il cantore delle speranze del governo Allende e morì nello stadio di Santiago dove furono rinchiusi tutti gli oppositori al momento del golpe. Prima gli spezzarono le mani. E lo torturarono, come vide sua moglie quando andò a recuperarne il cadavere, lasciato lì in fila insieme agli altri. Aveva fatto in tempo a scrivere quest'ultima canzone.













Versione italiana di Riccardo Venturi (2002)
ESTADIO DE CHILE

Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.

Sei dei nostri si son perdi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl'importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c'è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.

Ma all'improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.

Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.

4 commenti:

e.talpa ha detto...

occavolo, streganocciola!
fossi stato meno ignorante, avrei inserito questa nella mail che ho mandato invece che i nomadi...

Anonimo ha detto...

Grazie. E' bene ripetere le cose nostre, di questi tempi.
Come ieri sera, Lou Dalfin, che ha finito lo spettacolo alla Festa dell'Unità ringrazianto - oltre ai tecnici e agli strumentisti - Antonio Gramsci, che l'Unità aveva fondato nel 1924.
Solo ad usum scaìni: quanto ce l'aveva lungo Antonio Gramsci quiz?

lastreganocciola ha detto...

@ e.talpa: be', intanto hai fatto cosa buona e giusta mandando la mail, e il mio post va a integrazione. si collabora, no?

Anonimo ha detto...

Ecco, il mio contributo alle 2 discussioni insieme si chiama Edwin Dimiter Bianchi, detto il Principe. Torturatore e assassino di Victor Jara al estadio nacional.
Ovviamente impunito, ovviamente sputtanato (funado) dal movimento funachile. Loro dicono: si no hay justicia, hay funa. Beppe Grillo dice: se i partiti fanno schifo, aboliamo i partiti.
E tenute le debite distanze tra le due cose... non è giusto che non ci sia giustizia e non è giusto che i partiti facciano schifo. Forse si dovrebbe lavorare sul presupposto di partenza. Perchè el futuro se hace a mano y sin permiso.
Vabè... consiglio un giretto su www.funachile.cl per chi ancora non l'ha mai fatto.
Giuli