martedì, marzo 16, 2010

PROZAC NO GRAZIE


Va bene, scusatemi, forse non dovrei citare lodi smaccate a uno dei miei totem.
Ma leggo questa pagina in "Natura come cura", pessimo titolo per uno strano libro che racconta di boschi e di paludi, di felci e di tassi, di rondini e gru, e ve la copio:

"Ci sono poi alcune specie di gufi il cui numero è andato così diminuendo che molti oggi non ne hanno mai visto un esemplare in libertà. E' una perdita su cui quasi nessuno ha versato lacrime. Pochi uccelli possiedono una bellezza così profonda, una struttura così elegante e uno sguardo tanto penetrante. Ma la loro scomparsa non è solo una catastrofe estetica. In ecologia i gufi sono classificati come "superpredatori" e il loro benessere è un indicatore attendibile dello stato di salute di un ambiente. Il barbagianni, secondo me, è anche un indicatore dello stato culturale di un popolo. Il significato del loro volo attraverso i campi è chiaro, riconoscibile da tutti a livello inconscio: è equivalente alla consacrazione del terreno, o alla delimitazione di un confine tra luce e oscurità, testimone del fatto che in natura tutto è in ordine. Gli uccelli migratori che tornano nella bella stagione simboleggiano il rinnovamento, i gufi la continuità. Se spariscono ci manca un po' la terra sotto i piedi."

Qui da noi, dove la (in)cultura cattolica ha picchiato nel profondo, gufi e affini non sono amati - erano, con i gatti neri e i pipistrelli, gli animali delle streghe, come si sa - e se ho scelto questo pretesto per parlare del libro, è anche per fare parziale ammenda a questi animali così affascinanti.
Il libro è poi la storia - assai confusa, a dire il vero, nella sua cronologia, ma non è importante - di una lotta alla depressione: e dato sì che l'autore, Richard Mabey, di mestiere fa il divulgatore naturalista, la Natura diventa sua alleata nella battaglia.

Non si può fare a meno di pensare che gli spaghetti potrebbero essere gli alleati di un pastaio, o il risuolare di un calzolaio, chè ovviamente è il saper ritrovare una passione il punto nodale.
Rimane il fatto, però, che Mabey su tutto ciò riesce a scrivere un libro pieno di cose delicate come piume e consistenti come radici: entrambe difficili da scorgere e da raccontare, e tuttavia piene di incanto per chi ha voglia di guardarle.
Mabey non è mai lirico, e al suo libro non mancano la dimensione quotidiana o quella delle storture del mondo. Pur senza essere scritto grandiosamente, però, a me pare un libro capace di rasserenare: e di questi tempi non è poco.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Gidibì dixit:
Il tuo citarandom di oggi dice: "Non accontentarti del troppo, è sempre troppo poco". E' vero che l'autore è Paperon de Paperoni ma, a leggere questo post la chiave di lettura è un'altra: per quanto, tanto, troppo riesci a dare/mi/ci è sempre troppo poco.

Riconoscibilmente anonimo ha detto...

le prossime due lire vanno per questo libro. Assicurato.

Grazie mille

^_^

Riconoscibilmente anonimo ha detto...

p.s. Concordo: nulla in natura supera gufi e barbagianni in armonia, bellezza e sacralità.

lastreganocciola ha detto...

@ R. A.: leggerlo "da competenti" dev'essere anche meglio, già.