martedì, marzo 16, 2010

LO SVIZZERO CHE RIDE


Emperocchè il silenzio genera silenzio - e forse questa regola del blog potrebbe usarsi per spiegare la roboante e fragorosa politica dell'opposizione italiana - quest'oggi non avrei voluto lasciare questa bacheca senza messaggio alcuno, chè l'assenza perdura da lungo tempo ormai.
In ispregio di più facili temi quali l'impudenza del potere che non lesina sortite sulla scena, o l'appropinquarsi di momenti fatidici dell'urna, avevo altresì scovato un semplice trastullo per le vuote ore d'ufficio, che avrei qui sotto illustrato con dovizia d'esempi, giacchè uno svizzero che celia è considerato strano assai, e di uno svizzero si tratta.
Che per celia, appunto, si burla di se stesso e di quei pregiudizi che se riguardano altri - purchè più lontani - son razzismo, e se invece gli svizzeri, son frutto sol di simpatia canaglia. La nostra, si intende, che italiani brava gente e gli svizzeri, invece, non sono io che son razzista son loro che son svizzeri.

Ursus Wherli, così si noma l'elvetico giullare, si prende duqnue in giro da sè ancor prìa che lo facciano gli altri - vecchia usanza ben nota ad alcuni popoli - e lo fa col metter ordine dove regnan disordine e follia per eccellenza. Nella stanza di Van Gogh, ad esempio, fra gli omini di Magritte e i puntini di Seraut.
Il risultato, assai carino, lo potete vedere qui su Focus.it che, aduso alle furbizie, non ci regala esempi fuor dal sito suo.
Ma ancor più l'opra potrete gustare nel libro, a quasi modico costo, con prefazione perfin di Stefano Bartezzaghi.

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