martedì, marzo 02, 2010

PRIMAVERA NON BUSSA

Tempo due giorni, la primavera è arrivata. Se ne sentiva già l'aria anche attraverso la pioggia, l'altra mattina, quando ho guardato i due salici sotto la mia finestra e ho visto i rami più alti già belli verdini. Ma oggi, sembra di colpo, sono verdi tutti i rami.
E perfino io, che amo le giornate brumose e la pioggia e le nubi viola che qui sembrano vicinissime, perfino io sono contenta che arrivi la primavera, dopo quest'inverno in cui non ha smesso di piovere mai.

Sono contenta perchè da giorni, pur sotto la pioggia che appunto non mancava, mi bastava affacciarmi alle finestre per vedere l'anziano giardiniere potare i rami del cipresso nel giardino vicino, arrampicato su una lunga scala, mentre un giovane giardiniere tagliava preoccupato le foglie dell'agave in un altro giardino e l'omino del playmobil che lavora qui nella Rocca andava avanti e indietro impegnato in attività misteriose ma assidue, con il suo passo cadenzato e la coda di cavallo ballonzolante sulla schiena.
Di gatte incinte, segno sicuro di primavera, ne ho già viste due: si aggirano frai aiole e cancelli, annusando con calma e tuttavia un po' nervose, come noi tutte nell'imminenza dei parti. Il bulldog sul prato, invece, si era imprigrito nell'inverno e ha fatto appena una corsetta quando l'hanno liberato dal guinzaglio, per poi sedersi sull'erba con i gomiti uniti, come un bambino nel banco che non ha sentito la campanella della ricreazione. Ma questo succedeva stamattina, con le lucertole già sul muro vecchio della villa di fronte, e il giardiniere - quello anziano - per seminare un pezzettino di orto, si era seduto lì al sole e pareva quasi che accarezzasse la terra mentre la sua mano sfiorava i solchi, lasciando cadere i semi.

Una coppia di pappagalli grandi - chè ci sono quelli piccoli e quelli grandi - ha messo su il suo verde più splendente e sfreccia fino al pino, posandosi sui rami con energia, come una giovane coppia di umani che arrivi alla sua prima casa a bordo dei due rispettivi motorini, prima uno e poi l'altro, frenando all'ultimo. E lì sotto c'è un cespuglio di rami secchi, tutto aggrovigliato, che io credevo un accumulo dei giardinieri e invece si è ricoperto di gemme pelose, chissà cosa ne verrà fuori. Non che questo importi - o forse sì - a certi piccoli uccellini che da lì escono volando rasoterra, marroncini e frullanti, mentre le gazze bianche e nere si posano invece sui rami più alti degli alberi con la pacatezza di suore superiore che scivolino sui pavimenti del convento.
Ma è inutile, tutte le descrizioni non riescono a mettere insieme la primavera, a raccontare i colori che improvvisamente brillano, a definire il pungere morbido dell'aria: ma io guardo, e questo piccolo pezzo di alberi e animali, pur così addomesticato e ristretto, riesce a ridarmi i ritmi che sono anche dell'uomo, quelli che macchine e asfalto e cemento e gente su gente riescono di solito a cancellare. Quel crescere e cambiare di cui rifiutiamo la fine, che tuttavia guardando un albero riesce a sembrare un po' più naturale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

ecco, senti, non ho commenti, perchè hai già detto tutto tu, da togliere le parole. ma una roba così, così alta e così senza commenti, ecco, non mi sembrava giusta.
gidibì