martedì, marzo 03, 2009

LAVORATORI ATIPICI

Il contrabbando, dalle parti da cui provengo io, era un'attività normale, praticata da cittadini che per tutto il resto non avrebbero mai commesso un'infrazione alla legge. Fra loro, mio padre. Dadi da brodo, cioccolato, calze di nylon e sigarette: merci costose in Italia e molto meno in Svizzera (anzi, "in Isvizzera", come si diceva allora), su cui il guadagno era forse modesto ma sullo stipendio di uno statale faceva la sua differenza.
Mio padre, però, non faceva lo spallone: di loro canta Davide Van De Sfroos - il suo concerto è domani sera, neh? - e sono sempre un po' bulli, furbi e ingenui allo stesso tempo. Inevitabile fare il tifo per loro, che con la gerla in spalla ( o con addosso la Lacoste, come il Cimino del Davide) andavano su e giù per i sentieri che costeggiano il lago di Como, attenti a sfuggire le pattuglie della finanza.
Agli spalloni credo che mio padre dovesse la vita: quasi certamente fu grazie a loro che riuscì a "passare " in Svizzera dopo l'8 settembre, e a fare il resto della guerra come internato. E, chissà, forse erano spalloni comunisti, come mio nonno: che perfino nella rigidissima morale comunista di allora il contrabbando non poteva essere reato.
Quando io ero ancora piccola, un'estate andammo a trovare un tipo, su per la montagna al confine. Mio padre non ci disse perchè nè cosa lo legava a quel contadino, che ci accolse continuando a dar da mangiare pezzi di verme al suo merlo, ma fra mio padre e lui corse una strana e burbera gentilezza, di poche parole in dialetto, come un riassunto di qualche anno di vita. Ma questo fu dopo, chè quando mio padre chiese, sul limitare dell'aia, se era in casa il Giuàn (o l'Enrico, o il Giangi che fosse, non so più) non gli dissero nè sì nè no, ma solo "Chi lo cerca?"


A modo suo, la Calamity Farm rende omaggio a questa, e ad altre, storie di spalloni.



Nel campo lungo, il drammatico avvistamento degli spalloni da parte della finanza
Nella seconda scena, invece, il dialogo fra i due spalloni suona così: "Orpo, Giuanìn, te l'avevo detto che il Toblerone c'era mica la convenienza! E per di più si vede da lontano, varda lì la finanza che arriva, orcamadosca!"

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Orcamadosca!

E' una vita che non lo sento dire, neh?

^_^

Anonimo ha detto...

Ah, tra l'altro, vorrei espriemere stupore per la rappresentazione epocale dei due rami del lago...

lastreganocciola ha detto...

grazie del complimento allo scenografo :-)), e sono contenta che orcamadosca serva per datare la cosa: sono andata ad orecchio della memoria...

lanessie ha detto...

Meraviglioso! E lo dice una che ha ancora addosso la puzza di treno lombardo, eh!
:-)
(quasi quasi non mi lavo fino a domani sera, in onore del Davide...
:-)

Anonimo ha detto...

No, lavati, neh? Che il Davide dal palco mica ti sente ma noi dalla fila attigua sì.