sabato, maggio 29, 2010

COSE BUONE DAL MONDO


Come forse vi sarete accorti, voi tre e mezzo affezionati lettori, la fotografia è l'ultima delle mie passioni. Sto perfino quasi seguendo un quasi corso: io arrivo lì con la mia piccolissima, fantastica Lumix ("la più bella delle compatte", dice il quasi maestro Andrea) e me ne sto in un angolino a guardare come si incasinano gli altri con le loro megagalattiche reflex, ma questa è come al solito un'altra storia.

La storia di oggi, invece, l'ho trovata sul blog di Repubblica tenuto
da Michele Smargiassi e dedicato appunto alla fotografia: racconta di fotografi professionisti che, riuniti in un'associazione internazionale ma agendo in modo autonomo, regalano un ritratto a chi non si potrebbe mai permettere una foto migliore di una squallida fototessera.
Immigrati, homeless, ospiti delle case di riposo o di altre strutture di accoglienza... persone, insomma, il cui senso di identità è spesso vacillante diventano protagonisti di una seduta di posa in cui non vengono usati per documentare nulla, ma semplicemente fotografati al loro meglio.
Il video, qui sotto, che documenta alcune iniziative di Help Portrait , è commovente: "Fotografare, nella nostra cultura, almeno fino a quando l’ubiquità dei fotofonini non avrà demolito anche questo, è attribuire valore - scrive Smargiassi - Ti fotografo, dunque ti trovo interessante, bello, degno di essere guardato. Il dono vero è questo, più che la consegna materiale, qualche giorno dopo, del ritratto ben stampato e incorniciato."
Com'è ovvio, l'associazione si è data regole per evitare che i ritratti possano deviare in un qualsiasi sfruttamento commerciale, ma anche così non mancano le polemiche: chi è senza una casa, si rimprovera in sostanza a Help Portrait, certamente non ha come prima necessità una foto.
C'è del buon senso nell'obiezione, ma qualche volta il buon senso è grigio e finisce per perdere di vista le cose importanti della vita.
La mia generazione, che aveva storie e storiazze della Seconda Guerra Mondiale ancora relativamente vicine, ha fatto in tempo a sentirsi raccomandare il "mantenere la propria dignità in ogni occasione" , così come si diceva che facessero gli inglesi presi prigionieri dai nazisti, facendo ginnastica tutti i giorni nella cella due metri per due.
Aspetto fisico e fermezza d'animo venivano a coincidere, senza che però ci fosse ancora tutta la contaminazione commerciale che è venuta in seguito e che ha trasformato la piacevolezza estetica umana in paranoia. Anche così, fu il '68 a mettere in discussione quell'idea di dignità: nella quotidiana vita borghese finiva infatti per trasformarsi spesso in ipocrisia dell'apparenza, in tirannia dell'aspetto "ordinato e perbene" senza il quale non si poteva presentarsi al mondo. E, benchè quell'idea e quella tirannia si siano fortunamente modificate e stravolte e frantumate, da allora, uno dei modi più sicuri per riconoscere le persone che la vita ha duramente manganellato rimane ancora oggi quello dell'aspetto, di quel porgersi agli altri a cui non si riconosce più valore perchè non si riesce più a dar valore a se stessi. Ecco allora che un ritratto fatto come si deve, con tanto di luci e trucco discreto e scatti professionali, diventa l'equivalente della ginnastica degli ufficiali inglesi: non fa miracoli, ma aiuta a conservare o a ritrovare, il rispetto di sè, un aspetto troppo spesso trascurato anche da chi ha buone intenzioni. E che a volte, quello sì, può fare miracoli.


2 commenti:

Quèl'anonìm ha detto...

Il "ritratto fotografico" ha la peculiarità di tirar fuori la parte più dignitosa, nobile e fiera delle persone. Che siano senza denti, spettinati o straccioni. Per questo la trovo una delle notizie più romantiche degli ultimi tempi. Grazie della segnalazione.

kiri ha detto...

non so esattamente chi, forse i musulmani di una volta, non consentivano che un fotografo li ritraesse perché temevano che lo scatto avrebbe rubato loro l'anima. il che, nella sua assurdità, la dice lunga sul valore di un ritratto fotografico...