martedì, gennaio 12, 2010

SPECIALITA' NAZIONALI


Sarà un commento superficiale, ma il fatto è che noi, oltre ai problemi di tutti, ci abbiamo anche quella della mafia, camorra, 'ndrangheta che si dir si voglia.
Le miserevoli e vergognose condizioni di vita e lavoro dei braccianti del terzo milennio erano già state descritte da Felicity Lawrence in "Non c'è nell'etichetta", un libro che tutti dovrebbero leggere per sapere che valore si può dare, oggi, a parole come "alimentazione"e "igiene", ma anche "diritti" ed "equità".

Il libro è uscito nel 2005 e la situazione descritta, in tutto simile a quella di Rosarno e dintorni, è quella inglese. Lawrence sostiene che la realtà non può che esser così, allo stato attuale delle cose: il sistema della grande distribuzione - leggi supermercati, e poco importa che siano di destra o di "sinistra" - può sopravvivere e prosperare (nonchè garantirci la presenza dell'abbondanza di cibo che siamo abituati a considerare normale) solo se c'è chi raccoglie grandi quantità di frutta e verdura quando sono pronte.
E dato sì che l'agricoltura non è più quella di un tempo (e neanche un tempo, comunque, la stagione di qualsiasi frutto durava poi così tanto) e i sistemi agricoli garantiscono la più o meno maturazione di tutto nello stesso periodo, ci vogliono grandi quantità di lavoratori per garantire grandi quantità di prodotti.
Lavoratori che, è ovvio, mica possono stare il resto dell'anno a farsi pagare per nulla, magari in un posto dove non cresce più niente. E lavoratori che, è ovvio, non possano pretendere di essere pagati il giusto, sennò il guadagno del supermercato - che, per definizione e status è perennemente in concorrenza con gli altri supermercati, e tutti puntano sul ribasso dei prezzi - e delle filiera correlata dove va a finire?
Non che per le altre robe, ormai, le cose funzionino diversamente, quanto a sfruttamento dei lavoratori: ma il peggio della frutta e della verdura, rispetto ad altri prodotti, è che deperisce in fretta e può diventare una perdita secca.
I supermerecati, infatti, tendono a scoraggiare il consumo di questi generi deperibili e anarchici: non è un caso che frutta e verdura ormai costino ben di più della carne, nonostante i contadini non navighino propriamente nell'oro.

Quindi, detto in breve, ecco che vien bene che ci sia una massa di gente che sta lì ad aspettare il lavoro, vivendo di niente sparsa nella vicinanze, e qualcuno che raccolga la gente che raccoglie, ogni giorno un certo tot. Questo qualcuno qui da noi si chiama "caporale", in England non so, ma c'è uguale.


Ora, io non so se anche nella zone descritte da Lawrence ci sono state, prima o poi, tensioni razziali: probabile che sì, il degrado fisico e psichico di alcuni è quasi sempre in stretta correlazione con il degrado morale di tutti.
Ma è facile intuire come una massa di diseredati del tutto simile a quella che vive e lavora anche in altri Paesi occidentali, ma da noi immersa in quella realtà di rancorosa arretratezza in cui da sempre viene tenuto il nostro Meridione, dia risultati esplosivi.
E c'è chi ha tutto l'interesse a maneggaire esplosivi con disinvoltura: se la vicenda della munnezza napoletana è stato uno dei grimaldelli con cui far cadere il governo Prodi, la rivolta di Rosarno può servire a qualcos'altro.
Cosa, ora io non so: ma pare che la violenza sia stata scatenata da due notizie false, diffuse ad arte fra gli uni e gli altri, l'uccisione di un bracciante nero e la morte di un ragazzo bianco nei primi scontri. E sono tantissime le
voci e le testimonianze di come la criminalità organizzata si stesse impadronendo del territorio e di tutti i gradini della produzione e della distribuzione agricola, a Rosarno e altrove.
Dinamite umana, così sono sia i bianchi che i neri, gli italiani e gli stranieri di Rosarno: basta agitarli un po' per ottenere un bel botto. E a chi, o a cosa, serva il botto forse noi non lo sapremo mai. Non per questo, è ovvio, il razzismo dimostrato dagli italiani è giustificabile: due scuri non fanno un chiaro, dice il GGG, e non parla del colore della pelle.

Ma, si torna sempre lì, razzismo, ignoranza, biechi interessi e sistema economico pervertito non sono un'esclusiva italiana: il tener la gente perennemente in ansia, perennemente ricattabile è, invece, una specialità che il nostro Paese coltiva prima di tutto con i suoi cittadini.
E abbocco alla provocazione del brother aggiungendo che certo non è etico che ora al posto dei neri arrivino i rumeni: da che mondo è mondo, la storia ci insegna che chi prende il posto di un poveraccio sarà poveraccio due volte. Nello specifico, un giornalista dell'Espresso lo raccontava già tre anni fa, e grazie alla stranastrega che ha ritrovato l'articolo.

E allora? Al boicottaggio no, non ci credo: come tante cose lanciate su facciabuco è desolatamente demagogico. O crediamo che i mandarini siciliani o del Brasile siano ottenuti con minore sfruttamento?
Io penso che la cosa più sensata che potremmo fare - dal momento che fare, per reagire a questa ulteriore vergogna, bisogna pur - sarebbe sostenere, nelle nostre rispettive possibilità, chi si oppone alla mafia, allo sfruttamento degli uomini ma anche delle terre, all'illegalità e alla violenza. E chi fa qualcosa per rimediare concretamente: queste persone ci sono, dai valdesi a
Medici Senza Frontiere, da alcune realtà Arci ad altre libere e coraggiose associazioni, basta guardare sul gugòl. Hanno tutti bisogno di sostegno, spesso economico, ma io credo anche morale: se davvero non potete privarvi del caffè, forse una mail per farli sentire meno soli può servire.
E se però volete sentirvi impegnati anche in modo più politico, il migliore è quello di evitare la produzione industrale del cibo: comprate attraverso i Gas, comprate dai contadini doc, imparate almeno a riflettere su ciò che mangiate. Senza sentirvi in colpa su un mandarino, ma cercando di cambiare, poco alla volta, il vostro modo di rapportarvi al cibo: chè non sembra, ma da lì passano un sacco di cose, anche il razzismo.



7 commenti:

paolino ha detto...

strega, perdona se metto dei numeri sul tuo blog, però. Le arance calabresi, dice la coldiretti, vengono pagate al produttore circa 27 centesimi di euro il chilo. Dal besagnino in media costano un euro e cinquantacinque al chilo. La produzione di arance calabresi, secondo l'istat, è di 823.992 tonnellate all'anno. Se prendiamo buona la stima di 1000 migranti "occupati" nella raccolta e diciamo che lavorano ciascuno dieci ore al giorno per duecento giorni a venti euro al giorno, sono 40 milioni di euro. L'incasso complessivo dei produttori (semplificando molto) è di 222 milioni e mezzo, l'incasso complessivo al "dettaglio" è un miliardo e trecentomila euro. Il costo dei raccoglitori oggi è il 17% per i produttori, ma il 3% sul totale. Cosa vuol dire? Vuol dire che se li pagassero invece che 2 euro l'ora 8 euro l'ora, come un animatore del festival diciamo, cioè 4 volte quello che guadagnano adesso, il prezzo medio delle arance passerebbe da 1,55 euro a 1,64. Dieci centesimi al chilo non mi sembrano un freno pazzesco alla grande distribuzione. E il di più lo paga così il consumatore. Quasi certamente ci sono margini fortissimi dove ritagliare, per cui quasi certamente è possibile fare in modo che non ci siano impatti sul consumatore. Questo perché prezzo di costo e prezzo di mercato, per quanto controintuitivo, non sono che lievissimamente collegati.
Questo bel discorso, peraltro, è tutto teorico, ché ci sarebbero conseguenze complesse ad attuarlo, come il fatto che un lavoro a 8 euro l'ora garantiti per raccogliere arance probabilmente lo farebbero molti più italiani, essendoci un forte incentivo ad accettare quel lavoro. O il fatto che farebbe aumentare la concorrenza "tra poveri", ma senza la possibilità di ritoccare il prezzo in basso per arrivare all'equilibrio.
In sintesi, l'unico modo ottimale per risolvere il problema sarebbe, credo io, eliminare la 'ndrangheta e permettere ai migranti di entrare senza preclusioni o pregiudizi nel mondo del lavoro. Ma questo darebbe molto fastidio a molti... Ma questa è un'altra storia.

lastreganocciola ha detto...

be', arriviamo comunque alla stessa conclusione, mi pare.
il fatto è che parlando del "guadagno dei supermercati" ho semplificato di molto, lo ammetto: in realtà il guadagno su ogni chilo di roba se ne va in mille rivoli (che nel caso specifico si denuncia siano tutti controllati dalla 'ndrangheta, appunto, ma che ci sono ovunque e da qui le battaglie per la filiera corta e i prodotti locali). L'imnpatto delal grande distribuzione è in verità assai complesso, perchè la strategia che la anima è quella di arrivare a un controllo generale dei consumi: dunque l'operazione "acquisto-vendita" non è per niente lineare e, a seconda dei prodotti, può essere anche a guadagno zero. ma ciò non modifica la necessità di pagare sempre il meno possibile chi produce: sai come si diceva di chi trattava bene gli schiavi, no? Non è paranoia o una visione persecutoria del mondo: è che il libero mercato, oltre a non essere per nulla libero, è necessariamente spietato, anche se spesso non è facile individuare quale necessità lo muova.

paolino ha detto...

mmm dunque...
La grande distribuzione ha le sue dinamiche, ma la cosa importante è che ci sia posto per tutti per tentare la strada per il successo. Vedi, la questione cruciale è che i gas o la filiera corta, o la vendita dei prodotti locali può esistere solo in un regime di libero mercato... Il capitalismo, soprattutto, è democratico: se la raccolta delle arance com'è fatta ci fa schifo, basta non comprare più arance. O andarle a comprare a filiera corta e raccolte da italiani ben pagati. Se le dinamiche della grande distribuzione ci fanno schifo, basta non andare nella grande distribuzione. Non pensi?

lastreganocciola ha detto...

ma dunque è vero, che basta abitare in Lombardia per subire una mutazione in bieco capitalista! E io che non volevo crederci!
No, brother., non mi pare no: se fosse così semplice il tutto a che servirebbe la pubblicità, le associazioni poltiche e non, la corruzione, le violenze sui contadini e sui lavoratori, la polizia e i vigilantes? Ma lo so che mi stuzzzichi e io ci casco, non parlerai mica sul serio...

paolino ha detto...

Strega, con calma. Allora. La lombardia non c'entra niente, lo giuro.

Le associazioni politiche e non, le confederazioni, gli ordini e gli albi, la polizia e i vigilantes, con il libero mercato non c'entrano una cippa. Anzi, ne sono rappresentazione opposta. La corruzione entra nel sistema, ma danneggia il libero mercato anzichenò, ed è da evitar come la peste per far funzionare il tutto. La pubblicità è una cosa un po' più complicata, e a seconda di come si fa e del messaggio che si fa passare può essere bene o male. Ma anche la propaganda socialista, no?

Il fatto è, strega, che i punti etici e morali e politici miei e tuoi sono molto simili, ma dal punto di vista economico idealistico io dico che forse il capitalismo non è così male come viene dipinto.. Francamente non mi sento fascista, bieco, bastardo usurpatore o profittatore. Anzi, proprio il contrario... E tutto un discorso che mi piacerebbe fare è su come gli ideali di sinistra si concilino molto meglio con il capitalismo che con il socialismo. Ma questa è un'altra storia.

lastreganocciola ha detto...

ah, ok, così non concordo lo stesso ma va molto meglio :-)
e la discussione prima o poi la faremo, penso. anche se per discutere tutto ciò che ci perplime e ci angustia in questo periodo dovremmo probabilmente rinchiuderci in apposito luogo per un annetto o giù di lì.

paolino ha detto...

giaggià... anni e anni... e per la maggior parte delle cose (ma non già su questa), anche una discreta scorta di magnesia... ;)