mercoledì, gennaio 06, 2010

AH, L'AMOUR


E quindi, iniziare l'anno sul blog con un post che parla dell'amore non mi sembra neppure malaccio, no? Certo, parlare dell'amore è un rischio, soprattutto con trent'anni - quasi - di matrimonio alle spalle. Ma le mie saranno solo riflessioni sparse, una specie di esercizio di scrittura, niente di personale insomma. E' che, un po' per accademia un po' per silente partecipazione a fatti altrui, da un po' mi sforzo di definire qual è la misteriosa qualità che ci fa pensare che una storia d'amore sia buona e bella.
Dice: be', ma tutte le storie d'amore lo sono, sennò che storie d'amore sarebbero?
Ecco, no. Mica vero.
Ci sono storie d'amore esaltanti. Ce ne sono di morbose. Ci sono quelle rassicuranti e quelle fiacche, quelle esasperanti e quelle lacrimose. Ci sono le storie destinate a finire e le storie che si trascinano tra un addio e l'altro. Posso continuare per ore, ma chi legge ci è già arrivato da sè: ognuna di queste storie può esser bella e buona, perfino quella destinata a finire, ma non necessariamente lo è.

Le storie d'amore esaltanti, ad esempio, quelle che è come essere sempre un po' ubriachi: sono magnifiche, no? Un attimo si ha voglia di gridare di gioia, l'attimo dopo ci si sente eroici addirittura, passa un minuto e tutto il mondo, là fuori, sembra strano e irreale, le notti folli... ah, nessuno le ha mai avute tanto folli!
Com'è come non è, se le pensiamo in astratto lo sappiamo tutti che una storia d'amore così di solito non è una storia buona e bella. Sembra magari che ci sia un po' di invidia, quando guardiamo con diffidenza l'amica - difficile che sia un amico, neh? - che ci conta tutta la sua esaltazione: e magari l'invidia può anche esserci, ma insomma lo si vede lontano un miglio che vai a farti male, no? Può valerne la pena, certo. Soprattutto se l'esaltazione non impedisce la lucidità, chè ognuno ha piacere di scegliersi i suoi rischi, già.
Troppo spesso, troppo facilmente, invece, a noi stessi raccontiamo delle gran storie. Non tutta la colpa è nostra: in parte, a raccontarle è quel malefico Istinto di Sopravvivenza a cui di noi, come individui, non frega niente di niente, quello che gli interessa è la Specie e il suo riprodursi. E' un istinto tanto scemo che scatta anche fra i gay, invece di lasciare in pace almeno loro, e si affida agli ormoni e ad altre robe ancora più inaffidabili: magari agli edipi, agli irrisolti, ai primi amori mai lasciati del tutto, al primo bacio del cuginetto, al richiamo dei rotolini di ciccia sui fianchi... robe così, pensa te.
Ci si casca sempre, alle balle che raccontano gli ormoni e i loro alleati: per un po', ci casca chiunque, ovvio.
Ma neanche gli Istinti della Specie possono raccontare bugie a tutti per tutta la vita, chè un po' di Libero Arbitrio in genere rimane. Così, ecco, il difficile è proprio lì, nello stare nell'angolino del Libero Arbitrio mantenendo un po' di lucidità. Non troppa, altrimenti è un guaio. Ma anche troppo poca non fa mica bene, appunto.
Quanto è troppo, quanto è troppo poco? Cosa è buono, cosa è bello? Come nelle ricette di chi ormai in cucina ha ormai imparato a starci anche se non è un drago, le risposte vanno a buon senso più che a precisione: ci sono storie d'amore che richiedono giusto un pizzico di sale e quelle che almeno una buona presa.
Io ho pensato due cose, giusto per provare a essere un po' più scientifica: una buona storia è, per esempio, quella che ti fa fare buone cose. Non cose in più, o continuamente cose: magari anche, ma soprattutto "cose buone". Se invece le cose buone le fai di più quando sei solo... mmm, già non è tanto una storia bella e buona, direi. (i patiti dell'autonomia a tutti i costi sono pregati di non fraintendermi, che non di quello si parla).

Seconda cosa è la limpidezza: ci sono storie d'amore che non gli daresti un soldo, epperò ti accorgi che non ti senti di parlarne male. Io credo che sia per questa loro qualità ineffabile, un'involontaria glasnost, un qualcosa che ti fa pensare a biscotti fatti in casa: anche se i protagonisti magari non ci piacciono neppure granchè, o se sono un designer e un'astronauta. Ultima cosa, e per me la più importante, è una roba con la coscienza e l'amor proprio: io credo che, nel fondo, quali storie ci faranno male lo sappiamo. Ancora di più, io credo che ognuno di noi sappia benissimo - da subito o quasi - che quella persona sì, proprio quella che ci attrae così tanto, è la persona sbagliata. Ci si sbaglia sulla persona giusta, raramente ci si sbaglia sulla persona sbagliata.
Ciononon, in quella che è stata definita la lotta tra la Ragione il Cuore, è difficile che sia la prima a vincere, lì per lì: e quando la Ragione non c'è, si cerca di darsi delle Ragioni, a tutti i costi. Spesso sono Ragioni validissime, sacrosante: salvo che non hanno niente a che fare con quella storia, con quella persona. Tipo "ho i diritto di vivere la mia vita", per capirci.
Sissì, visti da fuori, siamo tutti un po' buffi e un po' tonni, nelle storie d'amore.
Ma quando cominciamo a fare le cose un po' di soppiatto - che non vuol dire di nascosto, o fingendo alcunchè, ma insomma, ecco, son più i momenti che non si ha voglia di parlarne che gli altri - quando anche gli amici per non parlar dei parenti ci fanno sentire un po' a disagio, stronzi che sono, anche senza fare o dire nulla, quando insomma tocca ammettere almeno in qualche momento che la vita si è fatta più pesante invece che piacevole e leggera come ci si aspetterebbe dall'amour, quando sentiamo il bisogno - anche più del solito- di aver intorno qualche supporter che non critichi, quando cominciamo a trovar scuse puerili per la semplice paura della disapprovazione altrui, ma anche quando ostentiamo la nostra storia per la stessa motivazione... be', insomma, c'è tutto un quadro di queste cose da cane che fa il furbo per fare lo stesso ciò che sa bene che non deve fare che è inutile descrivere ancora, ma che è un indizio sicuro anche per noi stessi.
Chè, per quante balle abbiamo voglia di raccontarci, per quante scommesse crediamo di poter sopportare nella speranza di finalmente vincere, ci rende almeno un po' coscienti di ciò che stiamo facendo. Non basta per impedirci di farlo, in genere, altrimenti non esisterebbe la letteratura: però basta per fraci stare male con noi stessi, oltre tutte le giustificazioni, o ragioni, che riusciamo a darci.
Io credo, ma chi ha voglia può dar vita un dibattito assai poco scientifico dicendo la sua, che in queste storie che non sono nè belle nè buone ci si possa crogiolare, o al contrario si possa decidere che non sono per noi, nonostante tutte le frattaglie si schierino a loro favore, dal cuore alle gonadi. Penso che sia anche una questione d'amor proprio, di quanto ci si rispetta e ci aspetta da se stessi. Voi che ne pensate?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E meno male che non c'era "niente di personale". Ti amo, ancora un po' di più, e sono contento che l'hai finito prima della calza e che dopo hai scritto quel biglietto tenero di stamattina e che, insomma, se questa è la vita, a me mica mi dispiace poi tanto.

compagnaamber ha detto...

è un post di quelli che farebbero venire voglia di scrivere fiumi di parole a riguardo, non fosse che ora come ora non ho le idee molto chiare sull'argomento, tutt'altro, e quindi rischierei di parlare a sproposito o di non avere né capo né coda... epperò ci sono un sacco di spunti su cui riflettere e me li terrò buoni per quando sarà arrivato il momento giusto, oppure chissà che non vengano fuori un po' qua un po' là, come e quando capita. Allora per il momento resto ad ascoltare, ed è bello in ogni caso, intanto che mi sforzo di trovare una mia direzione :)

lastreganocciola ha detto...

be', sì, risposte univoche non ce n'è, immagino.ma se le mie pensate ti serviranno come spunti, prima o poi, ne sarò ben lusingata :-)