martedì, novembre 17, 2009
DI COSE E DI TEMPO
Se la Rivoluzione è difficile da organizzare quanto i Vikènd In-Scatola, comincio a capire perchè essa non arriva mai: intere folle che svaniscono in un attimo con le più strane e fondate ragioni, mille presenze che si materializzano nei punti e momenti più impensati con le più carine motivazioni. Di più non dico, se non che il bello di questi Vikènd è anche esattamente la loro imprevedibilità.
E, come sempre quando una casa prende forma - ricordo che questo è il nono trasloco che io e l'uomobarbuto affrontiamo - la cosa più divertente e bella è proprio la Programmazione Imprevedibile. Come progettare tutta la seriosa cucina per poi svegliarsi il mattino dopo pensando che ah, la scarpiera, ecco, è quello che ci vuole in cucina, altro che colonna attrezzata, e scoprire che nelle abilissime mani di Mastromarcofalegname quello che noi abbiamo usato per otto anni come scarpiera è tornato ad essere un mobile bellissimo. O come uscire di casa per trovar sedie e tornare con due sedie ottime, ma soprattutto con l'incredibile oggetto che vedete nella foto, che farà un figurone in bagno, e con un tot di bicchieri del tutto a gratis.
Presi perchè i bicchieri di tutti i giorni sono finiti, rotti, kaputti, e al Mercatino di via Trento ci sono tre cestoni pieni di robine che il mercatino regala. Tra cui i bicchieri spaiati, il che mi ha fatto pensare: ma chi mai usa bicchieri uguali fra loro, tutti i giorni? E allora, che differenza fa, prenderli già spaiati invece di aspettare che si spaino da sè?
E pensando così, mi dicevo che davvero si dovrebbe cambiare la logica che ci muove, e riflettevo sul surplus di oggetti, arrivato a un punto tale che ognuno di noi si difende dai regali, invece di desiderarne. E su questa nostra vita dominata dai soldi anche quando i soldi hanno ormai perso la loro finalità primaria di garantire la sopravvivenza e anche il poco di più: che ormai ci si sente poveri a un livello sempre più alto, sempre più pieno di roba. La quantità infierisce di prepotenza sulla qualità, e viene accettata e giustificata e inseguita: dai cinesi costa tre euri, ne prendi quattro invece di uno. Ma perchè?
E pensando a tutto questo, che è come dire i massimi sistemi in quella che per noi gufi è la prima mattina nonostante si cerchi di andare a nanna presto, to' che ti arriva anche l'illuminazione sull'arredamento del bagno: una billy bassa senza il dorso ad incorniciare il calorifero piazzato, dall'Architetto Demente che progettò la casa, in mezzo all'unica parete utile. Ma, se funzionano le misure, ne tireremo fuori un bello scaldasciugamani senza spendere una lira in più.
E così, di tassello in tassello, le cose vanno a posto con naturalezza, senza ansia: se la billy non andrà bene, si proverà un ivar che da tempo giace in garage, o magari arriverà un'idea ancora migliore.
Come fare le parole incrociate, come girare per Venezia: quando si deve riempire tutto lo schema, quando ci si mette in testa una meta precisa, non si arriva da nessuna parte.
Spesso bisogna distrarsi e perdersi per arrivare dove si vuole.
Lasciare che la vita entri nella nostra vita senza affannarsi a cercarne i segnali riconoscibili, la parola giusta di otto lettere, la calle a sinistra della piazzetta.
Vale per lo specchio del bagno e vale per cose più serie: far rientrare tutto in un qualche schema, in un disegno precostruito, in un tempo che dev'essere quello, in uno scenario che ci convinciamo essere oggettivo mentre è solo la nostra testa a pensarlo tale, spesso provoca dolore e confusione e delusione, a volte anche disastri veri.
Lasciare che il tempo scorra piano rimanendo presenti a noi stessi, a tutti quelli a cui vogliamo bene, alle cose a i fatti senza tuttavia dover per forza essere al centro di ognuna di queste cose, senza lasciarcene schiacciare o doverle ficcare ognuna in una sua casella.
Lasciare che il tempo a volte ci prenda invece di incaponirsi sul contrario, per poi esclamare trionfanti "ho trovato il tempo per farmi una maschera, la manicure, la palestra, il giochino su facciabuco!", contenti di essere riusciti a ficcare altre cose in un tempo già pieno.
E' difficile spiegare lo "slow time" (c'è un bel libretto con questo titolo, se però volete approfondire, della scrittrice rurale Sonia Savioli) senza far pensare ad approcci fricchettoni o attendisti, senza dare l'impressione di un lusso per pochi, senza far rabbrividire chi lo confonde con un vuoto di cui avere orrore e paura. Ma poco fa, in mezzo agli scatoloni e alla scrittura di questo post, sono andata sul balcone e sono rimasta lì, a respirare l'aria d' autunno e di pioggia, lasciando che il giallo delle foglie e il grigio del mare mi entrassero negli occhi, senza intervento da parte mia. Non l'ho fatto per prendermi una pausa, non ho neppure pensato di farlo. Semplicemente, ho lasciato che accadesse.
E adesso dentro di me c'ìè un giorno in più, un profumo di autunno e di foglie e di mare. Così come altri giorni hanno profumo di latte e talco per bambini, di cloro e di caldo termale, di inchiostro e di asfalto, di spezie e di macchina, di lenzuola e croissant, di sangue e di paura. Trovateli anche voi, i profumi delle vostre giornate, i colori, i suoni, i sapori - quello del fazzoletto ormai pieno di lacrime che si preme sulle labbra, per esempio, altro che madeleines. E' un buon modo per scoprire cosa rimane, e cosa davvero abbiamo in questa vita che, come ci si accorge sempre troppo tardi, va già troppo veloce per conto suo, senza bisogno che ci si affanni a sveltirla.
E' così, amicae., che per ora raccolgo il tuo invito a raccontare un anno, con queste cose che mi ronzano in testa in ordine sparso, con queste cose che ho sempre pensato ma che ora so di avere ragioni per pensare.
Di più, non so, forse anche no: non è ancora tempo di bilanci, magari neppure di chiarimenti fra noi. Continua ad essere un tempo difficile e irto per la comune-ty, ma pian piano ci si prendono nuove misure, ci si pensano addosso idee diverse, ci si dicono altre cose, e se ne tacciono altre ancora. Credo che questa sorta di distanza, provocata dall'oggettivo e dal soggettivo, la patiamo tutti: chi se n'è andato, chi è stato cacciato, chi non c'è davvero e chi fa finta di non esserci, chi chiude il blog e chi lo lascia vuoto. Ci sono sofferenze ancora soffrenti, veleni non smaltiti, occhiate guardinghe e brontolii soffocati: tornare indietro non si può, lo sappiamo tutti. A che pro, quindi, un'operazione di memoria collettiva destinata non essere del tutto sincera? Io sceglierei di dire solo le cose belle - la presenza di voi tutti, l'importanza di amicizie nuove e rinnovate, per non parlare di quelle antiche, l'attenzione che ho ricevuto e ricevo e, non ultimo, il vostro aiuto giocoso al trasloco, adesso - in un anno pieno di momenti che dire brutti sarebbe un eufemismo penoso.
Tempo al tempo, amicae. : ci saranno momenti e modi, davanti alle castagne o dietro una fetta d'anguria, in cui il racconto arriverà leggero o sarà bagnato di lacrime, in cui parleremo tutti insieme o ascolteremo in un silenzio raro quell'unico di noi che avrà voglia di narrare. Io credo che lo faremo, che non ci disperderemo al punto di non saperlo più fare: stando attenti, magari, a non calpestare il momento quando si presenterà.
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