lunedì, ottobre 11, 2010

UN RICCO PALAZZO



Da non molto, ho scoperto che l'arte contemporanea mi piace. Ancora di più mi piace quando mi fa ridere, cosa che è difficile succeda con l'arte figurativa di altre epoche. 
Oggi, perciò, la domenica si è aggiudicata il titolo di "buona domenica" (che raramente le domeniche conquistano) grazie alle mostre a Palazzo Ducale. 
Per esempio, grazie ad un'opera di cui non ho segnato il titolo preciso, che consiste in un grosso pacco allestito per la spedizione postale - chiuso, sigillato, con bolli e timbri e targhette - appeso vicino a una spiega che ci informa che è un pacco di alimentari spedito all'artista dalla sua mamma. "Peso 30 kg", c'è pure scritto. 
E avvicinandosi si può sentire, dall'interno del pacco, le voci della mamma che in dialetto mi pare barese discute con l'artista il  contenuto del pacco, e quindi la voce dell'impiegata dell'ufficio postale che informa sul ritardo nella consegna e così via fino alla lieta conclusione della vicenda. Lo so, detto così è come raccontare una gag, non fa ridere per niente: ma il bello dell'arte che fa ridere è proprio questo sorriso che non diventa risata ma rimane dentro, in una contentezza di mente.
Struggente e delicato, invce, nella stessa mostra dal  titolo bruttino di "Persona in meno", è il filmato "Cancan", mentre l'opera "Big mama" è di nuovo divertente assai, ma non vi dico come sennò vi rovino anche questa. 
Quando esci, persone gentili ti avvisano che accanto c'è anche la mostra fotografica, vuoi vedere anche quella? Sì, ovviamente, e anche quella merita: a me la Giuliana Traverso non mi è mai piaciuta granchè e le sue fotro mi sono parse un po' fuori tema, ma almeno un paio di scatti di Lanfranco Colombo uno se li porta via dentro gli occhi. 
Tutto questo però è stato dopo, perchè prima avevamo visto  "Meditazioni Mediterraneo", ricca di cose e suggestioni in cui i popoli del Mediterraneo si mischiano e si confondono fra loro. Bellissimi i bronzi nuragici, gli ex-voto, le sculturine di fecondità; belli i "trucchetti tecnologici" realizzati con schermi e sensori per farti sentire "dentro" i paesaggi geografici e umani (con azzeccati rimandi di favola nel tappeto che cambia secondo i tuoi passi per farti infine vorticare, se vuoi, in fondo a un catino di curcuma), interessanti le tre "cartoline finali" con filmati d'archivio che riportano alla preoccupante realtà attuale. 
Però bello più di tutto, nella sua semplicità, mi è sembrata la tavolozza di arti e mestieri, sei piccoli schermi su cui si alternano brevissimi e ben fatti filmati senza parole, in cui il sonoro è quello del mestiere stesso, in una fascinazione di gesti e di ritmi che davvero riescono a farci sentire parte di uno stesso popolo, casualmente diviso e unito da un mare.
C'erano ragazzi a visitare la mostra, neppure pochi: e guardandoli mi veniva da sperare che, usciti di lì, avessero qualche motivo e colore e suono e sentimento in più per "pensare la cosa giusta", cosa di questi tempi non così facile.

2 commenti:

kiri ha detto...

I miei figli e io abbiamo un rapporto irrisolto con l'arte contemporanea. Epperò andiamo per mostre e musei, credo nella inespressa speranza che un giorno o l'altro il rapporto di cui sopra si risolva e che noi si stabilisca, una volta e per tutto, se ci piace o no. Un'impresa difficile, specie quando in una grande sala ti trovi davanti una scatoletta con dentro un filo di cotone e sulla targhetta, che subito consulti, speranzosa, trovi scritto "senza titolo" (giuro: l'artista è giapponese, il museo sta a Barcellona). Allora sì, che l'arte contemporanea mi fa davvero ridere

lastreganocciola ha detto...

la figlia più piccola sostiene che non bisognerebbe consentire le opere d'arte contemporanea "senza titolo", e io tendo a darle ragione salvo in casi di evidenza plateale. Però a me piacciono le sorprese, gli imprevisti, gli stravolgimenti di senso e il surreale, oltre al divertimento, e trovo che nell'arte contemporanea ci sia abbondanza di queste cose.
Che poi sia tutta arte... mah, forse non è così importante stabilirlo :-)