mercoledì, dicembre 28, 2011

COSA TI HA PORTATO BABBO NATALE?

Un leggìo fatto solo di un bastoncino e uno spago, due omini Maillard-clessidra che mi hanno fatto gioire assai anche solo perchè, come si dice, non me li aspettavo proprio.
E lo specchietto comprato  dai cinesi per guardare se gli orecchini che faccio per gli altri stanno dritti, e l'autobiografia dei Monty Python e i pennarelli colorati, pennini con l'inchiostro e la piuma e le cornicine colorate con dentro le foto di un matrimonio, come si fa in una famiglia senza "una specie di", ma mica c'è qualcuno che si sposa tutti gli anni, neh?. Un pop-up con la lucina per poterlo guardare al buio, dove fra il castello e la volpe c'è anche il gufo; e per completare gli animali, un mouse.  E una coperta bellissima, scozzese con le rose - non dalla stessa parte, ma molto inglisc ugualmente, e soprattutto lo sfondo delle rose è un bellissimo color prugna - contro il mio freddo perenne, ma quando neppure quella pare abbastanza, ecco intervenire il pile a salsiccia. Ma spero che non interverrà, a dire il vero.
Ah, che soddisfa la lista dei doni ricevuti, il mischiaggio delle cose piccole e di quelle grandi, delle idee demenziali (ma quelle più demenziali si tacciono prudentemente) e di quelle sagge. 
 
Un piacere da piccoli che è bello far rivivere ogni anno: io, ricordo, ho voluto per due anni di seguito la "cucina americana", cioè una cucina come ora abbiamo tutti, ma che allora strabiliava con i suoi pensili, il suo forno inserito, i suoi sportelli tutti attaccati. Nella cucina "vera", quella in cui mangiavamo tutti i giorni, c'erano ancora la credenza e il lavello di marmo, con la "macchina del gas" a quattro fuochi contro il muro e staccata dal resto. 
Finalmente arrivò per me, con la Befana dei parastatali - sì, lettori più giovani, andate a cercarvi la storia di quest'italietta fatta di gruppetti e gruppini, ognuno con i suoi privilegi, è divertente anche solo leggerne nomi e prerogative - la versione bambina della meraviglia ipermoderna, e io non sapevo cosa farne. Il mio amore per la cucina, nel senso di gastronomia, arrivò fino a mettere i chewing-gum - rigorosamente già masticati, come buttare via le "cicche", considerate genere di lusso pur nella versione già usata? - nei deliziosi cassettini mignon, con maniglina in proporzione, azzurri. E lì mi fermai.

Niente bucce, foglie, sassolini, biglietti o piccoli rami: tutto ciò che costituiva l'immaginario alimentare infantile mi era ignoto, e lo trascurai: come piccolissimi biscotti marziani, le mie palline di gomma indurivano nei cassetti miniaturizzati, quiete quiete.  
 

lunedì, dicembre 26, 2011

POI VERRA' L'EPIFANIA...

In zona Cesarini assoluta, direi: ma non si può lasciar passare il natale senza almeno due parole, scritte con uno strumento o un altro. Perfino pensate andrebbero bene, se poi quello a cui sono destinate riuscisse a indovinarle. Ma, insomma, è stato un natale carino, dolcemente divertente, e solo poco fa ho saputo che è morto Giorgio Bocca. Solo un pensiero mi ha colto, che ce l'ha fatta a morire dopo che se n'è andato berlusca, desiderio che aveva espresso più volte. 
Ora in tutta la casa aleggia un profumo di cuneesi al rum, o forse di cioccolatini ucraini e mele renette leggermente fermentate, scaldate dalle ben note lucine di natale; lognomodemivida mangiucchia mentre mette a posto qua e là, come ha indifessamente fatto tutto il giorno, coprendo le mie stanchezza da shopping: molto moderate, ma sempre stanchezze da shopping erano, mica si può lasciar passare il natale senza neppure un giretto.  così ne abbiamo fatti due. E la sciatica mi colse, o qualche sua parente.
(Colgo anch'io l'occasione, grazie Aglaja, per sottolineare come la città - ma forse ancora tutte le città italiane, o quasi - siano pienissime di barriere architettoniche, a partire da un semplice gradino troppo alto, che mortifica l'utente con ben poco costrutto per gli altri).
Ora perciò me ne andrò a nanna, dopo aver frugato bene fra  cuscini del divano e altrove alla ricerca, si spera infruttuosa, di doni dispersi e di ospiti, amici e parenti idem: nel Medioevo succedeva, se la notizia può interessare, che si trovasse gente morta da un paio di giorni sui pavimenti coperti di paglia e giunchiglie, sparsi allo scopo di assorbire lo sporco.
E su questa nota un po' macabra non mi faccio troppe  preoccupazioni e auguro ai fedelissimi lettori che mi hanno cercato anche durante il Grande Silenzio un dolce, divertente, e perfino un po' leggero anno.

domenica, dicembre 11, 2011

SON QUI...

... e una della cose che mi scazzano di più è leggere male e lentamente, anche se ho una sfilza di bei titoli ad aspettarmi sul comodino. e sotto il comodino, e sull'apposito scaffale " libri ancora da leggere". niente alibi come la morte della letteratura, insomma, ma solo questa stupida debolezza con mille ragioni che, pur essendo tali, non diminuiscono l'insofferenza.  
Ma forse questo post è, invece, un alibi per mettere questa bellissima foto.




martedì, novembre 29, 2011

MUNCHERIN

eggià: mortificato nella carne(plastica) e nella posa(plastica), l'Urlo gonfiabile si avvia verso la porta, forse non lo vedremo più. Ma - come ha subito detto l'amico arguto a cui è dovuto il titolo - per lui non piango, al massimo urlo un po'.

mercoledì, novembre 23, 2011

NON C'E' MIGLIOR SORDO

E va bene, mi arrendo di fronte all'obnubilamento di questo periodo, ma ho ugualmente voglia di scrivere e perciò rubo una storia non mia. Anche se, pensaùnpo, risale "solamente" al 1960, che è l'anno di stampa del libro - il "Nuovo segretario degli amanti", un manuale di corrispondenza amorosa, come si usavano ancora per aiutare chi non sapeva mettere insieme due righe senza sentirsi profondamente ignorante e, soprattutto, di ciò si vergognava.

Protagonisti della storia sono Tipo e Tipa, in questa attuale versione. 
Tipa scrive infatti a Tipo che lui le garba e che si è consultata con i genitori, i quali non hanno ricevuto che buoni reports: dunque, che aspetta, a fare la sua proposta, "dal momento che ho notato la vostra assiduità nel seguirmi" ?
Risposta di Tipo: "Signorina, sono innamorato cotto di voi e bisogna che ve lo dica: sono abituato a dir tutto francamente e ad andare dritto al mio scopo. Volete accettare e dividere l'amor mio? Un sì mi farà volare in capo al mondo."
" Cavolo! Dici davvero, Tipo?"  Ecco, Tipa non dice proprio così, ma un crescendo di bigliettini ci fa arrivare a quello in cui Tipo arriva al punto:  Ci siamo visti troppo poco perchè io mi decida a farle la proposta di matrimonio, Signorina, dal momento che non ci siamo mai parlati" .  
Anni 1960, vorrei ricordare, casa editrice Bietti di Milano.
Tipa, piccata, risponde che lei non ha nulla in contrario ad incontrare più seriamente Tipo, e con questo ogni lettore dell'epoca capisce che Tipa desidera il classico incontro davanti ai genitori (di lei, ovviamente), ma Tipo risponde picche.  Lui proprio non gli piace parlare se c'è qualcuno che ascolta, neh? Invoca il diritto di privacy con toni decisi e Tipa capisce che non è il caso di traccheggiare: "non dovrei, ma siccome sono curiosa assai di conoscervi (dovete essere un bell'originale) "  lo avverte - ma, attenzione, specificando che non è un appuntamento -  che la sera dopo sarà ai giardini dalle otto alle dieci "con una mia parente, molto sorda".
Tipo, in risposta:"Dio vi benedica, e benedica la vostra sorda parente che non udrà le nostre parole. Grazie infinite, tesoro mio; verrò ad offrirvi in persona il mio amore e tutto me stesso."
Considerazioni morali, politiche, etniche, culturali e sentimentali si possono sprecare su questa piccola storia di mezzo secolo fa: ma anche senza volerne fare un emblema che sarebbe fuor di misura, qualche pensierino  ce lo possiamo fare su, ogni tanto. Ma possiamo anche solo sorridere al pensiero di quella povera parente sorda utilizzata spesso, evidentemente, come invidiato chaperon.

sabato, novembre 19, 2011

LE NUOVE AVVENTURE DI MICCO E MACCO

Il titolo non è solo del post, ma di una serie di quaderni di scuola - datati 1920/'30, I suppose - il cui intento era rallegrare gli alunni con gli antesignani dei fumetti, tipo Bibì e Bibò: ce n'è in vendita una su e-bay, ma non è quella che ho io, che comincia così:

Zio Birillo ai Birillini
dice: "Orsù, cari piccini,
(e una radio mostra attento)
ascoltate che portento!"

Naturalmente, lo zio vuol far credere ai nipoti che dentro al radio c'è un diavolo che parla, e altrettanto naturalmente, i nipoti sfasciano la radio per dimostrare allo zio che dentro l'apparecchio non c'è nessun diavolo.
Ma la grafica è bellissima, con questi vestiti-tuniche geometrici e arredi squadrati, andate a vedere la copia su e-bay...

Che non c'entra niente nè col titolo nè con il post, entrambi fatti solo di Pensieri Sparsi.

Guardando giù dalla finestra della mia sala le stanze che man mano si illuminano nella Rocca ora che viene buio "presto", come tutti si lamentano, ripenso a quello che mi ha detto una signora carina che come sempre non sono riuscita a identificare ma che ha dichiarato di abitare di fronte a me: "... e alla sera sono contenta perchè guardo casa vostra e la vedo tutta illuminata, non ci sono solo io, allora!" Nel pieno della mia campagna anti-spreco-di- energia invece di prenderlo come una cosa carina, ci sono rimasta male, e forse la signora con me, timorosa di aver fatto una gaffe.  Ma tant'è, la risposta più bella mi è venuta solo dopo, troppo tardi per essere detta. Narra, credo, Saint-Exupery, che durante la guerra - seconda mondiale, chè a quanto pare la confusione dei ragazzi su questo tema sta aumentando notevolmente - i piloti non ci tenevano affatto a compiere missioni, com'è ovvio. 
Però c'è una cosa che tutti facevano volentieri, ed erano le missioni che contemplavano il sorvolare la Svizzera: che, con tutte le sue luci accese per segnalare il Paese neutrale, dice l'autore del Piccolo Principe, allargava il cuore di chi ci arrivava sopra. Un'occhiata alla speranza.
E, tornando alle chiacchiere, vedendo l'osservazione in questa logica era bello pensarsi speranza per gli altri in un momento buio per se stessi. 
Anche se era tutto un Pensiero Sparso.

sabato, novembre 12, 2011

TRICOTEUSE





Il segreto dovrebbe essere la regolarità: in questi due lavori patchwork - il primo pescato su internet e l'altro eredità della mia mamma - si vede bene che, nonostante lo stile diverso, la precisone del disegno e del lavoro è il primo pregio visibile, quello che dona l'attrattiva a semplici ritagli di stoffa o lana combinati insieme.
Per i miei Copertazzi non si può certo dire altrettanto: sono un lampante caso di montagna  che va ai ritagli visto che non riesco a mandare i ritagli alla montagna. Insomma, il Copertazzo lo si fa tornare: come idea, come cuciture, come combinazione, come spazi... e ci si diverte a farlo proprio perchè si può procedere un po' (tanto) a caso, assemblando forme e guarnizioni secondo l'umore del momento e non secondo uno schema precostituito.
Mi avete chiesto notizie del mio strambo tricottare ed eccole: è tutto qui. 
Ora che sono tornata a casa dalla clinica e attendo di vedere quanto sia stabile la situazione, il Copertazzo sarà un alleato di chi cerca di tenermi lontana da lavori più stancanti e impegnativi, quelli che in una casa ti attendono sempre al varco: forse così si riuscirà a ribaltare la classica situazione del tricotaggio,  che da metodo per aspettare può diventare un mezzo per farsi aspettare.

lunedì, novembre 07, 2011

ACQUA

Bisognerebbe commentare, ovviamente. Anche perché cose da dire ce n'è, perfino per chi da dieci giorni è chiuso dentro la camera di una clinica. Per fortuna, la clinica è in salita e in zona tranquilla e non é successo granché - be' , le cucine allagate, le idrovore, il personale con doppi e tripli turni, il salvataggio delle apparecchiature... Ma come mettere queste cose sulla bilancia di questi giorni?
Allora forse si può dire che domenica, dopo due giorni di cielo grigio e vuoto, la prima cosa che ho visto svegliandomi, nel cielo pur sempre grigio, è stato un piccolo stormo di rondini o di parenti loro: volavano bassi, ma a loro si è aggiunto un gabbiano che catturava qualche solitario raggio giallino nel suo bianco gabbianesco. E quindi, insomma, impossibile non aderire a reminiscenze bibliche.
Cosi come è impossibile non sapere che d'ora in poi questo momento nella vita della città, sempre,profondamente attaccata alle proprie memorie, entrerà a far parte di una saga di tregenda e dignità, di vita quotidiana improvvisamente travolta e stravolta - anche solo nella scomparsa di un motorino trascinato via dall'acqua - e soprattutto di immediato impegno e solidarietà.
Qui dalla mia gabbietta non posso giurare che sia vero, ma una giornata al cellulare mi riporta solo voci di volontari arrivati sul posto da subito, accorsi a spalare, a dare una mano, sempre perfino troppi.
Non ne so molto di più, purtroppo, e patisco la nostalgia di quei miei stivali di gomma lilla di quarant'anni fa, che volentieri avrebbero fatto ancora il paio con quelli a fiori che oggi è fortunosamente riuscita a trovare la figlia: ma così è la vita, e pazienza.
Ma, anche nel mio essere poco genovese, mi ripugna sentir parlare di "Genova in ginocchio": ma quando mai?

venerdì, ottobre 28, 2011

AUGURI PER LA NESSIE

Guarda il numero... e indovina dov'è :-)

lunedì, ottobre 17, 2011

MILIONI DI DANNI

Da ore sfrecciano davanti al mio balcone, tanto bassi che posso vedere disegni e scritte, due Canadair, avanti e indietro dal mare. Uno piccolo e uno grande, chè si sa quali sono le ampie possibilità dei nostri potenti mezzi anti incendio.
Prima o poi riusciranno ugualmente a spegnere il fuoco, che arde là dietro, sul versante della collina che io non vedo da qui. Prima o poi. E non ci sarà nessuno ad andare in giro con telecamera e commenti, nessuno a quantificare quanti alberi sono morti, quanto ossigeno ci è stato sottratto, quanto questo Stato pagliaccio spende a furia di meschini tagli e conseguenti danni.
È qualunquismo,a il mio? Non so. Ma, sinceramente, se devo davvero scandalizzarmi, mi scandalizzo di più per un albero che per una vetrina. E forse sarebbe anche ora di considerare gli alberi soggetti politici, senza nulla togliere alle considerazioni che si possono fare su Roma e dintorni.

sabato, ottobre 15, 2011

TRICOT

"Lavorare a maglia mi ha salvato la vita": e se è vero che la frase è di Virginia Woolf - anche se ovviamente non mi ricordo dove si trova, o quando l'ho letta - chi sono io per non provare?
C'è, è vero, il piccolo particolare che io non sono capace di lavorare a maglia: ma ciò mi ha spinto a inventare i Copertazzi, tanta coperta e poco arazzo. 

Funzionano mettendo insieme, con cuciture mooolto a vista, ritagli di vecchi maglioni di vera lana - ma può essere un pezzo di cappotto, di pantalone estroso, di sciarpa sberluscica  - di cui una buona parte abbia un ricordo impigliato dentro. Un ricordo quasi sempre vago, un'impressione. 
E poi qua e là, più sopra che dentro, si cuciono altri ricordi più decorativi o buffi: un pezzo di nastro, una coccarda che era della nonna, un fiore di stoffa  degli anni '50, un lungo arabesco ricavato da una manica ricamata. 
Be', ecco, il concetto è tutto qui: il resto è lavoro, e pazienza. E, quando l'umore è giusto, relax. 

Ovviamente i Copertazzi sono doni, e bisogna accertarsi prima che incontrino i gusti del ricevente, che deve essere pronto ad accogliere un manufatto... be', diciamo bizzarro. Ma finora, data soprattutto la lunghezza della realizzazione, i destinatari sono le figlie, perciò si può contare su una certa qual sintonia, neh?
 
Non hanno pretesa- sempre i Copertazzi, non le figlie - nonostante nome e spiega che finge di essere importante, di apparire opere d'arte. 
Però abbracciano e scaldano.

giovedì, ottobre 13, 2011

DI INCANTEVOLI APRILI E PESSIMI AUTUNNI

 
Be', sì, oggi è stato un abbastanza buon-giorno, dove abbastanza è già parecchio. Ho chiacchierato piacevolmente con ben due amiche, fatto un giretto nel verde della Rocca, mi sono opportunamente ma sinceramente dimenticata di fare un paio di cose che non avevo voglia di fare e ne ho fatto un altro piccolo paio che avevo forzatamente rimandato. E, per chiudere in bellezza, ho visto  "Un incantevole aprile", un gradevolissima "commedia" - così viene definito il genere di film che piace a me, anche se poi comprende un po' di tutto, compresi film che non vedrei mai - tratta dal libro omonimo di Elizabeth Von Arnim. Ma cominciare una riflessione su libro, autrice, film all'una e mezza di notte non è sano, no.

Allora, invece, rubo la riflessione - su un tema completamente diverso - a un amico di blog: che mi ha colpito non tanto perchè sia particolarmente originale (anche se pare che in questo periodo più le cose sono ovvie e lampanti, meno se ne parla, come se ci fosse un tabù), ma perchè forse a noi, quaggiù nel triangolo industriale, non capita spesso di parlare di fabbriche come di "entità vere", o vive. Lo scrivo ben sapendo che Fincantierei è in lotta, ma addentrarmi renderebbero il tutto troppo per l'ora e le mie forse. Così, nonostante Fincantieri, direi che siamo abituati da tempo all'idea che le fabbriche possano chiudere, e infatti molte hanno già chiuso da anni e anni, ben prima di questa crisi. Quelle poche rimaste o sono troppo grandi o sono troppo piccole. 
Ciò che dice il pezzettino di post che riporto, dalla punta ben più pasciuta del triangolo, mi dà invece un'idea attuale, e triste, di quello che dev'essere la crisi: una specie di moria inarrestabile, di cui si fa il possibile e l'impossibile per far dimenticare che ci sono dei responsabili. Naturalmente, il post dice anche altro, prima e dopo, ma il resto andate a leggerlo al suo posto, come si deve, e qui sotto il pezzo rubato - Giuliano, potevo?

"(...) l’intero gruppo dirigente della Lega Nord che inneggia alla secessione, spiegando che il Sud è una zavorra e che il Nord da solo ha un PIL meraviglioso. Non so quanto durerà questo stato di felicità e benessere: qui intorno a me, tra Como e Varese, in questi ultimi dieci anni ho visto soltanto chiudere le fabbriche, mai riaprirle. Fabbriche che sono andate a produrre in Romania, in Croazia, in Egitto, nella Repubblica Ceca, in Cina (le industrie della seta ormai fanno tutto direttamente in Cina, qui la seta non si lavora quasi più), qui non torneranno mai più, e chissà chi le ha portate all’estero, queste Ditte. Forse qualche evento soprannaturale, forse gli extraterrestri, chissà. (...)"



mercoledì, ottobre 12, 2011

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Ecco, sono ai domiciliari ancora per un po', credo. 
E d'altra parte, chissà, magari domani potrebbe essere una giornata senzacapra, fussechefusse. 
Insomma, prima o poi torno, neh?

mercoledì, ottobre 05, 2011

AUTO-AIUTO

Lo so che non è bello, lo so che non è fine, lo so che è troppo facile e nessuno sta infierendo. Ma, dato sì che in questi giorni allo specchio mi vedo come un criceto - non far sporgere gli incisivi! - o un bel maialino da latte pronto per il forno - via da quella mela rossa! - o un uovo di Pasqua - cosa fai con quella fascia sui capelli? - grazie all'azione dei farmaci, lasciatemi essere banale. Questa donna ha portato in giro questa faccia per tutta la vita, anche a prescindere dal matrimonio tardivo che ora fa notizia: non so se merita ammirazione o biasimo,  ma certamente un'occhiata alle sue foto potrà confortarmi quando mi guardo e mi dico "ma come faccio a uscire con questa faccia qui?"





sabato, ottobre 01, 2011

MAMMUTH GIALLI E MAMMUTH E BASTA.


Vado in libreria - che, sia detto fra le lineette, è diventata scomodissima, con libri sulle scale, negli angoli, da girargli tutt'intorno. immagino che lo scopo sia quello di far fare fitness all'unica categoria rimasta sedentaria, quella dei lettori, e di distrarre quelli che ancora non lo sono finchè non si ritrovano ipnoticamente con almeno un libro alla cassa - e non trovo più nulla, grazie a un tipo di classificazione e presentazione che ancora non capisco. Tanarda io, non mi addentro. 

Ma sta di fatto che anche quando li guardo, questi libri messi in un ordine che non capisco, trovo: i noir, che aborro e aborrisco, in numero di tanti; i gialli, che mi piacciono solo sceltissimi e datati, in numero di tanti e non granchè scelti; i romanzi a sfondo storico, a volte noir o gialli a sfondo storico, in genere ripetitivi e assolutamente commerciali; i romanzi assolutamente commerciali. 
E le ristampe astute, sempre di più. "Vacanze matte", un romanzetto carino che esalta insieme lo spirito pioneristico americano e il valore non tanto della cultura quanto del saper applicare ciò che si legge, viene in questi giorni lanciato come "Novità". Peccato sia del '59 (ne hanno fatto anche un film con Elvis Presley) e che nessuno lo dica al potenziale lettore, dacchè forse anche il senso cambia un poco, no? 
Altrettanto dicasi per un divertente libro horror di Christopher Moore, uscito quasi vent'anni fa, che si chiamava "La commedia degli orrori", che avevo letto con gusto.
Dopo parecchio tempo passato senza alcuna notizia, da qualche anno escono altri libri di un autore con lo stesso nome: ne comprai un paio, sperando che mi piacessero quanto mi era piaciuto il primo, all'epoca. Invece no, peccato, e ne avevo dedotto che l'autore non fosse lo stesso. 
Errore, è sempre lui -  finchè è stato alle Hawaii, ci dice Wiki fra le righe, non ha combinato un tubazzo, poi è tornato nei produttivi USA -  e secondo me l'intervallo non gli ha fatto tanto bene, ma forse è un parere personale che risente dei miei gusti very slow. 
In ogni caso, anche "La commedia degli orrori" è ora in libreria come "Novità", con un titolo diverso: ma perchè, santi numi? Fino a poco tempo fa, presentare le prime opere passate inosservate di un autore che nel frattempo è diventato più noto era buona cosa anche per l'editore. Magari adesso, fra cocoprò e le fughe di cervelli verso gli agriturismi e i readings nessuno si ricorda più cosa si è fatto in anni antichi come il 1995, pies, e tutti si esaltano per aver trovato un tesoro rimasto sepolto, chissà...

Ma, soprattutto, in libreria trovo romanzi che parlano di malattie, lutti,  rimpianti e disordine e tragedie improvvise: non che siano tutti negativi nel loro senso complessivo, anzi, ma se uno di questi non è l'elemento centrale si può star sicuri che è almeno il controcanto. 
E' giusto così: la generazione che ora scrive e pubblica si è raccontata in molti modi, accavallandosi a quella dell'ottimismo per diventare quella della rivendicazione - rabbiosa, incazzata, spesso tragica, ma quanto viva! e imprevedibile, bizzarra, divertente... - e, se fosse andata come nelle epoche passate, a quest'ora sarebbe più o meno uscita di scena. 
Invece siamo tutti qui, con la testa piena di progetti, la voglia di lavorare - come sentirsi esclusi da quel mondo là fuori per mettersi a fare i nonni, ammesso che qualcuno faccia ancora bambini? - ma con i nostri acciacchi fisici e psichici, e quelli degli amici, e quelli del mondo se lo sguardo è appena più largo. E anche quelle sono esperienze, sono emozioni, sono pensieri che girano per la testa e per la penna, realtà che non si può fare a meno di trasformare in racconto.
Tutto ovvio, e giusto, così dev'essere: che ha da fare, d' altro, uno scrittore?

Ma io, ecco, arrivo a metà e scopro che in quel libro il malato lo avevano nascoto a pag. 132, e non ho voglia di continuare, di sapere cosa gli succede, di com-patire con lui. E se invece l'ecologista che gli muore la figlia sotto gli occhi mentre sta difendendo gli alberi (non l'hanno ancora scritto questo? me mi pare di sì, ma in ogni caso arriverà) arriva solo a pag.198, ecco, mi basta il sospetto che possa andare così.. e anzi, mi basta che dabbano difendere gli alberi. Perchè finchè si può agire ci si indigna e ci si incazza, altrimenti rimane lo sconforto di questo mondo così pronto a cambiare (mille segnali lo dicono) e così drammaticamente costretto a diventare invece sempre peggio. E potrei fare altri esempi, ma sono sicura che i miei personali grandi lettori hanno capito.

Quello che manca sono un bel paio di scrittori seriali, sì, ma umoristici: l'umorismo è ormai televisivo, e io ne sono tagliata fuori per scelta e abitudine. Non disdegnerei neppure la chick-lit  (se guardate il link, non date retta alla bestilità di Jane Austen come antenata del genere) , ma come orientarsi fra le molto irritanti, le abbastanza irritanti e le fortunate eccezioni?

Così, biblioteca comunale a parte da cui spero sempre che escano tesori finora me ignoti, ho pensato che tanto vale la mia libreria. Che è plurale, e comprende un sacco di bei titoli. E anche di roba che, finchè non provo a rileggerla, non posso neanche chiedermi "ma perchè l'ho tenuta?". E di romanzi che erano di moda trent'anni fa e ora forse sono quasi classici, o lo saranno. E di cult, con il gusto tutto privato di averli scoperti prima che lo diventassero. 
Insomma, perchè non mettere un bel "Novità" mentale su molte copertine e rileggere ciò che già ho, invece di farmelo rifilare con un altro titolo?

Quindi, se e quando le forze mi reggeranno, potrete leggere qui sopra - un trailer, cari lettori, questo post è il trailer più lungo del mondo - recensioni di libri usciti prima del 2000, ma che dico, prima del 1980, anzichè, addirittura prima del 1960. E ce n'è anche rifasciati con la carta blu, che daterei verso gli inizi del '900. 
Perchè - doppio trailer, cari lettori ! - da queste parti ai blogger di Blogger  si è unito un Mammuth Giallo che parla di film senza nessuno scrupolo, e mi fa sentire autorizzata a fare altrettanto con i libri. 
Qualche anticipazione? Elizabeth Von Armin, Georgette Heyer, magari Yehoshua... ( be', non fidatevi ciecamente. oppure ricordatemele).

TONTI E RITONTI

 Ne ho già postato una di queste animazioni realizzate da un tv intelligente - non la nostra, of course - basate su musica e testi altrettanto. Questa è la versione della famosa storiella internazionale "... la prossima volta farò così..." , ma solo dopo mi è venuto in mente che poteva esserci un riferimento personale. 
Vale per tanti, però: chi, potendo, non tornerebbe indietro a cambiare qualcosa, o magari anche tutto? Il mio inconscio è assolto per manifesta banalità, dunque. Tanto più che il Tonto Perico - leggete il testo - ne esce più che bene, direi. 
E soprattutto i bambinofili, ma anche tutti gli altri se hanno  bisogno di tre minuti di delicatezza, posono godersi su Youtube  le molte altre animazioni cantate: sono realizzate con materiali diversi  (carta, paglia, stoffa...) e sono una più bella dell'altra.

 


testo, che si è un po' pasticciato nel copincolla - chi vuol correggere, nel caso?

l tonto perico tenia una jarra

un saquito roto y
 una gran chupalla .

su madre le dice anda a buscar agua

y el tonto perico la hecho en la chupalla.

perico le dice la mama enojada

tenias que haberla hechado en la jarra

ahhhh

traeme la harina pa amasar el pan 
porque 
luego llega con hambre papa

y el tonto perico por no hacerlo mal la hecha en la jarra 
que estaba mojada
la harina en la jarra
grita 
la mama asi no
me sirve porque esta empapa

ahhh

traeme porotos y que no se caigan y en el
 saco roto perico los carga 
aqui 
se los traigo dice a la mama 
y cuando abre el saco ven que ya no hay na 

esto es misterioso dice el buen perico

pero si esta roto la mama da un grito

ahhh

pero piensa y piensa el tonto perico

yo soy habiloso y hasta soy muy rico

porque aunque me digan el tonto perico

yo tengo mi jarra mi saquito roto y mi gran
 chupalla...

sabato, settembre 24, 2011

OGNUNO CI HA I SUOI NEUTRINI...

Il mio agopuntore di riferimento ha certi ditoni da Peppone che non entrano nella tastiera di un computer, e ti chiedi come gli è venuto in mente di mettersi a trafficare con gli aghini. Poi è istruttore di qi-gong, ed è bravissimo in entrambe le cose. E anche nel tirar su di morale la gente, senza esagerare con l'ottimismo incauto.  Eppure, nel mio stordimento, me l'ero dimenticato. 
Ma una delle angurie da centrare con la crapa è stato proprio lui,  che ha ascoltato i miei guai nel suo solito modo burbero e frettoloso, dicendo poche frasi al momento giusto. Poi è arrivato il momento degli aghini, che a volte non si sentono e a volte sì, e mentre lui stava cercando il posto per il terzo aghino, io sono schittata, ridendo. Non lo reggo, il solletico. Non riesco proprio a far finta di niente, a comportarmi dignitosamente. Ma, guarda caso, il punto giusto per l'ago era difficile da trovare: così questo posto semi-ospedaliero, forse uno dei più potenzialmente tristi del mondo nonostante, si è riempito della mie sghignazzate per un buon minuto, o forse tre, o addirittura cinque. E  quelle risate mi hanno cambiato la giornata: non saprei e forse non voglio spiegare precisamente il perchè, anche se uno dei motivi è senz'altro il gesto gratuito, spontaneo, vitale e generoso di un medico che, come tanti altri, potrebbe invece comportarsi in modo distaccato o al massimo "cordiale".
Tutto il giorno ho reagito al dolore: che con gli aghi si era senz'altro attenuato, ma che è stato scacciato quasi del tutto dalla voglia di reagire, dall'eco di quel divertimento sciocco e infantile, da quella pausa del tutto inaspettata fra i guai.

Forse penserete che la sto facendo lunga, e magari avete ragione. Eppure, la sera ho anche visto il riccio.
Non che le due cose siano davvero collegate, lo so. Però quel riccio, o un suo parente, era stato avvistato un bel po' di tempo di fa in una tarda serata di pioggia, su uno dei vialetti della Rocca. Per fortuna andavo molto piano, e avevo inchiodato nel vedere quel coso beige sgattaiolare davanti alle ruote. Il tempo di scendere sotto l'acquazzone - e dietro di me c'era il vicino che già deve avere le sue idee sulla nostra sanità mentale - e il riccio si era disincantato, sparendo velocemente. L'abbiamo cercato più volte, senza mai vederlo. Ma ieri il KGgB mi ha chiamato, "c'è il riccio!" . Era nel prato ed è rimasto fermissimo per tutto il tempo che gli siamo stati vicini, convinto che fosse meglio sembrare morto. Ma era stato visto camminare e a un certo punto ha sussultato, come i cattivi attori. 
L'abbiamo lasciato lì, con mille raccomandazioni di stare attento ai pericoli della Rocca: solletico e riccio, quale combinazione più carina e più improbabile?

giovedì, settembre 22, 2011

EHI, HANS!

Giornate e momenti senza capra sono sempre meno, e parte del tempo buono è dedicato a far sì che aumentino, se possibile. Ma il blog langue, nè si può sempre parlare di scogli e difficoltà. 
Così, non resisto alla tentazione di condividere con il mio aff.tissimo gruppo di lettori un ritratto che abbiamo da poco appeso al muro in bella vista. Eccolo qui.

Era appoggiato ad un sedia, nel mercatino della pulci di Zurigo. E' senza passe-partout, la cornice da pochi soldi sbeccata in un angolo e stuccata alla meglio. 
La signora che lo vendeva non aveva la minima idea di chi fosse il soggetto, o il fotografo, però noi siamo rimasti incantati da questo umorismo teutonico, un serissimo travet prestato al surreale. 

Prima o poi, magari, qualcuno lo riconoscerà - abbiamo dovuto aspettare un aiuto di casa ucraino per identificare un Gorkij giovanissimo su una cartolina sovietica - o magari anche no. Quel guizzo di accennata ironia dietro l'occhiale mi basta in ogni caso.




lunedì, settembre 19, 2011

EVVAI, DOPOTUTTO.

Brezsny dice che dovrei spaccare angurie con la crapa, e credo che non siano pochi fra i miei amici a sottoscrivere la mia capacità di farlo. Certo, fino a ieri non ne avevo molta voglia, e può darsi che oggi sia una giornata eccezionalmente volitiva in mezzo ad altre che erano e torneranno ad essere medusevoli, spalmate in modo urticante sulla mia pur voglia di resistere. 
Ma non posso negare che i commenti arrivati qui sopra e altrove mi hanno dato forza e coraggio, nonostante le condizioni siano proprio difficili e confuse (vedi nota). Così ho messo in fila un po' di angurie, e da domani spero di centrarne almeno qualcuna.  Se non altro, per poter poi scrivere di qualcos'altro, neh?


n.b. : a proposito, non è che voglio far misteri scrivendone qui cripticamente: è solo che non mi piace essere trovata sui motori di ricerca per robe che si riferiscono a malattia & dintorni: ma se volete notizie più precise - e non siete affatto obbligati a volerle, neh? - potete scrivermi sulla mail che c'è nel profilo e vi rispondo volentieri appena posso.



sabato, settembre 17, 2011

ACC E DANN...

Ohi, come sono tristi le smentite... le ridanciane signore non hanno sconfitto la mia sfiga, neanche quasi, e la situazione è precipitata di nuovo. Rimane la buona notizia che non c'entra, ma tutto il resto sta sparapagliandosi dolorosamente in giro per l'aere, senza che per ora si riesca a porre rimedio immediato. Ci avevo in mente una bella divagazione su tacchi alti e vestiti stretti, ma ancora una volta l'è minga il mumènt. Si spera nella prossima settimana, come tutti gli assediati. 

giovedì, settembre 15, 2011

BILANCINO

La signora che ride ha portato quasi bene (lasciatemi la scaramanzia):
un po' di brutte notizie scongiurate
un'altra brutta notizia quasi scongiurata
una buona notizia, più una
una notizia gratificante
alcuni pareri incoraggianti
una piacevole giornata.
Da tempo non capitava, perciò posto un'altra signora simpatica - ma, anzi, direi che è la stessa o sua sorella: fate conto che sia la mia foto di oggi.

mercoledì, settembre 14, 2011

AUTOINCORAGGIAMENTO

che ne ho bisogno. ma l'utilizzo è libero, chi ne ha bisogno ne approfitti, neh?


lunedì, settembre 12, 2011

domenica, settembre 11, 2011

VOX TAXI, VOX HORRIBILI

...e questa volta il taxista non c'entra. Che quando siamo saliti (sono uscita, sì!) stava ascoltando improbabili risultati calcistici e poi, forse per fare un dispetto a noi che abitiamo in un Quartiere Bene, ha girato e senza una parola ci ha obbligato ad ascoltare in diretta un buon pezzo del discorso di Bersani.

E un dispetto ce l'ha fatto, sì. Perchè, almeno da dove l'abbiamo sentita noi, la concione era un concentrato di minacce per gli ex-alleati ("questa volta non riusciranno a far fuori la coalizione"), di rivendicazioni della propria assoluta importanza (ma pisapia ti dice niente, bersa'? ) e di apertura a tutti escluso il nano malefico e, vivaddio,  il collega rintronato. Capisco che uno un ruolo se lo deve pur dare, ma che spronfondità! O sprofondezza, o abisso. 
Chè io non sono particolarmente affezionata al Pd: la mia storia e la sua si sono osteggiate lungo l'arco di ben trentacinque anni, con critiche feroci (mie) che ovviamente non saranno importate nulla a nessuno, ma che non per questo si sono affievolite. Eppure, come ho già detto altre volte anche qui sopra, in questo momento ritengo che una salvaguardia democratica debba essere fatta da chi c'è, anche a costo di ampi compromessi, e chi c'è è appunto il Pd - sfiga. Ma "ampi compromessi" non può voler dire calare le braghe, tutto qui, nè dal punto di vista economico nè da quello politico. E invece...Ditemi che l'ho interpretato male, vi prego.
  
E se invece, ho capito bene, siccome sono una persona buona e comprensiva, ecco quello che gli farei, al Bersani nonostante si meriti di peggio: dite che è metafora che capisce?

giovedì, settembre 08, 2011

LE ZUPPE DI JANINA

"Il 1.10.1996 Janina Turek, madre di tre figli, pranzò con una zuppa di funghi e pastina, spezzatino con contorno di patate e barbabietole rosse stufate e uva per dessert. Anche quarant'anni prima, il 19.02.1956, aveva consumato un pranzo semplice: una salsiccia calda con senape dolce, pane, composta di mele, un pezzo di cioccolato e torta di noci e frutta secca.
Il 21.03.1973 ricevette due telefonate mute
Il 21.o6.1976 trovò per strada un paio di calzini elasticizzati da bambino non usati; 
Il 15.08.1981 cedette al figlio i suoi tagliandi di razionamento per la carne."

Questo l'incipit di "Reality", il racconto che dà il nome alla piccola raccolta di racconti di Marius Szczygiel - ogni promessa è debito - pubblicato dalla carina editrice Nottetempo con il contributo  del programma Poland per la traduzione.  E approfitto dell'assenza della capra per iniziare questo post che non so dove mi porterà.

Perchè il racconto prosegue con molte annotazioni dello stesso tipo tipo - attenzione allo spoiler, neh? -  che si allargano a comprendere categorie come "persone viste di sfuggita"e "regali (fatti e ricevuti, di qualsiasi genere)", ma anche "eventi mondani", in cui un caffè con la panna mangiato in passeggiata conta esattamente come il passaggio di Fidel Castro ammirato dal mezzo di un'aiola di fiori.
Tutte queste annotazioni, talmente neutrali da registrare le visite dei figli con il loro nome e cognome senza alcun dato accessorio, vengono scoperte dalla figlia alla morte della donna, registrate con cura su quasi 800 quaderni chiusi in un armadio: dietro di loro, completamente ignorata se non nel caso raro e improbabile  in cui  tocchi direttamente Janina, scorre la vita della Polonia  dal 1943 al 2000. 
Non sono certo anni privi di avvenimenti, ma le cartoline registrano quanti zloty sono stati dati come offerta alla messa prima di smettere di andare in chiesa, o il film visto il giorno della morte di Stalin ("Fanfan laTulipe") senza che l'evento storico compaia nel quaderno, così come non compaiono le esecuzioni di massa naziste o la liberazione di Cracovia.
Dopo i quaderni, la figlia troverà anche un pacco di cartoline, mai spedite, su cui le annotazioni si fanno più intime, ma anche più partecipi della vita sociale e politica: ma i quaderni rimangono il luogo in cui Janina ha fissato la sua vita, con una serie di spilloni che ne immobilizzano la routine. Non prive di fascino, così come non lo sono le farfalle morte, pur a dispetto della contraddizione in termini e sentimenti.

E allora uno, dopo aver letto il racconto (che, vi assicuro è carino assai e lo sono anche gli altri, se non cercate l'azione) si chiede se poi, in fondo, non sia Janina da aver ragione: se non contino di più le visite fatte e ricevute, anche senza pretesa di descriverne affetti ed effetti, o i regali fatti ed avuti, anche senza pretesa di registrane importanza e peso emotivo, di... che so, un successo sul lavoro o un evento che sul momento ci pare eccezionale.  
Il primo, infatti, è probabile che abbia importanza solo per noi, e dunque perchè non metterlo sullo  stesso piano della cotoletta di pollo mangiata a pranzo? Il secondo rischia di essere assolutamente soggettivo comunque - la partecipazione a una manifestazione di cui tutti si scorderanno il giorno dopo - o soggettivo nella nostra incapacità di raccontarlo e farlo rivivere. 
Non è la stessa cosa, già: ma perchè? 
C'è qualcosa che appare disumano nella mera catalogazione dei nostri momenti di vita, senza che ne traspaia una partecipazione emotiva: eppure, non è l'unico modo per cercare di definirci, anche nella posterità, con assoluta precisione? Gli altri aggiungeranno quelle note che noi non riusciamo a sapere con certezza finchè siamo in vita ("era amabile generoso, gentile, cordiale, gli piaceva la bella vita..." o il contrario), ma saremo noi ad avere lasciato una traccia definita, una bava argentea ma indelebile di lumaca, dei nostri giorni e delle nostre azioni. 
Definendo tutto e non dicendo niente, ma togliendo alla posterità il potere di evidenziare solo aspetti della nostra vita scelti in modo totalmente arbitrario. 

Ecco, ve l'ho detto che non sapevo dove andavo a parare... ma a questo punto potete cominciare a porvi il problema voi, se vi va.

lunedì, settembre 05, 2011

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Ecco, io tornerei ben volentieri a scrivere su questo blog - e anche altrove. Ne avrei così voglia che a volte, nei momenti di quiete, mi penso i post che potrei scrivere e me li scrivo nella mente. Ma i momenti di quiete sono pochissimi: anche il sonno della salute genera mostri, e devo vedermela con loro. 
Avrete, o voi lettori costanti che venite a vedere se finalemnte qualcosa di nuovo c'è, ancora un po' di pazienza?

venerdì, agosto 26, 2011

SVOLO A VISTA

 
Ci vuol poco a traviare un blogger: basta che sia gà troppo tardi per scrivere un post decente e che, soprattutto, un nuovo lettore di affinità natali dimostri il suo apprezzamento per l'osservazione sul volo dei piccioni ( e sì, ha ragione anche sulle tortore) per trasformare un concettoso post che si rigira nella mente già da un po' in un esercizio di osservazione.
Be', gli argoment sono diversi: il post che ancora una volta rimando sarebbe su un bellissimo librettino di un polacco a noi credo ignoto, Mariusz Szczygiet, "Reality" pubblicato da Nottetempo, che apre la strada nientepopodimeno che a riflessioni sulla vita. 
Il secondo, quello che vi tocca ora, è invece Ciò che vedo dalla mia finestra, che è ciò che mi diverto descrivere nella mia mente quando non riesco a pensare di meglio: in realtà entrambi i post hanno a che fare con l'osservazione, come scoprirete se mai riuscirò a scrivere il primo e come è lampante in questo che segue - se riesco ad abbandonare quest'abitudine di scrivere  premesse più lunghe del post.
Che ho anche scoperto che un sacco di gente non guarda mai, proprio mai, con attenzione e libertà di pensiero qualcosa che sia vivo e vitale, e non un aggeggio elettronico, un motore o un pezzo di carta, e me ne dispiaccio.
Be' insomma, essendo che le mie finestre sono sopra le cime degli alberi, in cima alla Rocca, ho due scelte: o guardare giù i vicini coi bambini che giocano nel prato - e mica è bello, neh, se non ogni tanto - o aspettare le ore più quiete e guardare la popolazione avicola. Ovviamente, tutti capiranno perchè devo ricorrere a curiose perifrasi per definire gli oggetti delle mie osservazioni, perciò procedo. 
Venire ad abitare qui è stata una sopresa: di fronte alla casa dove stavo prima c'erano un po' alati abitanti, ma vivevano nel folto di un muraglione e non si vedevano mai, invece qui ho scoperto gente volante che non avevo visto mai. Specie che ormai vivono in città, ovviamente, ma che raramente si possono osservare con calma.  

E così, nella vacuità che a volte prende specialmente se è un tramonto pigro per scelta o per forza, si tende ad antropizzare: i pappagalli verdi grandi - quelli piccoli qui non ci sono - fanno casino tutto il giorno, ma al calar del sole sciamano gridando come bambini che escono da scuola e si posano sul larice uno qua e uno là, come decorazioni fuori tempo e fuori cromia dell'albero di natale. Non stanno mai in due nello stesso posto: se uno prova ad occupare l'unico posatoio che c'è qui in giro - un'alta sbarra di ferro su cui ci starebbero in dieci - il precedente occupante si sposta lungo il bastone finchè non spinge via il malandrino, proprio come a scuola i ragazzini refiosi sulle panche. Uno si immagina i pappagalli animali allegri e ridanciani, e invece mica tanto, neh? I merli invece lo sono, con i loro fischi che mettono subito il buonumore e il loro saltellare dinamico e spensierato insieme.
Neanche le gazze  sono allegrone, anzi vagamente inquietanti, ma compensano in eleganza: il loro volo è magnifico, le grandi ali bianche nere planano qua e là silenziose, precise, dando l'impressione che ci sia un vento sottile tutto per loro. A terra perdono un po' del loro allure, ma restano imbattute di fronte a corvi o cornacchie (chi sa la differenza? io non sono ancora riuscita ad appurarla) che non smentiscono la loro fama disneyana di tristi notai: tutti neri, se trovano il banchetto di un prato appena seminato ci si precipitano sopra e sembra di vederli camminare sulla tovaglia, senza nessun riguardo. 
Tutt'altra cosa la gentile upupa, che arriva qui stagionalmente in coppia e se ne va con prole - credo - e che si perde in certi immobili incantamenti lì sul prato all'imbrunire: ogni tanto solleva la crestina e a volte perfino allarga la coda, a dimostrare che è proprio lei, con i suoi colori incredibili e la sua levità da dipinto giapponese. C'è stato per un po' anche una sorta di cugino dell'upupa che non sono riuscita a identificare, più grande e senza cresta, ma con gli stessi colori,  che la seguiva saltellando su prato e cespugli. Chissà chi era e cos'era, e perchè se n'è andato. 
I gabbiani sono usciti dal periodo di piccoli e nidiate, ma non ne manca mai almeno uno con la sua stridula risata, e poi naturalmente ci sono tutti gli altri, quelli che si sospettano e non si vedono: il mio preferito, anche se non so com'è fatto, è l'uselin dell'acqua. lo chiamo così io, perchè in quel quarto d'ora che precede la pioggia i suoi colleghi si zittiscono e in quel silenzio si sente solo il suo "piiip, piip". E io, che amo la pioggia d'inverno e d'estate, gli sorrido da quassù anche se lui non lo saprà mai.