domenica, novembre 28, 2010

JINGLE BELLS, AGAIN

Il blog batte la fiacca. Io no, e le due cose sono direttamente proporzionali. O inversamente, dato sì che l'uno fa l'opposto dell'altro? la matematica fa a pugni con la logica, soprattutto se sintattica, lo so da tempo. 
Comunque e nonostante, ci tenevo a comunicare al mondo che:
in sfida al destino, ho comprato un libro che si intitola un po' gufescamente "Milleuno libri da leggere prima di morire": vabbe' che un tot li ho già letti, ma è un bel programma anche per chi va veloce nella lettura.

E sempre a propòs di libri, ce n'è uno che si chiama "Corpi", edizione Codice: è un libretto smilzo dalla belle copertina e sostiene cose parecchio intelligenti: di quelle che poi uno dice, ah già, è vero, ma intanto c'è stato bisogno che qualcuno le dicesse. 

L'autrice di "Corpi" appunto le dice: per esempio, che ormai noi tutti - e sempre di più man mano che si scende con l'età - siamo ormai abituati a pensare al nostro corpo non come a una parte di noi, ma come a un'impresa che deve funzionare e rendere. L'esternalizzazione della nostra corporeità è quello che porta noi a vederci sempre peggiori di quello che siamo  e  comunque inadeguati, e porta tutta una lunga serie di "addetti ai lavori" a speculare su questa nostra insicurezza.  Insicurezza del tutto indotta, ci dice "Corpi", che cita un po' di casi limite per farci ragionare sui paradossi di un corpo costruito invece che amato: come quello dell'uomo che si fece amputare le gambe perchè non le "riconosceva" per proprie.
Se siete nelle spese natalizie, magari regalatevi questo libro: vi farà bene, che non è il solito incitamento (fasullo) a piacersi come si è, ma un input per intelligenti riflessioni.

E, visto che non c'è amore senza coccole, passo subito a raccomandare un apparente contrasto, la crema Sua bontà di Lush. Va bene, saranno anche ecofurbini, ma finora è ancora meglio ecofurbi che econiente. E Lush non utilizza prodotti che fanno test sugli animali, non usa conservanti, ricicla le confezioni oppure le evita proprio eccetera: ma soprattutto, con la crema per il corpo Sua Bontà finanzia la costruzione di scuole fatte di pneumatici usati, in Palestina, per i bambini beduini. Sarà che l'architettura gommesca sollecita i miei istinti riciclosi, ma mi sono innamorata di questo progetto.

Però, bei progetti a parte, credo che quest'anno si dovrebbe regalare soprattutto cultura: non solo libri, ma anche teatro, cinema, abbonamenti, buoni del circolo dell'anima, introduzioni al book-crossing, pomeriggi di lettura.  E giochi da fare tutti insieme, e kit da disegno, e se proprio si vogliono i vestiti che magari siano solidali, che anche questa è cultura. E, oggi, spendere e spendersi per la cultura significa ovviamente fare resistenza, anche contro la parte "migliore" di questa povera Italia che crede che il programma di faziosaviano sia, bell'efatta e pronta al consumo, la rivoluzione.

lunedì, novembre 22, 2010


Ogni tanto mi vengono pensieri inutili. Forse per questo sono fra i pochi estimatori della rubrica di Piero Ottone sul Venerdì, da tutti tacciata di snobismo e frivolezza: ma a chi accusa Ottone di occuparsi di problemi da niente di fronte a tutto quello che succede, da sempre rispondo che educazione e civilità sono un paio delle componenti del problema. Ed è lì che ricevo occhiate di scetticismo e commiserazione.  Questa settimana, Ottone cita tre esempi - un treno in ritardo di quattro minuti, un programma radio in ritardo di sei, un capotreno che non annuncia le stazioni - per riflettere (pacatamente e pur cosciente che gli esempi riguardano fatti minimi ) sulla nostra nazionale "sciatteria". Usa una parola tedesca, schamplig,  in verità, che si può tradurre anche in modo diverso, dice, ma il significato è pur quello: una faciloneria, una disattenzione, un'ovvietà delle cose fatte così come suggerisce il caso. E uno dei pochi dati nazionali unificanti è che a sentirci rimproverare la mancanza di precisone dai tedeschi, noi italiani ci sentiamo subito superiori Ridiamo anche. Chissà poi perchè. ( Neanche da dire che c'entri la guerra, lo facciamo anche se a rimproverarci sono gli svizzeri che guerre non ne fanno). Ci sembra infatti che le lievi imprecisioni siano segno di fantasia, di elasticità mentale, e il sopportarle di comprensione umana. Non mi metto a discutere il vero e il falso di questo atteggiamento, nè le smentite che sono sotto gli occhi di tutti, ma il pensiero inutile che mi è venuto è questo: non sarà anche per questo che gli italiani hanno sempre così bisogno di "sicurezza"? La somma delle millemila frustrazioni quotidiane che derivano dalla mancanza di certezze non finisce per produrre una voglia aggressiva di essere tutelati da "pericoli" esterni, con facile meccanismo proiettivo? Forse anche così si può spiegare non solo perchè siamo la nazione più paranoide di tutte, ma anche come alla diminuzione dei reati non corrisponda la percezione di una maggiore sicurezza, bensì il contrario. E forse così si può anche capire come i governi che peggio fanno dal punto di vista dei diritti e delle garanzie, che introducono "riforme" che rendono la vita sempre più esposta al caso, siano puntualmente premiati dal voto che invoca Sicurezza. Chissà, se si cominciasse a ridere un po' meno....?

giovedì, novembre 18, 2010

INFANZIA DEMENZIALE

Un giochino che c'è sul facciabuco - mettere nel profilo l'immagine dei cartoni animati preferiti da piccoli - mi ha fatto tornare in mente questa bellissima serie demenziale: ne trasmettevano gli episodi la domenica pomeriggio, prima di cena, su una delle due reti esistenti allora. Il team dell'umorismo surreale - io, papà, fratello - era lì davanti alla tv, domenica dopo domenica.
La serie è sparita, mai più ritradotta - neppure con i sottotitoli, che io sappia. Ma posto qui il video della sigla per lanciare l'appello: qualcuno sa dove trovarli con una traduzione accettabile? Magari poi rivederli sarà un po' una delusione - come mi è successo con qualcuno dei mitici "Ai confini della realtà"- ma la curiosità di sapere con cosa siamo cresciuti è forte. Anche fra i commenti di iùtiub c'è chi sarebbe disposto a pagare per riverderli, giusto per confortarmi.

martedì, novembre 16, 2010

IL RELATIVO


Si parla dell'Italia, e si parla ovviamente del nanomalefico, con un ospite arrivato da Israele. Convinto, dal canto suo, che non ci sia nulla di peggio della corruzione che esiste oggi, più a livello politico che finanziario, nel suo Paese. Nel dir così vede le nostre facce scettiche, ma sorride mentre noi commentiamo che quanto a corruzione nessuno può batterci,  hai visto che figure di merda ci fa fare il gerontonano nel mondo?

Uff, storie, ribatte lui in un buffo ma efficace italiano: a voi sembra che il vostro capo di stato sia il peggio del peggio, ma non è così. "Noi abbiamo pezzettino di telegiornale con notizie osè dal mondo, berlusconi ha angolo tutto suo, lì, tutti i giorni. Forse vero che in Europa lui è peggio di tutti altri, però questo è concetto relativo. Nel mondo c'è peggio... tanti Paesi di Africa, per esempio."

Non lo dice per confortarci. Anzi, c'è una qual certa soddisfazione nel rimetterci al nostro posto, come se noi, in mancanza di meglio, ci potessimo vantare del negativo: anche nelle storiazze del pornogoverno, anche nel ridicolo... be', è importante ricordarsi che ormai la scala è una sola per tutto il mondo, dice.

E' bellissimo raccogliere i pareri degli stranieri sull'Italia, come già ebbi occasione di dire...

domenica, novembre 14, 2010

ALL'INDIETRO E CON I TACCHI A SPILLO


Come nei diari e nella corrispondenza, "rimanere indietro" con il blog comporta il rischio di non andare più avanti. Che nello studio si può ricorrere alla tirata finale - mio amato escamotage - ma nella narrazione della vita fatti e misfatti, assenze e presenze si confondono tra loro, si accavallano e si pastrugnano nella memoria del periodo pur breve.  Basti allora dire che è stato talmente un buon periodo che si è mangiato perfino il tempo del blog, e con ciò si faccia pari e patta senza affatto sottovalutare l'importanza (e la gioia, e il sollievo) del buon periodo stesso. 

Difficile, a questo punto, scegliere l'argomento con cui spezzare il silenzio, ma ne approfitto per affrontare un tema apparentemente gratutito, quello dei tacchi. 
Tacchi delle scarpe, ovviamente, e ovviamente delle scarpe femminili (quelli maschili li lasciamo a penosi come tom cruise e l'appunto nano malefico) : protagonisti non solo della moda ma perfino di un'iniziativa benefica a favore di Save the Children, sono ormai onnipresenti. Li sopportano le donne che devono stare in piedi tutto il giorno, quelle che camminano su ciottoli sconnessi, quelle che stanno in giro tutto il dì: inutile dire, le scarpe coi tacchi sono affascinanti, quasi sempre belle e spesso molto belle, esteticamente parlando. Sono una tentazione prima ancora che un diktat della moda.  E così si vedono donne arrancare sbilenche, oscillare tremebonde, avanzare con passo nazi: chè i tacchi, si sa, bisogna saperli portare. 
Già, ma perchè? 

I tacchi furono inventati per damine e cavalieri, signore e signori che potevano usare portantine e servi e che raramente dovevano correre per prendere l'autobus; sopravvissero alla rivoluzione industriale diventando uno dei simboli della dipendenza economica della moglie borghese dal marito; furono, non a caso, uno dei must degli anni '50, quando bisognava convincere le donne a stare di nuovo a casa, dopo che la Guerra ne aveva richiesto il fondamentale contributo nel mondo del lavoro. Le "signore" non avrebbero mai portato una scarpa priva di tacco, fino agli anni '70: ma un bel tacco squadrato di tre o quattro centimenti per più che sufficiente per uscire con i bambini, per fare le compere, per andare dalle amiche. E, a casa, un bel paio di pantofole con una discretissima zeppina appena rialzata garantiva una postura un po' più naturale. La sera, ovviamente, era tutto un altro discorso: ma non è che si uscisse così spesso la sera, anzi.


Poi arrivarono gli anni '60 e poi il femminismo: e fu tutto un fiorire di cose belle ed estrose, ma anche comode, adatte alla vita che le donne scoprivano di poter e voler fare. I tacchi non furono demonizzatiì, a riprova del loro indiscutibile fascino, ma la scarpa piatta venne nobilitata, e diventò di uso comune.
Dagli zoccoli e i sandalini degli anni '70 al tacco dodici di oggi, per non parlare delle punitive shoes: la storia del costume non è priva di contraddizioni e così facilmente semplificabile, è vero, ma non si può non notare come tutto ciò che può rendere la vita scomoda alle donne in questi anni sia tornato di prepotenza. 
Tira su di qui e stringi di là, stai attenta alle unghie e togli tutti i peli, barcolla in giro e fai più ore che puoi in palestra. Marylin Monroe, con la sua pancetta e il suo ampio culo, rimane un sex-symbol: ma non si capisce più perchè.  
Stiamo tornando - o ci siamo già in pieno - a quella "dittatura della moda" che portò i medici del primo Novecento a scagliarsi contro i corsetti e i bustini che favorivano ogni tipo di malattia femminile, impedendo una corretta respirazione. Basta guardare le spalle e i fianchi delle ragazzine, innaturalmente stretti, per rendersi conto di come le donne siano state convinte, ancora una volta, ad essere nemiche di se stesse. Come da nota citazione "Le donne sanno fare tutto quello che fanno gli uomini, ma lo fanno all'indietro e coi tacchi a spillo": ma non c'è granchè da vantarsi, a ben riflettere.

L'industria del corpo è oggetto di molti studi e denunce, e non sarò io a cambiare le cose con questo sfogo bloggeristico, tanto più che non posso affernare di essere immune da tentazioni stupide e ancora più stupide angosce riguardo il mio aspetto. Ma quei passi sgraziati di tante donne che già faticano a tenere insieme i pezzi della loro vita senza doverlo fare per di più sui trampoli...be', che tristezza.

lunedì, novembre 08, 2010

PENSIERO IMMEDIATO



 Il treno delle scorie radioattive dalla Francia alla Germania è passato, com'era prevedibile, nonostante le affollate proteste degli ambientalisti e  gli scontri con la polizia. Mi sono guardata il filmato, guardatelo anche voi se non l'avete ancora visto, chè già l'aspetto del carico non si può dire tranquillizzi. 

E un'osservazione sulla politica a favore del nucleare qui da noi sorge spontanea: ma ve li immaginate, questi treni in giro per la rete ferroviaria italiana? quella che viene bloccata da una mareggiata e dalle frane, quella che non controlla se stanno cedendo bulloni o binari, quella che sopprime i treni e fa casino con gli scambi? Quella dell'incidente di Viareggio?

Perchè si fa in fretta a sostenere belle posizioni teoriche, ma soprattutto in questo Paese la pratica è poi tutta un'altra storia...

venerdì, novembre 05, 2010

ACCIDENTI AGLI ILLUMINISTI...

Se ero un uomo del '700, ci avevo la wunderkammer più bella nel raggio di cento chilometri o fors'anche cinquecento, e tutti venivano a vedere quelle mie meraviglie raccolte in cinquant'anni di testa schizzata. 
Se ero un uomo del '700, anche, ero tra i primi a provare i pomodori e le patate, e i miei ospiti non osavano dire niente di quei frutti strani che avevno colpito la mia curiosità.
Se ero un uomo del '700, sicuro che ci provavo, a convertire i metalli in oro: ma probabilmente poi mi sarei distratto e avrei finito per scoprire qualcosa di incomprensibile, come l'elettricità.
Se ero un uomo, o forse perfino una donna, del '700, avrei scritto robe forse un po' strane (ma non "volli, fortissimamente volli", quello no) e tutti i miei conoscenti le avrebbero lette e citate e lodate. I lettori erano pochi, ma la concorrenza ancora meno.
Se un uomo, o una donna, del '700, oltre a fare tutte le cose di cui sopra avrei suonato uno strumento come l'arpa o il clavicembalo, avrei saputo dipingere ad acquerello, ricamare, cavalcare, fare conversazione e trattare con i domestici.  E perciò avrei ricevuto ancor più stima e considerazione.

Ma, com'è come non è, sono una donna del '900, sconfinata nel duemila. 
E così va a finire che invece della wunderkammer ci ho "una casa piena di cazzate" - grazie all'opera congiunta mia e  del socio barbuto - e mi tocca sempre inventare una qualche giustificazione per chi la vede la prima volta e comincia a guardarmi strano. 
E succede che io mangi cose ( cavolo rapa, zenzero sottaceto, zucchine spinose, daikon, solo per citare quelle che ho mangiato oggi)  che anche adesso destano stupore e perplessità negli altri.
Quanto all'oro... be', quello è uguale, non sarei riuscita ad ottenerlo allora e non ci riesco neppure ai giorni nostri. 
In compenso, laddove sarei stata uno scrittore pur discettando di entomologia, governo della casa o araldica, oggi sono solo un "autore", parola che indica con eleganza lo scribacchino che ci mette del suo, affrontando vari argomenti purchè non siano frutto solo della sua propria fantasia.
Che è un bel casino, rispondere "l'Autore" a chi ti chiede " e lei, cosa fa nella vita?". Autore? di che? Lo vedi dalla faccia, che gli viene in mente Pirandello, o magari anche "l'autore di cotanto gesto fu tradotto in catene..." , al massimo massimo un autore di quadri. E invece no, sono un Autore di libri: e dato sì che quindi il mio mestiere è scrivere, se anche suonassi il clavicembalo e saltassi la tremila siepi ippica, sarebbe solo "a tempo perso". E di lì a togliere la "a" alla frase, il passo è breve. 
Gli eclettici, in effetti, non usano più.

Ed è perciò che al momento attuale mi sento molto a disagio: ho già parlato della piccola mostra di mobiles letterari che si inaugurerà proprio oggi e di cui sono molto contenta ancorchè timorosa di brutte figure, e un paio di amicilettori mi hanno chiesto maggiori delucidazioni. 
Al pari della mia qualifica professionale, spiegare cosa sono i mobiles non è proprio facile, ma diciamo che sono costruzioni sospese di carta e altri materiali (piume, corteccia, giocattolini, ceramiche, pezzi in plastica, retine... tutto ciò che di riutilizzabile mi sembra adatto per creare piccole figure) che provengono dalla suggestioni che (mi) hanno lasciato alcuni autori che ho letto e che apprezzo. 
Per Terry Pratchett ci sono, ad esempio, il Bagaglio e Morte, e poi un drago e la Grande Tartaruga, un Troll, il Libro degli Incantesimi, il Bibliotecario... Per Jane Austen pizzi, sorelle di carta in girotondo, librerie rosa e le terme di Bath, ma anche le mucche che davano da vivere alla sua famiglia; mentre Karen Blixen ha colorati animali per La mia Africa, uno scheletro e un gatto nero per le Sette storie gotiche, e un aereo per la sua sfigata vita sentimentale. Ci sono anche Virginia Woolf e Neruda, in mostra, ma mi rendo conto che raccontati non dicono un granchè, come del resto sono soggetti un po' impossibili da fotografare. 
A prescindere però dalle spiegazioni, questa piccola mostra - che accompagna quella più nutrita delle foto dell'amica Triz, anch'esse dedicate alla lettura - è un coming out del mio tormentato fare molte cose diverse, che ho sempre considerato del tutto secondario. 
E che anche ora mi riempie di dubbi: se è pur vero, infatti, che ognuno è fatto a modo suo e non si può forzarsi più di tanto, se è vero che il "tempo perso" non si recupera più, dovrei comunque focalizzare le mie dispersive e non tante energie su una, massimo, due cose? O, per dirla più chiaramente: meglio provare (che non vuol dire riuscirci) a essere molto bravi in una cosa sola, o bravini in qualcuna? Io, finora, non sono riuscita rispondermi.

martedì, novembre 02, 2010

MONNEZZA, NON E' SOLO NELLA STRADE DI NAPOLI



Abbiate ancora un po' di pazienza, o voi (pochi ma buoni) lettori carini: sto finendo Jane Austen e rimettendo a posto la locomotiva di Neruda (sto parlando dei mobiles letterari, neh?) dopodic porterò tutto il mio lavureri alla galleria, presenzierò all'inaugurazione con una gran paura di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato (come faccio sempre, o almeno come ho sempre l'impressione di fare ) e finalmente tornerò qui, quieta quieta nel mio iperattivismo lombardo. E se vi sembra che la frase sia contradditoria, è solo perchè lo è.

Nel frattempo, i milleeuno motivi per indignarsi e vomitare non mancano: avendo  solo l'imbarazzo della scelta, vi faccio partecipi della mia ripostando queste riflessioni dell'A.N.P.I.  di Foresto-Bussoleno-Chianocco, una sezione molto attiva a cui inviterei a iscriversi, se possibile:

A VOGHERA RESTA LA TARGA DELLA VERGOGNA!  PDL E LEGA SCHIERATI A FAVORE DELL'OMAGGIO AI REPUBBLICHINI DELLE BRIGATE NERE E DELLA SICHERHEITS!
 
E' con grande dolore e rabbia che siamo costretti ad informarvi che a Voghera il Consiglio Comunale, al termine della seduta tenutasi mercoledì 27 ottobre, ha confermato la permanenza della targa ai sei repubblichini installata a lato del Castello Visconteo, situato - ad aggravare l'onta -  in Piazza della Liberazione. La mozione che chiedeva la revoca dell'autorizzazione alla posa della targa, presentata unitariamente dai gruppi consigliari d'opposizione (Movimento Voghera 5 Stelle, Pd, Federazione della Sinistra), è stata respinta con 15 voti contrari, 9 a favore e 7 astenuti.
 
Il PDL ha rivendicato, con toni davvero volgari, il diritto "a fare quel che gli pareva". Non abbiamo sentito risuonare il "me ne frego", ma la sostanza del loro argomentare è stata del tutto equivalente.
 
Il dibattito si è svolto in una sala gremita; i cittadini hanno cominciato ad affluire fin dalle 17,00 benché il punto all'ordine del giorno relativo alla targa della vergogna fosse stato inserito quale settimo (ed ultimo!)  dell'Odg. La minoranza aveva invece chiesto la convocazione di un Consiglio straordinario ad hoc.
 
Tra il pubblico una presenza organizzata di attivisti di estrema destra, per la precisione militanti di Fiamma tricolore e naziskin, tra i quali, ci è parso, anche alcuni di coloro che hanno ricevuto provvedimento di diffida dalle Autorità ad entrare in Pavia. Il presidente onorario della sezione ANPI di Broni, un partigiano combattente della Brigata Tundra, che fu catturato ed internato a Bolzano, e un altro iscritto che  giovanissimo finì nelle mani della Sicherheits a Villa Nuova Italia in quanto figlio del comandante "Gennaro" della Brigata Matteotti, hanno abbandonato l'aula per il timore di non riuscire più a contenere lo sdegno e la giusta ira di fronte a chi non ha avuto alcun pudore ad equiparli a quelli che furono i loro aguzzini.
 
Quella che oggi si è scritta a Voghera è una pagina avvilente per tutta l'Italia; vedere appesa nella Sala consigliare la Medaglia d'oro al V.M. assegnata alla memoria di Ermanno Gabetta e assistere alla rivendicazione di una pacificazione che dovrebbe passare con il commemorare con una pubblica targa, tra gli altri sgherri, anche coloro che ebbero un ruolo diretto nella sua uccisione è un'offesa troppo grande.
 
Di più: è un sovvertimento pericoloso dei principi e dei valori che non possono venir meno se ancora pensiamo di voler definire le nostre Istituzioni "democratiche". Non lasciateci soli. Questa battaglia non riguarda Voghera. Questa lotta ci riguarda. Tutti!!!
 
 Venerdì sera, 29 ottobre, ore 21.00 saremo ancora davanti alla lapide e poi raggiungeremo in corteo Palazzo Gounela, sede del Comune. Vi invitiamo a partecipare e ad inviare delegazioni.
 
Da domani cominceremo anche a lavorare per una mobilitazione nazionale.
 
Comitato Unitario "Per dignità non per odio" 

giovedì, ottobre 28, 2010

COMPLEANNO




AUGURI, NESSIE!

DALLA TENDA ROSSA


sono arrivati i soccorsi!

 (i lavori della caldaia sono finiti, oggi finalmente avremo il riscaldamento.) 

martedì, ottobre 26, 2010

MOMENTI


Scorro la home di facciabuco, c'è un filmato di un momento degli scontri a Terzigno. Casino nella notte, grida in napoletano, spari e botti, dieci poliziotti intorno ad un uomo a terra: chi filma la scena è lontano, non si vede se e come e quanto stanno picchiando. Noi genovesi abbiamo negli occhi scene ben peggiori, ma sicuro i poliziotti non sono lì per aiutare l'uomo a rialzarsi.  
A un tratto uno dei poliziotti si avventa sull'uomo, sembra che lo prenda a calci, gli altri si fanno ancora più stretti intorno a lui, forse anche loro ci dan dentro con gli scarponi. Infine, lo portano via, trascinandolo per terra. Se ci fossero ancora i cavalli, magari lo avrebbero attaccato a quattro cavalli lanciati in direzioni diverse. 
Come nel West, ma lo sceriffo di solito sta dalla parte dei giusti. E qui no. 

Dicono che c'entri la camorra, negli scontri. E' un'ipotesi credibile, chissà: non era difficile pensare che ci fosse la camorra dietro al putiferio che sulla spazzatura di Napoli scoppiò quando al governo c'era Prodi. E che il cavbanana sia ormai in declino è sotto gli occhi di tutti, non occorre essere dietrologi per capirlo, perciò è lecito ipotizzare che ormai la questione venga ampiamente manovrata per influire sul quadro politico. 
Ma, detto questo, chiunque fosse l'uomo a terra, fa ribrezzo vederlo trattare così. In tempi ormai antichi, ci hanno insegnato che dieci contro uno è da vigliacchi. Se poi i dieci hanno anche caschi e manganelli e l'uno è già a terra, da cosa è?

Non ho mai smesso di pensare che il G8 di Genova, nel 2001, fosse stata una prova. Una prova che lì per lì andò male per loro, nonostante le apparenze: la reazione che ci fu, a livello di media, opinione pubblica e magistratura, a mio parere in quel momento bloccò la creazione di un potere statale basato schiettamente sull'uso della forza. Ma sono passati dieci anni, molto nel frattempo è stato dimenticato, altro è stato travisato, deformato, aggirato: non solo qui, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Non passa giorno senza che qualcuno registri abusi polizieschi: con i manganelli, con il taser, con le manette, con le botte, con i soprusi. 
Non che in passato andassero giù leggeri: i morti di Reggio Emilia furono dieci, Bava Beccaris ne fece ben di più. 
E forse è ovvio che la Crisi - come ormai la si chiama senz'altra specificazione, e il dato non è da poco - ha il suo peso nello scatenarsi di violenze pubbliche e private, ma mai come ora la "democrazia" occidentale è stata esaltata in modo acritico, difesa a suon di parole e di missili, mentre per affermarsi ha sempre più bisogno di ridurre al silenzio in tutti i modi i suoi stessi soggetti. 
Il paradosso è sotto gli occhi di tutti, e putroppo nessuno sa come opporsi davvero. 
E mentre scorrono le immagini, parte dal mio mac la voce di Cat Stevens, munscèdouv munscèdov con quelle sonorità semplici degli anni '70, con quella specie di gioia cazzuta che avevano le canzoni, i passi, gli slogan, le risate, i cori: non mi avrete, perdio! Mi vengono le lacrime agli occhi: succede, a noi cinquantenni, a noi ex-figli dei fiori, a noi ex tutto e ancora zucconi. 
Ma entra dalla porta il KGgB , così bella, così Diversa, che torna dopo la serata di canti rivoluzionari, insieme alla sorella. Non mi avrete, perdio.


venerdì, ottobre 22, 2010

TUTTO INSIEME APPASSIONATAMENTE


Diciamo la verità, la Vita è proprio disorganizzata. Se siamo stati programmati da qualcuno - e  come si sa io credo di no, ma non sia mai che qualche cervellone extragalattico in questo momento ci stia osservando da dietro il vetro del nostro piccolo acquario - senza dubbio costui/costei non ha una mente granchè razionale. 
Altrimenti non si spiegherebbe questo fenomeno ben noto alle leggi di Murphy secondo cui nella settimana di relax (che già prevede un impegno impossibile da ignorare) vanno ad affollarsi ed affastellarsi accadimenti di ogni tipo. Per esempio, ho chiesto l'asse da stiro che mi toccava coi punti a Bo- Frost, Nostra Signora dei Surgelati: l'ho aspettato a giugno, poi a luglio. Ad agosto non l'ho aspettato chè si sa che d'agosto non lavora nessuno, ma ho ricominciato a settembre. L'asse da stiro è arrivato questa settimana. E voi direte, ma che impegno è, l'arrivo di un asse da stiro? Be', tanto bisogna liberarlo, smaltire lo scatolone e gli imballaggi, e poi disfarsi del vecchio. 
Poca roba, è vero, se non fosse che il tempo fra il parrucchiere più l'osteopata che mi ha rimesso a posto la distorsione alla caviglia  - presa ieri, già - era già tutto occupato dalla preparazione della prima, grandiosa, serata di giochi al Circolo dell'Anima. La serata è riuscita benissimo e qui nella Casa nella Rocca ci eravamo divertiti a (ri)creare il Pictionary storico - chi pensa che la Storia non appassioni avrebbe dovuto vedere i concorrenti accanirsi a snocciolare eventi, guerre, personaggi, scoperte - ma ovviamente non sono riuscita, come sarebbe stato nelle mie intenzioni, a preparare il gioco e contemporaneamente finire e rifinire i miei mobiles letterari per la piccola moostra che comincerà  il 5 del mese prossimo. E magari, già che c'ero, cucinare la verdura biologica e chiamare l'idraulico e riorganizzare gli spazi degli armadi - tutte cose che farò domani, a questo punto, insieme al seminario di qi-gong e a un paio di progetti di lavori forse perfino remunerativi.
Così, insomma, se rimango un po' indietro con il blog non preoccupatevi: appena ho finito di rilassarmi recupero, neh?

martedì, ottobre 19, 2010

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ecco, potessi anch'io...

venerdì, ottobre 15, 2010

UN GRANDE PAESE

Fateci caso: non sono solo i passeggeri, c'è anche gente che arriva apposta. Di fornte ai mille episodi come questi - che ci sono ogni giorno in qesto stupido Paese - mi chiedo sempre: ma se queste qualità fossero usate per fare andare meglio le cose, invece che per spingere autobus (reali e metaforici) che non vanno, dove potremmo arrivare?

mercoledì, ottobre 13, 2010

VOLTA E RIVOLTA


Ieri sera, mentre fuori infuriava la guerriglia urbana - che, insomma, non è mai come la presentano le tv, ma bella cosa non è stata, e speriamo che metta in difficoltà Maroni, almeno -   e qui in cima alla Rocca impersava la tramontana infierendo sulla caldaia ancora da finir di sistemare, io volevo parlarvi di fiori e farfalline. 
Lo faccio oggi, che i serbi nazi ma babbaloni ("su, salite sul pullmann  che vi portiamo a casa", e trac in questura) non sono più in giro, ma la tramontana imperversa sempre e il Wwf, d'altro canto, ci ammonisce che quella Natura a cui facciamo riferimento è un bel pericolo per sei milioni di italiani se non ci sbrighiamo a trattarla meglio e con più considerazione.  Ma in sole sette righe ho già messo materiale per tre libri, quindi inizio dal comincio, che è il bell'incontro che c'è stato allo Zenzero ieri pomeriggio.  

L'occasione è stata il libro "Il capitale delle relazioni", edizioni Altraeconomia, che non ho ancora letto e che racconta 50 esperienze di economia alternativa. 
Relatori erano il Dario e la Giorgia degli Orti sinergici di Vesima, la Deborah Lucchetti dei vestiti "MadeInNo" nonchè presidente del Fair, Nando Della Chiesa (in quanto presidente di Libera, credo), Maurizio Gubbiotti di Legambiente e, naturalmente, l'editor del libro, Massimo Acanfora, che ha dato forma alle storie raccolte.
Fra tante cose  belle e intelligenti - e non è una formula - che sono state dette anche dal pubblico e che meritebbero molto più spazio di quanto un lettore di blog sia disposto a sopportare, c'è stata anche la questione del Tempo. 
Il tempo che ci vuole a far crescere i prodotti dell'orto, ha detto Dario. Il tempo necessario a far sì che l'orto sia un "bene di tutti", con il suo esempio, la difesa del territorio, le relazioni umane che vi si intrecciano intorno, ha detto Giorgia. Il tempo che non abbiamo, ha però obiettato Dalla Chiesa, e che ci ostacola nel proporre un' "altraeconomia" basata sui Gas, sul rispetto, sulle filiere corte e soprattutto sulle conoscenze e i rapporti personali. 
Un momento, ci ha detto dal pubblico una delle fondatrici del primo Gas genovese, il tempo che non abbiamo è solo quello che scegliamo di non avere, di non dedicare a noi stessi e alla nostra salute, è quello che dedichiamo a cose più futili per poi sentircene privi. L'altra economia, ha riflettuto con un bel salto teorico la Deborah, mette sul tappeto questioni non da poco correlate in primo luogo al tempo, per esempio ripropone le questioni di genere nel momento in cui mette l'accento su aspetti come la cura, il rispetto, la naturalità. O, per dirla efficacemente con una riflessione che la E. fece già tempo fa "... non vorrei che tutto questo biologico alla fin fine ci va nel culo a noi." Sottinteso donne.
Temi e problemi ancora senza soluzione, e son tanti: ma già il porseli è movimento, è resistenza a chi vorrebbe ricondurre  l'altra economia nel proficuo (per altri) alveo dell'economia solita.

E però c'era un particolare, direi poetico, che metteva d'accordo tutti:  bisogna tornare all'agricoltura, si diceva infatti partendo da più punti di vista. 
Non solo in senso proprio, per chi può e vuole fare il Contadino di Ritorno (una definizione carina, no?), ma anche tornare ai modi, ai tempi, alle logiche dell'agricoltura come ha da essere, cioè non quella industriale e spersonalizzata e avvelenata. L'agricoltura, l'orto, il coltivare come paradigma e metafora della vita e della società, è stato sottolineato: il concetto forse non è nuovo, ma ultimamente l'abbiamo ben ben perso per strada. 

E, insomma, già era carino che tante persone che fanno vite e hanno esperienze molto diverse fra loro  concordassero sul ruolo reale e simbolico dell'agricoltura, ma in più oggi ho trovato il video di questo tipo - del quale, confesso, non so nulla: qualcuno mi può illuminare? - che vale assolutamente la pena di vedere e ascoltare, come ho detto anche su FB.

Purtroppo, Blogger mi fa difficoltà sul video, quindi metto il link linkato, eccolo quai:

Parla di istruzione e di educazione: ne parla facendo ridere, gigioneggiando un po' e contemporaneamente dicendo cose molto profonde e intelligenti. Il che, trovo, è un ottimo metodo per far arrivare un messaggio:  il finale ( guardatelo tutto), non mi vergogno di dirlo, mi ha procurato un nodo proprio qui, alla gola. E lo cito qui perchè anche lui, to'! parla esattamente di agricoltura, da cui istruzione ed educazione dovranno prendere finalità e metodo.


I contadini, finora, sono stata la parte negletta dell'umanità: solo raramente hanno ricevuto la considerazione della Storia e ancor più raramente quella dei loro colleghi proletari. Eppure, ormai si potrebbe cominciare a riflettere che le uniche rivoluzioni, dopo quelle "borghesi", che ci sono state nel mondo sono state fatte da contadini, e non da operai come preconizzava Marx. Che il gran barbone si sia sbagliato?




E' TUTTA COLPA TUA


No, non scrivo della guerriglia urbana con i nazi serbi: pare sia ancora in corso e un'amica che abita proprio sopra lo stadio per un po' mi ha aggiornato sulle risse in corso, ma se ne sa ancora poco.
Invece, in zona cesarini prima della nanna, voglio copincollare un appello dell'Osservatorio Ligure sull' Informazione, perchè ha il merito di segnalare un sopruso sottile, che passa più inosservato di altri ma che non per questo è meno indegno


OLI 273: SICUREZZA SUL LAVORO - Ritirate quello spot

Questo è un appello per il ritiro dello spot del Ministero del Lavoro: “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”. Un messaggio e due spot
rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli “attori” coinvolti.
Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi, hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi
sostituito con l'ammenda, salvamanager, ecc).
Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.
E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”, quasi che la mancanza di sicurezza fosse imputabile al
fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro. Sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Non accenna
minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario e un lavoro a tempo determinato, mentre devono viceversa sottostare a ritmi da medioevo.
La campagna dovrebbe invece avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessità di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulle responsabilità civili, penali e non ultime anche etico-morali che l’imprenditore deve assumersi per tutelare l’integrita’ delle persone che lavorano per lui.
Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse, affinché la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.
Primi firmatari:
Marco Bazzoni - Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza - Firenze.
Andrea Bagaglio - Medico del Lavoro-Varese.
Leopoldo Pileggi - Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza-Correggio.
Daniela Cortese - RSU/RLS Telecom Italia Sparkle-Roma

Chi vuole aderire all'appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualifica e città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it
E se volete vedere gli spot ...

martedì, ottobre 12, 2010

A PROPOSITO DI NOSTALGIA...



... per tempi di più semplice lettura:

Boris Efimov, Sept dangers, une seule réponse [Sette pericoli, una sola risposta], 1932.

lunedì, ottobre 11, 2010

UN RICCO PALAZZO



Da non molto, ho scoperto che l'arte contemporanea mi piace. Ancora di più mi piace quando mi fa ridere, cosa che è difficile succeda con l'arte figurativa di altre epoche. 
Oggi, perciò, la domenica si è aggiudicata il titolo di "buona domenica" (che raramente le domeniche conquistano) grazie alle mostre a Palazzo Ducale. 
Per esempio, grazie ad un'opera di cui non ho segnato il titolo preciso, che consiste in un grosso pacco allestito per la spedizione postale - chiuso, sigillato, con bolli e timbri e targhette - appeso vicino a una spiega che ci informa che è un pacco di alimentari spedito all'artista dalla sua mamma. "Peso 30 kg", c'è pure scritto. 
E avvicinandosi si può sentire, dall'interno del pacco, le voci della mamma che in dialetto mi pare barese discute con l'artista il  contenuto del pacco, e quindi la voce dell'impiegata dell'ufficio postale che informa sul ritardo nella consegna e così via fino alla lieta conclusione della vicenda. Lo so, detto così è come raccontare una gag, non fa ridere per niente: ma il bello dell'arte che fa ridere è proprio questo sorriso che non diventa risata ma rimane dentro, in una contentezza di mente.
Struggente e delicato, invce, nella stessa mostra dal  titolo bruttino di "Persona in meno", è il filmato "Cancan", mentre l'opera "Big mama" è di nuovo divertente assai, ma non vi dico come sennò vi rovino anche questa. 
Quando esci, persone gentili ti avvisano che accanto c'è anche la mostra fotografica, vuoi vedere anche quella? Sì, ovviamente, e anche quella merita: a me la Giuliana Traverso non mi è mai piaciuta granchè e le sue fotro mi sono parse un po' fuori tema, ma almeno un paio di scatti di Lanfranco Colombo uno se li porta via dentro gli occhi. 
Tutto questo però è stato dopo, perchè prima avevamo visto  "Meditazioni Mediterraneo", ricca di cose e suggestioni in cui i popoli del Mediterraneo si mischiano e si confondono fra loro. Bellissimi i bronzi nuragici, gli ex-voto, le sculturine di fecondità; belli i "trucchetti tecnologici" realizzati con schermi e sensori per farti sentire "dentro" i paesaggi geografici e umani (con azzeccati rimandi di favola nel tappeto che cambia secondo i tuoi passi per farti infine vorticare, se vuoi, in fondo a un catino di curcuma), interessanti le tre "cartoline finali" con filmati d'archivio che riportano alla preoccupante realtà attuale. 
Però bello più di tutto, nella sua semplicità, mi è sembrata la tavolozza di arti e mestieri, sei piccoli schermi su cui si alternano brevissimi e ben fatti filmati senza parole, in cui il sonoro è quello del mestiere stesso, in una fascinazione di gesti e di ritmi che davvero riescono a farci sentire parte di uno stesso popolo, casualmente diviso e unito da un mare.
C'erano ragazzi a visitare la mostra, neppure pochi: e guardandoli mi veniva da sperare che, usciti di lì, avessero qualche motivo e colore e suono e sentimento in più per "pensare la cosa giusta", cosa di questi tempi non così facile.

venerdì, ottobre 08, 2010

UN PASSERO DAVVERO SOLITARIO



Sul balcone è appena saltellato un passero. Non so per quale motivo questa specie, fino a pochissimo tempo fa così onnipresente da noi da essere chiamata "uccellini" per antonomasia, è sparita: non dappertutto, ma non solo qui. Ho letto un post al riguardo scritto in Toscana, e altri da altre zone. Immagino che abbia a che fare con i cambiamenti climatici, con gli habitat invasi da nuove specie forse (qui è pieno di pappagalli verdi, grandi e piccoli), ma non so di preciso.  
Da due giorni sembrano tornati: pochi e sparsi, ma per ora ci sono.

A rischio di sembrare svenevole, a me un mondo senza i passerotti mi pare ben triste: non solo perchè sono proprio quel che si dice "carino" - il loro saltellare, il volo rapido ma aggraziato, la curiosità con cui si guardano intorno quando si posano, le piume morbide a fare un ciuffetto quando c'è il vento, i colori discreti ma caldi - ma soprattutto per il loro canto. Per chi da una vita coltiva senza volerlo l'insonnia, il cinguettare dei passerotti è - era - il segnale della fine delle angosce, quelle che si nutrono di buio e di silenzio: anticipando la luce, sia pur di poco, quel canto, quel parlarsi melodico da un albero all'altro, quel sovrapporsi di cinguettii è sempre stato un richiamo alla vita, il segnale che la giornata è davanti a noi, e ci aspetta. Con quel suono nelle orecchie spesso mi addormentavo, pacificata, ancor prima di vedere al luce filtrare dalla tapparella: la giornata dei passeri comincia ben prima della nostra.


Ma il passero di oggi è il primo che vedo nell'anno, e i cinguettii che si sentono al mattino sono ben pochi in confronto al fragore gioioso che si scatenava fino a un paio di anni fa.

E nel Danubio ci sono i fanghi che uccidono ucciso, e le alluvioni... be', ogni città colpita sembra comportarsi come se il fenomeno fosse locale, e non lo è: tifoni, trombe d'aria, piogge monsoniche, frane sono ormai una realtà europea, che ha già messo in ginocchio città ben più ricche e organizzate dalla nostra. E se siamo fortunati non ci sarà solvente nell'Atlantico, ma il petrolio della Bp non si sa per quanto continuerà a fare danno.

Potrei continuare, con una lista di disastri ambientali che di giorno in giorno diventa non solo più lunga, ma soprattutto più diffusa e più fatalisticamente annunciata, nella consueta schizofrenia tra il catastrofismo delle notizie (che sennò, si sa, notizie non sono) e l'indifferenza visibile nella loro collocazione, nelle reazioni che (non) suscitano.

Questa notizia, per esempio, era in fondo al colonnino  delle


"notizie minori" di Republikit. Certo, che ci frega a noi del colibrì? Peccato che sia lui a mantenere verde il polmone verde del pianeta, già, e che sia a rischio di estinzione. Pessima idea quella di affidarsi all'Italia, ma tant'è, non è l' unico ospite prezioso di cui mettiamo a rischio la vita e la dignità.


Però. Però una fonte sicura come il KGgB ha riportato l'altro ieri una conversazione con una sua insegnante, elettrice di Berlusconi e conservatrice di sentimenti, ma nonostante ciò persona... be', diciamo "persona che ragiona". Ebbene, dopo la delusione e lo schifo che questa insegnante esprimeva per l'operato del governo, è poi emerso il fattore che lei giudicava più importante per dare il suo voto a qualcuno: i cambiamenti climatici, di cui nessuno parla e che nessuno mette in primo piano nella sua azione politica. "Non vado più a votare, ma se ci vado voglio qualcuno che faccia qualcosa per il clima."



Speriamo sia Vendola e non il berciante beppegrillo a raccogliere un voto del genere, ma a prescindere dal voto la frase mi è sembrata uno spiraglio di speranza: la forza delle idee e dei cambiamenti è una piramide rovesciata, e quando la base comincia ad allargarsi è buon segno.



(Scusate l'impaginazione demenziale degli ultimi post: anche il web non sfigge alla regola secondo cui se c'è qualcosa che va bene, viene cambiata e peggiorata: Blogger fa quello che vuole, e non è quello che vorrei io. Toccherà migrare.)

sabato, ottobre 02, 2010

RAGIONE E RAGIONAMENTO


Da Oviesse, gli altoparlanti sparavano musica araba. e la commessa ha riposto con disinvoltura, in italiano, a una domanda formulata in spagnolo. i ragazzini autistici non fanno più le giravolte sullo skate, ma gli equilibrismi sulla bici da cross. i pomodori quest'anno, nelle terre più vicine alla città non sono maturati, mi si dice; ma a Tortona la vendemmia si è sempre svolta in mezzo alla nebbia, e invece da una decina d'anni sembra una vacanza, dal sole che c'è. del resto, ieri era una giornata da inizio settembre e oggi da quasi novembre. le sculture non sono più di marmo e bronzo, ma neanche i libri sono più di carta. per non parlar dei vestiti, che ormai sono tutti di plastica (e chissà se riuscirò mai a capire come, con il petrolio che costa e scarseggia, risultano pur sempre più redditizi  i filati sintetici del cotone, della lana, del cuoio: cosa ne fanno, pies, della pelle dei bovini che, dicono, si mangiano ormai ovunque in quantità inimmaginabili? ma questo è un altro post). E comunque, la verdura adesso costa più di un pollo o di una fettina da supermercato. E l'odiato pantrito della mia infanzia è diventato una specialità da gourmet. 

Così,  non credo che ci sia proprio da stupirsi se c'è ormai tante genti che non ragiona con coerenza, come ci dice lanessie con divertenti e tristissimi esempi.  Credo che la coerenza sia proprio sparita dal mondo, in questi momento: in modo particolare qui da noi, ma non solo. 
 
Me mi fa impazzire una cosa, tanto per fare un esempio: ci hanno cassato le lampadine che facevano una luce decente, ci fanno sentire criminali se capita di lasciare aperto il frigo mentre si prende la padella, ci obbligano a fare i lavori domestici durante la notte (vi siete accorti che altrimenti pagate di più, sì, eh?), ci chiedono di trasportare periodicamente sacchi di vetro, di lattine, di carta, di plastica.
Tutte cose giuste. Stragiuste.
E poi c'è una fonte di energia totalmente gratis per il singolo e la collettività, che è il sole, e una sana abitudine  generalmente facile da praticare,  radicata negli usi nazionali e spesso immortalata in opere d'arte e depliant turistici: che è stendere il bucato all'aperto. E poi, ancora, c'è la crisi economica con le famiglie indebitate, e le bollette non sono certi la voce più lieve. 
Infatti,  cosa cercano di lanciare, con pubblicità insinuanti e promesse di benessere? L'asciugabiancheria. 
Ecco, lo so che non è peggio di tante altre cose, ma appunto: l'incoerenza è ormai stile e modello e norma. E incubo, già. 

Che di fronte a un mondo o a una persona che non riesce a trarre una logica conclusione neppure da ciò che lui stesso dice, di fronte a una superficialità così esaperata da diventare una sorta di handicap, davanti alla sicumera di chi vuole credere a menzogne per sentirsi nel giusto contrapponendole ad altre menzogne, non si sa più cosa fare. 
Che metodi, che armi, che incentivi usare? Ogni azione può avere risultati imprevisti, quando il filo non è più quello logico.

C'è sempre più gente, ci dice questa settimana il Venerdì di Repubblica, attratta dal modo di vivere degli Amish, la davvero affascinante setta che in America vive come nell'Ottocento. 
Certo che viene voglia di tornare indietro, quando tutto era (o così sembra a noi) più faticoso ma più semplice.   
Sottovalutare questo desiderio di semplicità a me pare il grande errore della sinistra, che cerca di ritagliarsi uno spazio e un ruolo adattandosi e confondendosi con un mondo che ormai è quasi tutto incoerente, contradditorio e impossibile, quindi, da gestire senza sottili distinguo e compromessi discutibili.

Ma d''altro canto: è bene che Oviesse diffonda musica araba? Certo che sì, è anche da questi cambiamenti della quotidianità che passa l'integrazione fra popoli diversi. Ma è bene anche se così cercano solo di conquistarsi altri consumatori? Eeeeeeh, be', ecco, il marketing, il consumismo, la povera gente che si svena per comprare tre tutine al bimbo invece di due, tre cellulari al posto di nessuno... 
E' bello, no, che i ragazzi rivalutino le bici? Ma se poi serve per consumare preziose risorse per fabbricare bici che verranno abbandonate nei box fra un anno? Eeeeeh, be', sempre meglio che un altro motorino, meglio che rimanere svaccati davanti alla tv, ma insomma, ecco, lo spreco, la moda...
Se non ragionare è facile, bisogna ammettere che ragionare sta diventando sempre più difficile.

Così, forse è per questo che trionfano gli integralismi, ma anche gli Amish e magari perfino Greenpeace: obiettivi chiari, semplici, definiti. 
Che le nostre vite, così brevi comunque, non sono fatte per farci stare dentro tutto quel sacco di cose che ci stiamo infilando:  per ottenere quel risultato non si può non sacrificare l'approfondimento, la riflessione, il ragionamento appena più complesso. 
E questa è una cosa che al Potere - per usare una definizione molto sessantottina ma ancora buona - piace un sacco.

A un certo punto ci sarà, io penso, una specie di ricetta per uscire da questa impasse: un po' come succede anche nelle storie d'amore (o di disamore), quando improvvisamente tutto ciò che sembrava irrisolvibile senza aggiungere casino al casino diventa chiaro, col suo prezzo e il suo vantaggio, e si fa. E' successo così altre volte, nella Storia, e chissà se qualcuno prima o poi scoprirà anche perchè l'umanità ha bisogno - individualmente e collettivamente  - di arrivare vicino (o dentro) alle catastrofi prima di cominciare a ragionare.

Nel frattempo, noi Farfalle della Rivoluzione possiamo intensificare il nostro lavoro di cogliere fior da fiore, prendendo una cosa buona qui e una buona là, per resistere a quelle cattive che imperano. 
Non rinunciando alla Cultura, prima di tutto, che va difesa con curiosità, senza chiudersi nel già noto (quanto di noi leggono libri di autori non occidentali? quanti ascoltano musica di altri popoli? quanti conoscono le arti figurative orientali? o l'arte contemporanea, o le filosofie che si vanno affermando?), e il ragionamento in secondo luogo, che ben si fa a mettere qualche pulce nella testa dei grilli, e anche di altri. E anche di noi stessi. 
E poi, chissà, magari provare a smettere di ragionare a blocchi di pensiero avrebbe un suo senso: il beppegrillo lui mi dà il voltastomaco, ma posso ben firmare una petizione dei grillini, se la condivido. E magari si può anche smettere di pensare che il nostro voto premi tutta l'intera  politica di un partito, o che un partito che in quel momento può essere utile (e non bello, giusto, bravo e puro) si possa votare per poi opporsi a ciò che non ci piace, anche se gli abbiamo dato il nostro voto. Con alcune barriere che mi sembrano essenziali: e su questo sono dell'idea che le discussioni dovrebbero essere ben di più e ben più toste, data sì la fascinazione delle destra su un parte della sinistra.
Si rientra così nella complessità? Io non credo: credo anzi che tornare a cercare un rapporto diretto fra le proprie azioni e un risultato sia un inizio di coerenza. 
Tutto sta, per ora, a capire qual è il risultato a cui teniamo. Non che sia poco, ma.