lunedì, settembre 05, 2011
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Ecco, io tornerei ben volentieri a scrivere su questo blog - e anche altrove. Ne avrei così voglia che a volte, nei momenti di quiete, mi penso i post che potrei scrivere e me li scrivo nella mente. Ma i momenti di quiete sono pochissimi: anche il sonno della salute genera mostri, e devo vedermela con loro.
Avrete, o voi lettori costanti che venite a vedere se finalemnte qualcosa di nuovo c'è, ancora un po' di pazienza?
venerdì, agosto 26, 2011
SVOLO A VISTA
Ci vuol poco a traviare un blogger: basta che sia gà troppo tardi per scrivere un post decente e che, soprattutto, un nuovo lettore di affinità natali dimostri il suo apprezzamento per l'osservazione sul volo dei piccioni ( e sì, ha ragione anche sulle tortore) per trasformare un concettoso post che si rigira nella mente già da un po' in un esercizio di osservazione.
Be', gli argoment sono diversi: il post che ancora una volta rimando sarebbe su un bellissimo librettino di un polacco a noi credo ignoto, Mariusz Szczygiet, "Reality" pubblicato da Nottetempo, che apre la strada nientepopodimeno che a riflessioni sulla vita.
Il secondo, quello che vi tocca ora, è invece Ciò che vedo dalla mia finestra, che è ciò che mi diverto descrivere nella mia mente quando non riesco a pensare di meglio: in realtà entrambi i post hanno a che fare con l'osservazione, come scoprirete se mai riuscirò a scrivere il primo e come è lampante in questo che segue - se riesco ad abbandonare quest'abitudine di scrivere premesse più lunghe del post.
Che ho anche scoperto che un sacco di gente non guarda mai, proprio mai, con attenzione e libertà di pensiero qualcosa che sia vivo e vitale, e non un aggeggio elettronico, un motore o un pezzo di carta, e me ne dispiaccio.
Be' insomma, essendo che le mie finestre sono sopra le cime degli alberi, in cima alla Rocca, ho due scelte: o guardare giù i vicini coi bambini che giocano nel prato - e mica è bello, neh, se non ogni tanto - o aspettare le ore più quiete e guardare la popolazione avicola. Ovviamente, tutti capiranno perchè devo ricorrere a curiose perifrasi per definire gli oggetti delle mie osservazioni, perciò procedo.
Venire ad abitare qui è stata una sopresa: di fronte alla casa dove stavo prima c'erano un po' alati abitanti, ma vivevano nel folto di un muraglione e non si vedevano mai, invece qui ho scoperto gente volante che non avevo visto mai. Specie che ormai vivono in città, ovviamente, ma che raramente si possono osservare con calma.
E così, nella vacuità che a volte prende specialmente se è un tramonto pigro per scelta o per forza, si tende ad antropizzare: i pappagalli verdi grandi - quelli piccoli qui non ci sono - fanno casino tutto il giorno, ma al calar del sole sciamano gridando come bambini che escono da scuola e si posano sul larice uno qua e uno là, come decorazioni fuori tempo e fuori cromia dell'albero di natale. Non stanno mai in due nello stesso posto: se uno prova ad occupare l'unico posatoio che c'è qui in giro - un'alta sbarra di ferro su cui ci starebbero in dieci - il precedente occupante si sposta lungo il bastone finchè non spinge via il malandrino, proprio come a scuola i ragazzini refiosi sulle panche. Uno si immagina i pappagalli animali allegri e ridanciani, e invece mica tanto, neh? I merli invece lo sono, con i loro fischi che mettono subito il buonumore e il loro saltellare dinamico e spensierato insieme.

I gabbiani sono usciti dal periodo di piccoli e nidiate, ma non ne manca mai almeno uno con la sua stridula risata, e poi naturalmente ci sono tutti gli altri, quelli che si sospettano e

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giovedì, agosto 25, 2011
HOT NOTES
Dispiace se non lo avete letto ai suoi tempi - o anche adesso, se i suoi tempi non ce li avete
- perchè così mi sento in questi giorni.

Un po' meno tragicamente, d'accordo, ma c'è questa magica iniezione che mi tira fuori dal mondo ovattato della febbre alta, in cui io sono perfino refrattaria ai deliri. Non che mi dispiaccia, ma almeno sarebbero un'attività, una distrazione. Invece riesco solo a rispondere a tono se qualcuno mi parla, ma non sempre ho voglia di farlo, da dentro la mia nebbia sonnolenta.
Quando arriva l'iniezione torno simile a me stessa per un buon 80% - e siccome in questa percentuale è compreso lo spirito critico e menosamente didattico, tutti lo giudicano già così più che bastante - invece che per quel 15% dello stato febbrile, e in più c'è un surplus di attivismo. Basti dire che sono sveglia dalle 7. 30 di stamani, che per una strega/gufo è un sovvertimento del'ordine naturale della cose. Solo che, come Algernon, so che lo stato di grazia avrà un termine, e ogni volta è una tensione giocare a indovinare quale sarà. Fottitene, direte voi, e me lo dico anch'io. Ma tanto facile non è.
Se dura ancora domani, però, potrei provare a mettere insieme un post: anche se, lo si intuisce, i miei argomenti di conversazione di questo periodo non sono moltissimi. Però quando, pur nella febbre, un piccione è passato davanti al divano, ho pensato che i piccioni volano come quelli che camminano s-ciabattando. Fateci caso, sciatti uguali: e questa perla di vèrita ve la regalo già fin d'ora, neh?
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giovedì, agosto 11, 2011
GRANDE E' IL RIOT SOTTO I CIELI
Molti dei miei non molti lettori sono beatamente in ferie, quindi posso lanciarmi nelle mie Inutili Riflessioni sul Mondo protetta dal temporaneo digital divide, e le riflessioni sul mondo non possono che essere sui "disordini" di Londra.
Il Manifesto li inquadra piuttosto dottamente in una risposta "tradizionale" degli inglesi - peraltro puntualmente sconfitta - ai periodi di recessione, citandone i precedenti fin dall'800, mentre il leader della protesta , Lee Jasper, fa un'analisi non particolarmente acuta (almeno nella versione di Republikit) ma sicuramente corretta:
"La gente non decide da un giorno all'altro di appiccare le fiamme. È un lungo processo. Sono tutti gli abusi subiti, tutto il malcontento covato per anni a scoppiare. Ecco cosa succede quando una comunità viene abbandonata a se stessa, quando la politica non se ne fa carico. Condanno le violenze, ma solo in parte. Condanno molto di più la violenza economica: la disoccupazione, la mancanza di opportunità che nega ai giovani un futuro. È una violenza che non viene riconosciuta. Ci si sofferma sul sintomo e non sulla patologia: il sintomo sono le violenze di sabato, ma la patologia è l'alienazione di un'intera comunità lasciata a se stessa".
Per quello che sembra a me, da lontano, il dato nuovo sono la violenza gratuita e i saccheggi: non che in passato non ci fossero per niente, ma man mano diventano più importanti, oscurando sempre più le pur sensate motivazioni di proteste che invece partono da una motivazione politica. Rispetto ai "disordini" del passato, i saccheggi nei negozi di elettronica e vestiti firmati non possono che alienare le simpatie di quanti sarebbero invece disposti a riconoscere giuste ragioni ai dimostranti, perfino quando le proteste sfociano in scontri con la polizia, come è abbastanza sempre successo oltre una certa soglia.
Ma che si vandalizzi e, pare, si uccida, per rubare venti paia di Adidas... per fortuna c'è ancora un sacco di gente che non è disposta a ritenerlo nè giusto nè giustificabile.
E, ovviamente, è molto più facile per chiunque "introdurre" ragazzotti vogliosi solo di casino, tanto più se gli si indicano bene - parlando lentamente - i possibili obiettivi: lì il negozio di computer, laggiù i giubbotti, le scarpe proprio dietro l'angolo. Ne abbiamo avuto la prova a Genova: i black bloc sono così facili da imitare...
Ma ciò non toglie che i black bloc "veri" siano una realtà europea, a cui di volta in volta si possono aggiungere i puri e semplici vandali e ladri, e se Cameron ha ovviamente torto nel ricondurre tutto alla criminalità comune e alle gang, è altrettanto ovvio che entrambe le categorie cavalcano alla grande i disordini.
Non c'è più un gran controllo politico e concreto su quella che nasce come protesta, soprattutto se prende la forma tradizionale di corteo o manifestazione: anche qui da noi, dove pure si sono avuto mille "piccoli" scontri con la polizia in mille piccole (e quasi sempre ingiustificate) occasioni, con l'eccezione della Val di Susa negli ultimi dieci anni non ci sono stati episodi di grande violenza nella strade: ma dal G8 in poi le manifestazioni si svolgono tutte "in difesa", attenti noi per primi a non fornire nè percorsi nè pretesti nè spunti per far spaccare una vetrina, per far cercare lo scontro a tutti i costi, perchè qualcuno possa tirare un sasso contro qualsiasi cosa, dando così il via a un casino che rischia di diventare immediatemente ingestibile.
Tutti noi, infatti, sappiamo di qualcuno - con la convinzione che dà l'esasperazione quando è unita alla gioventù e quasi sempre a una scarsa cultura - avrebbe voglia di far casino anche se poi si limita a parlarne, ma soprattutto tutti noi conosciamo ragazzini che ogni mese si spendono più di mille euro (e poco importa se li guadagnano, visto che vivono in casa spesati di ogni altra cosa) in vestiti e gadget elettronici: se c'è l'occasione, e magari l'amico che ci va, perchè non arraffare quello che altrimenti dovrei pagare?
Ecco, io credo che il pericolo di infiltrati e stupidi ci sia sempre stato, nella storia della protesta, ma ora il rischio è altissimo: e se per evitarlo dobbiamo - saggiamente, finora - ripiegarci su noi stessi, ha ancora senso la protesta nei termini e nei modi tradizionali? Le cittadelle di indignados, pur anche loro ad altissimo rischio di indesiderabili dal punto di vista politico, sono lasciate sostanzialmente in mano al qualunquismo: la sinistra, ormai, è lentissima nel reagire ai fenomeni nuovi, vedi il sostanziale non-schieramento sulla protesta greca che pur è stata più "pulita" di quella inglese e più largamente motivata dal punto di vista politico.
Come ho detto, sono Riflessioni Inutili, che se ci avessi la soluzione non sarei qui ma starei andando da qualche parte su un vagone piombato: ma penso che finchè si può sia più opportuno e più proficuo lavorare in positivo, unire le forze per fare invece che per opporsi -
lo sciopero generale continua a essere suggestivo, ma in un'economia che vede tra le sue forze principali la criminalità, il sommerso e il virtuale, che senso reale ha? - cercare di allargare e consolidare le migliaia di proposte di vita e mondi alternativi. Prima o poi, quando diventeranno minacciosi, bisognerà lottare davvero per difenderli, per impedire che siano di nuovo resi innocui, ma a quel punto si saprà almeno per cosa si lotta.

E, nel frattempo, sarà l'età, sarà la formazione, ma io preferisco i londinesi con le scope e i post-it a quelli con il cappuccio e agli altri con i lacrimogeni: non per difendere l'ordine costuito, ma perchè finchè posso vorrei comunque vivere in una società più civile, e non meno.
Dopotutto, quando i mercenari combattevano per opposte fazioni, la gente normale, comune, la "povera gente" era sempre quella che ci perdeva di più.
Eppure, detto tutto ciò, mi sovviene che la Storia procede per errori e tentativi, da qualunque parte la si voglia tirare, e che i grandi cambiamenti del passato sono stati preceduti da un sacco di masochistiche prove generali: fallite e quasi sempre controproducenti sul momento, ma che alla lunga hanno fornito quel substrato su cui la Storia ha cambiato direzione, almeno per un po'.
E quindi ? Mah, forse bisogna comunque essere lieti che esista una gioventù autolesionista? Forse. Ma se becco un ladro di scarpe lo picchio con il mio bastone da nonnetta.
sabato, agosto 06, 2011
CE L'HO UNO NUOVO WIZ!

Così diceva il nonno dello gnomodemivida allo zio dello stesso, quando si incontravano: e da lì cominciavano a parlare in ungherese. Non si sa, quindi, se i wiz erano gli stessi che oggi racconta Moni Ovadia, o più probabilmente aneddotti e storielle di vita vissuta e arguzia tradizionale.
Io, peccato per voi lettori, non ce l'ho uno nuovo wiz, ma appunto solo uno di quelli di Moni Ovadia: però mi serve di raccontarvelo, e perdonate se glisso sulla pronuncia yiddish e se cito a memoria, senza copiare.
C'è dunque quest'uomo poverissimo, il solito Moishele, che con moglie e una pletora di figli abita in una miserabile stamberga dove non c'è posto per nulla - e non sarebbe un problema, dato che non hanno nulla - ma soprattutto per nessuno: vivono tutti ammassati, tentando tuttavia di mantenere un certo decoro. Ma un giorno, il suocero muore: e dove può andare la suocera, rimasta sola, se non in casa della figlia? Tutti si stringono per fare posto alla suocera, e altrettanto succede quando il destino vuole che debbano accoglire anche una nipote rimasta orfana.
La casa scoppia, non ci sono nè sedie nè letti per tutti, e quando tutti sono dentro casa alcuni devono stare in piedi, che neppure sul pavimento ci sarebbe posto se volessero sedersi.
Moishele, disperato, si rivolge al rabbino:"Cosa devo fare, o rabbino? Non è più una casa, quella, non ci possiamo più stare in quelle condizioni!" "Compra una capra" consiglia molto serio il rabbino. "Una capra??? E dove io metto una capra??? Sei impazzito, rabbino? " " Tu dà retta, tu porta a casa la capra e presto mi ringrazierai. "

Dopo un paio di mesi, l'uomo e il rabbino si incontrano: "Ohi, Moisehle! Come va?" chiede il rabbino.
"Rabbinuccio mio, che stupendo consiglio mi hai dato: da quando non c'è più la capra, sapessi come stiamo bene a casa.... Ah, che spazio, come stiamo tutti belli larghi...! Grazie, rabbino, davvero grazie!"
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venerdì, agosto 05, 2011
AVVISO AI NAVIGANTI
Stamattina mi hanno tolto litri di sangue in cambio di un filo di speranza, e volentieri glieli ho dati. E siccome la melancolia - come si chiamava più elegantemente un tempo la depressione in sordina - si porta dietro con facilità un po' di retorica, mi è venuto da pensare che è quello che succede di questi tempi a un sacco di gente, e in modi nettamente meno asettici e indolori, e mi sono un po' vergognata. Che, a ben considerare, anche chi vive poco, ma qui, ha almeno vissuto "bene", o quantomeno non è dovuto passare per una serie di orrori.

Be', sì, riflessioni melancoliche, non c'è dubbio. Eppure oggi, nel primo giorno in cui sto meglio da un po' (senza che questo significhi che sono avviata a star bene, sennò non avrei bisogno di fili di speranza) ho pensato che se volevo continuare questo blog forse dovevo rassegnarmi a scrivere anche di quello che sto cercando di tenere fuori dalla mia vita - ed è una bella lotta, perchè lui cerca invece di sbattere fuori me dalla mia vita, il gran bastardo.

E, detto ciò, dovrei forse congedarmi con un qualche filosofeggiare più originale di quello che ha aperto questo post, ma facciamo che per oggi basta: ora sapete cosa vi può capitare.
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lunedì, agosto 01, 2011
UH, CHE BARBA

A un certo punto, però, mi sono annoiata e ho quindi pensato a come si sarebbe vieppiù annoiato chi per sventura fosse capitato su quel post. Ve l'ho risparmiato, quindi, anche se ciò vuol dire che non c'è null'altro a rallegrare questo blog, neppure quest'oggi.
Così vi regalo la foto del bestiolino mimetico di cui non so il nome, che è rimasto immobile mentre gli catturavo l'anima.
giovedì, luglio 28, 2011
UN VELOCE SALUTO
Ecco, non è la foto del giorno ma una di quelle delle vacanzina: la lascio qui, giusto per far sapere che prima o poi torno, e perchè in qualche modo mi pare un buon riassunto di come mi sento, scoordinata e sghemba e con cose dentro tipo riflessi e luci e vuoti e chissà cos'altro, ma lassù. Al momento non tanto raggiungibili, e poi chissà.
giovedì, luglio 21, 2011
NOT MAGIC MOMENT
Non sto parlando più con nessuno.
Non sto scrivendo più a nessuno.
Non sto scrivendo più niente.
Non sono andata per saldi.
Non leggo niente di nuovo, rileggo per la terza volta solo i libri che fanno ridere.
Non mi dedico ai lavori domestici.
Non vado al mare, ma per questo sarebbe strano il contrario.
Non faccio più foto.
Non voglio più sapere niente del mondo.
(Anche se oggi, per il decimo anniversario dell'uccisione di Carlo, ero in piazza. Quei venti minuti.)
Non voglio più fare i ragionamenti che ho in testa.
Non ho più pazienza.
Non sto neanche piangendo.
Prendo i momenti di gioia e me li coccolo, ma scappano via presto.
Cazzo di anemia, prende anche il morale?
sabato, luglio 16, 2011
DALL'ESTERO, INFINE
.. che in verità siamo già tornati, ma c'è ancora un sturielèt che mi va di contare.
Due torri mica tanto belle, niente a che vedere con dame e cavalieri: la prima sarà lì da un trenta-quarant'anni, nel quartiere industriale, ed era un silo per lo stoccaggio di qualcosa che non so più.
E' la storia di una torre, anzi due.

Il quartiere industriale non è più tale, come ovunque nel mondo occidentale, e lo stanno trasformando a tutta velocità in un' ampia zona di servizi culturali, sociali e di divertimento: passando sotto un viadotto ferroviario trasformato in percorso sportivo che collega velocemente al centro, si arriva nell'ex-quartiere operaio, dove c'è un enorme parco con fontane-piscina per i bambini, e dove le strade hanno nomi di uomo, come altrove di fiori: Giuseppe, Heinrich, Gustav... Ora è abitato da immigrati, come del resto già ai tempi delle fabbriche, ma questa è un'altra storia.
La storia della torre, invece, vede l'installazione sul vecchio silo ( che di vecchio non ha nulla e scintilla nel sole) di un lunghissimo pannello solare, in modo da sfruttare al meglio l'altezza dell'edificio. Per motivi che non ho ben capito, a chi sta realizzando le strutture per rinnovare il quartiere viene in mente che un'altra torre, uguale o più alta della prima, non ci starebbe male, sempre con i suoi pannellini solari. E quando dico "torri" non sto parlando di Empire eccetera, ma dell'equivalente di un grattacielo di venti piani, o giù di lì.
Ma.
Un edificio crea ombra. Un edificio più alto crea più ombra. E in un Paese in cui i mesi invernali sono lunghi e grigi, l'ombra non è la benvenuta. Quindi, la gente che abita lì intorno si oppone alla costruzione della seconda torre: e se poi mi toglie il sole dal mio balconcino? e se poi al mattino non ho più neanche quel po' di luce? 

Chi governa la città si guarda bene dal prendere per il culo queste persone, dal tacciarle di egoismo e dal lanciarsi in vaghe rassicurazioni: chiede invece al progettista della torre di calcolare l'impatto dell'ombra. E lui, precisino, si mette lì e calcola, ora per ora e stagione per stagione, quanta ombra farà la torre alle case circostanti. Terminato lo studio, gli oppositori lo ricevono, lo valutano e infine si esprimono sulla costruzione della torre, insieme a tutti gli altri, attraverso un referendum locale . Che, valutati per bene i pro e i contro, questa volta viene giudicata fattibile.
A questo punto forse è facile capire che l'Estero è la Svizzera - la città, Zurigo, che non è proprio una cittadina morta la cui amministrazione non ha nulla da fare.
La Svizzera da noi non gode buona fama: in parte per come ha trattato gli immigrati quando gli immigrati eravamo noi ( e voglia il destino che gli immigrati di oggi non siano altrettanto rancorosi degli italiani, chè di sicuro ci stiamo comportando ben ben peggio degli svizzeri di allora), forse per altri fondati motivi. Ma, sicuramente, perchè gli svizzeri hanno fama presso i popoli latini di essere piatti, privi di fantasia, maniacali e ordinatini, così che non si può fare a meno, no? di sbeffeggiarli o, nel migliore dei casi, compatirli.
Vuoi mettere, infatti, come ci divertiamo un sacco di più noi, a prender botte da dieci anni dalla polizia contro la Tav, a galleggiare nella rumenta, a prenderci per il culo reciprocamente con i nostri governanti? Uhhh, ragazzi, non c'è paragone, suvvia.
mercoledì, luglio 13, 2011
DALL' ESTERO 2
Hanno evidentemente litigato, basta guardarli per saperlo. Uno di quei litigi dove lui non capisce bene cosa ha fatto, ma lei lo sa benissimo. E infatti sta seduta tutta rigida, tutta in pizzo, incurante della gente che la guarda. Lui, un po' marpione un po' strisciante, le si avvicina e le gratta piano la schiena. Lei si scosta con ostentazione. Lui aspetta un po', quindi si spinge sul sedile fino a raggiungerla di nuovo e ci riprova, con quel gesto di affetto sulla schiena. Lei si sposta, ancor prima che lui abbia completato la manovra. Lui si guarda intorno, sconsolato, accenna a un terzo tentativo e lei si sposta ancora più lontano. Allora lui rinuncia: con acume psicologico non facile da trovare nel genere maschile, si limita ad osservarla di sotto su, l'espressione avvilita e mortificata, le braccia abbandonate lungo il corpo. Rimane in attesa, e fa davvero pena quella sua grande tristezza, quel suo evidente non capire la propria colpa.
Lei continua a ignorarlo, e lui niente, non accenna più neppure un gesto, solo il viso si allunga sempre più. Ma ecco che lei cambia posizione, si gira di tre quarti verso di lui, pur continuando a non guardarlo. E lui immobile, riesce a non approfittare di quell'evidente apertura, e fa bene: dopo un'adeguata pausa, ecco che lei gli si avvicina, gli appoggia la testa sulla spalla.
Sinceramente sollevato,lui cambia del tutto espressione e i più amorevoli sentimenti gli appaiono sul viso mentre, finalmente, può cominciare a spulciarle la schiena sicuro della buona accoglienza di lei.
I due oranghi hanno fatto pace: lei si lascia coccolare un poco e poi va via. Lui forse avrebbe voluto di più, ma la prende con filosofia e, come tutti i ragazzi del mondo, liberato dai problemi immediati di cuore può finalmente divertirsi un po'. Si gira verso i visitatori, li scruta, li prende un po' in giro con un sorriso a mille denti attaccato al vetro, e infine se ne va anche lui, seguendo la sua bella.
Nota:
Non sono favorevole all' istituzione zoo, tuttavia credo sia un po' ipocrita o troppo ingenuo far finta che tutti gli animali potrebbero ancora vivere liberi, dato che il ritmo con cui si estinguono le specie. In ogni caso, gli oranghi di cui racconto sono due giovani nati entrambi nello zoo, come i loro molti compagni- tra cui un piccolo giocherellone ed incantevole- da tre individui originari nati a loro volta nei centro di conservazione e salvaguardia di Jersey e di Stuttgart.
Lei continua a ignorarlo, e lui niente, non accenna più neppure un gesto, solo il viso si allunga sempre più. Ma ecco che lei cambia posizione, si gira di tre quarti verso di lui, pur continuando a non guardarlo. E lui immobile, riesce a non approfittare di quell'evidente apertura, e fa bene: dopo un'adeguata pausa, ecco che lei gli si avvicina, gli appoggia la testa sulla spalla.
Sinceramente sollevato,lui cambia del tutto espressione e i più amorevoli sentimenti gli appaiono sul viso mentre, finalmente, può cominciare a spulciarle la schiena sicuro della buona accoglienza di lei.
I due oranghi hanno fatto pace: lei si lascia coccolare un poco e poi va via. Lui forse avrebbe voluto di più, ma la prende con filosofia e, come tutti i ragazzi del mondo, liberato dai problemi immediati di cuore può finalmente divertirsi un po'. Si gira verso i visitatori, li scruta, li prende un po' in giro con un sorriso a mille denti attaccato al vetro, e infine se ne va anche lui, seguendo la sua bella.
Nota:
Non sono favorevole all' istituzione zoo, tuttavia credo sia un po' ipocrita o troppo ingenuo far finta che tutti gli animali potrebbero ancora vivere liberi, dato che il ritmo con cui si estinguono le specie. In ogni caso, gli oranghi di cui racconto sono due giovani nati entrambi nello zoo, come i loro molti compagni- tra cui un piccolo giocherellone ed incantevole- da tre individui originari nati a loro volta nei centro di conservazione e salvaguardia di Jersey e di Stuttgart.
martedì, luglio 12, 2011
DALL'ESTERO
...e con l'Ipad - ossia con qualche limitazione- ma voi non fateci caso.
Ordunque: ora del passeggio serale davanti alle vetrine illuminate. Subito davanti a noi una coppia interetnica, lui in bermuda e abbondanti chili dentro, lei chiattotta in gonnellina di jeans. Sfigatomedioandante, insomma, niente di speciale. Si fermano davanti a una vetrina che espone una t-shirt che avemmo già notato, con un improbabile Paperino bianco rosso e verde a corredo di una scritta: " I wonna be Italian" legge lui incredulo, e scoppia a ridere subito imitato da lei. Una risata con sbruffo. Li lasciamo allontanare nella sera, che ancora ridono.
Ordunque: ora del passeggio serale davanti alle vetrine illuminate. Subito davanti a noi una coppia interetnica, lui in bermuda e abbondanti chili dentro, lei chiattotta in gonnellina di jeans. Sfigatomedioandante, insomma, niente di speciale. Si fermano davanti a una vetrina che espone una t-shirt che avemmo già notato, con un improbabile Paperino bianco rosso e verde a corredo di una scritta: " I wonna be Italian" legge lui incredulo, e scoppia a ridere subito imitato da lei. Una risata con sbruffo. Li lasciamo allontanare nella sera, che ancora ridono.
giovedì, giugno 30, 2011
EHHH, BELIN....
Be', non posso astenermi. Devo assolutamente farvi partecipi di questo spaccato di mentalità genovese, che come al solito mi è stata illustrata da un tassista, categoria di cui molti esponenti andrebbero portati sulle scene di peso, salvo che forse perderebbero tutta la loro vis comica. Perchè loro, ovviamente, non la immaginano tale: decaduto il ruolo dei marinai e dei commentatori di strada, è rimasto il tassista a provare un intimo godimento nell'arte locale del rinomato Mugugno, e ognuno la esercita a modo suo.

E così, conversando, di gradino scivoloso in gradino scivoloso si arriva a concordare che in questa città non succede mai niente: solo i voli da Mosca portano qualche cliente - una corsa al mese, forse fino a Ventimiglia, chi è fortunato la prende. ma poi, inutile si fa a giro, ciù de tantu neanche dai voli da Mosca ne sciorte, o belin.
E non succede mai niente neanche di fatti delittuosi, aggiunge imprudentissimamente lo gnomo della vita mia, lo sanno bene al giornale dove non hanno di che riempire la pagina di cronaca nera. Poi, per evitare di essere frainteso, commenta con sollievo e favore questo fatto.
Il tassista si schiarisce la voce, meditabondo. Che, eehhh, per carità, certo che è bello che in città non ci siano più delitti, ma... Ma?
Ecco, prendiamo gli scippi, ad esempio: manco più uno scippo, c'è. E perchè? Ma perchè lo sanno, no, che ci aveva una catenina ormai l'ha portata all'Aurum, no? E' la crisi, ecco quello che è. Che, ce lo dico io, c'è un segnale per capire la crisi: le donne di strada.
E, mi raccomando, che qualcuno avvisi la sindaco: altro che campagne moralizzatrici, noi "le donne di strada" le vogliamo in giro, le vogliamo dappertutto. Per sentirci ricchi e, casomai, brontolare che non si può andare così, con 'ste puttane a ogni angolo, neveeero?
lunedì, giugno 27, 2011
ANIMALIA
Che non sembri che mi disinteressi dei NoTav, delle cariche e di come buttano le lotte presenti e future, chè non è proprio così. Ma ho visto solo Turi che va incontro alle ruspe, e scusatemi se dopo dieci anni non ho voglia di vedere altri manganelli, lacrimogeni e fughe e scontri, sia pure in video. Aspetto di saperne un po' di più, che magari mi viene in mente qualcosa oltre alle ovvie banalità.
Nell'intanto, spero di regalarvi un sorriso con queste tre foto tratte dalle gallerie del National Geografic, una delle quali illustra un paziente lavoro del WWF che ha permesso di scoprire oltre mille specie ignote in Nuova Guinea. E' una di queste ultime il bellissimo varano blu che sembra stare alla finestra e la lumaca multicolor, mentre il povero tarsio così simpatico rischia l'estinzione. Anche se la buona notizia per chi da piccolo giocava a "Viaggio nel mondo degli animali" (o ne esisteva una sola copia, la nostra?) è che l'Orice bianco l'ha scampata, e ora è solo una specie "vulnerabile"
Di tarsi, si potrebbe portarne un po' qui alla Rocca, sarebbero carini assai... e, a proposito, non ho più visto il riccio - sarà stato un turista, solo di passaggio? o dovrò andare in giro nelle notti di pioggia sperando di rivederlo? - ma in compenso un'altra famiglia di gabbiani, dopo quella di Vito, sta evidentemente covando e curando la futura prole: giuro che questa volta non mi metterò in ansia per stupidi adolescenti che zampettano sui cornicioni, però sarebbe bello se mamma e papà gabbiano mi lasciassero uscire sul mio balcone senza volteggiarmi intorno con minacciose picchiate.
E, parlando di gabbiani, avete visto il video girato dal gabbiano che ruba la videocamera? Bellissimo, con tanto di cammeo finale del regista, alla Hitchcok. Questo sì, si può vedere senza angoscia nè rabbia.
domenica, giugno 26, 2011
MI RIGO I DISCHI E RIDO

Guarda il pensiero razionale, ad esempio, e ancora più quello sociale che si interessa dei propri simili: basta un niente, come una bella botta di sedativo, per farlo sparire per un paio di giorni se non di più. E poi fa fatica a tornare, nonostante ci si sforzi di compilare diligentemente le bifrontali senza schema della Settimana Enigmistica e perfino di capire il perverso oroscopo di Brezsny sull'Internazionale, tremando al pensiero di cosa può voler dire che ora sono" pronta per affrontare un tipo di divertimento meno stressante e più gioioso."

Così, dài, per questa volta vi racconto soltanto che fra un sonnellino e l'altro ho letto "Tartarughe divine" di Terry
Pratchett, uno dei circa quattrocentoventitre romanzi di questo autore che ancora aspettavano di essere tradotti. E aspettare non gli ha fatto tanto bene: vent'anni fa, all'epoca della sua uscita in lingua originale, Small Gods era probabilmente un misto del feroce divertimento di cui solo Pratchett è capace e di una bella riflessione sul fanatismo nel mondo, presente, passato e futuro. Ora il suo contenuto "serio" appare pur sempre attuale - sarebbe bello che non fosse così, ma ovviamente lo è - e però più ovvio e scontato. Ciononon, non delude le aspettative, specialmente se i vostri studi sono stati di tipo scientifico o filosofico: il bizzarro Mondo Disco non manca mai il suo effetto deformante, che ci fa ghignare con (o anche senza) un senso.

Cosa che tendo a trovare sempre più impagabile.
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lunedì, giugno 20, 2011
STUPIDITA' SENZA CONFINI
... che è un po' l'opposto di tutte quelle belle cose che ormai, per definirsi, si fanno chiamare Senza Frontiere, e ci sono i medici come gli insegnanti e come perfino gli ingegneri (vispi).
La stupidità di solito invece le crea, le frontiere e i confini, ma al tempo stesso è sostanza gassosa capace di espandersi nei luoghi e nei modi più impensati. A volte può sembrare opinabile: io, ad esempio, ritengo che sia sommamente idiota portarsi d'abitudine un cane in borsa, declassandolo da animale a futile oggetto con il prestesto di non farlo stancare. D'altronde, trovo ancora più idiota le mamme (di solito minute e gracili, o obese e affaticate) che si caricano gli zaini scolastici dei figli, e se i figli sono due le mamme portano due zaini.
Ma, vabbe', la Stupidità regna sovrana un po' sempre, in fatto di educazione dei fanciulli, e non sparerò sulla croce rossa.
Mi piace però segnalare questo post della brava Cristina Nadotti, blogger di Republikit che si occupa di animali & dintorni, perchè si tratta di una stupidità apparentemente innocua: chi si fa un piercing io credo possa pensare che anche il suo animale troverà gradevole l'esperienza, come pare abbiano fatto in molti.

Se il suo padrone arriva al punto di fargli fare i piercing c'è da supporre che il torto maggiore che gli fa sia non tanto il piercing quanto il rifiuto della sua animalità e la costrizione in un universo di valori del tutto umani, senza rispetto per la diversità. Ma forse esagero e sopravvaluto, perchè chi nella gara di stupidità arriva secondo più probabilmente si comporterà un giorno in un modo e l'altro nell'altro, semplicemente per capriccio e convenienza, già.
In ogni caso, e sperando che gli animalisti non vogliano linciare anche a me, ribadisco che la mia indignazione è più per l'uomo che si fa bestia che per la bestia costretta a essere uomo.

Il messaggio è un capolavoro, riesce a negare i danni fatti dal cambiamento del clima insinuando che tutto è colpa dei soliti bastardi, un po' come i baristi che non tengono puliti i bagni danno la colpa alla gente "che non si sa comportare". E ovviamente pare che il messaggio sia falso come i molti suoi colleghi che viaggiano sul web: la raccolta delle uova è assolutamente autorizzata, dato che si raccolgono solo quelle da cui non nascerebbero comunque piccoli.
E, in ogni caso, la nostra presunzione occidentale mi fa ribollire il sangue: ben vengano programmi, aiuti e interventi per dare alle popolazioni locale alternative a tradizioni e necessità che oggi fanno a pugni con la conservazione della natura, ma additare alla vergogna della povera gente che scava a mani nude sulla spiaggia... ma quale amore per gli animali può giustificare un simile disprezzo per le persone?
Ma c'è anche un'altra versione della spiegazione della raccolta: la popolazione locale starebbe collaborando a un piano di un Parco Nazionale costaricano, spostando le uova da un luogo all'altro proprio per dare alle uova maggiori probabilità di schiudersi. Lo testimonia, fra l'altro, questo blogger che racconta per bene come stanno le cose.
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mercoledì, giugno 15, 2011
NUMERI E PERSONE
E così, abbiamo festeggiato, e con che gioia e sollievo.
Se avete in mente l'allegro casino dei video dei festeggi romani, be', qui nella Città del Mugugno ci si è invece rallegrati in questo modo: in piazza, ma pochi per volta. Che alle 15 si lavora ancora, alle 16 qualcuno fa merenda, alle 17 forse arrivano tutti, alle 18 che gioia che gioia, alle 18.15 mi tocca di andare, alle 19 chi si fa l'aperitivo?
Rigorosamente banditi strumenti e oggetti atti a produrre o amplificare rumore: c'è un furgoncino con le casse, ma la musica disturba il Festival di Poesia - che fa, a sua volta, musica per i fatti suoi dentro al palazzo.
Un coro o due osano un canto, nessuno si unisce.
Una ragazza urla "Abbiamo vinto, abbiamo vinto!", nessuno si unisce.
Chi ha portato il pennarello per fare il proprio cartello ha dimenticato lo scotch e se lo appende sbilenco alla tracolla, così che si faccia fatica a leggerlo, non fosse mai che veniamo meno alla "giusta misura"; chi lancia timidi slogan presto s'azzittisce sotto le occhiate, partecipi ma mute, degli altri.
Però ci si abbraccia, e si fotografa, e si ride e ci si congratula. E insomma alla fine va bene anche così, siam mica foresti con le loro usanze barbare e caciarose.

Ma per l'intanto, anche se i festeggi sono mosci, lasciamoceli godere ancora un po'. Magari raccogliendo le storie del poi, quelle che rimarranno nella memoria colletiva e quelle che spariranno fra poco in virtù del loro stesso grande numero. Come quelle di chi ha accompagnato a votare un vicino disabile, la vecchietta del piano sopra, il vecchio zio non-vedente, un genitore svanito: contento e orgoglioso di contribuire così alla battaglia, e al tempo stesso mortificato di dover "usare" chi avrebbe fatto a meno di muoversi.

Perchè la creatività, la fantasia e il divertimento sono stati la chiave di volta della costruzione di questa opposizione che sembrava persa e annichilita, e che si è ritrovata: ma questo lo stanno già dicendo tutti.
Quello che non dicono è che, vicino ai fantasiosi e alle loro goduriose creazioni sul web, c'è stato un altro sacco di gente che si è mobilitata in sordina, senza troppo parere: come l'ufficio postale che si è adoperato perchè il certificato elettorale di una mia amica, spedito da casa il giorno prima, le arrivasse in tempo per votare.
Io ho pensato alla "zona grigia" della Resistenza, la definizione con cui una parte della storiografia pur di sinistra definisce il pezzo di popolazione che mantenne la propria indifferenza verso ciò che stava accadendo. La zona grigia fu per un certo periodo oggetto di accese discussioni in casa nostra, non chiedetemi perchè: e io, che sostenevo la masochistica parzialità delle definizione, dicevo che probabilmente molte persone avevano fatto piccole cose che non erano mai apparse da nessuna parte , altro che indifferenza. Gli uffici postali, gli accompagnatori, i condividi di facebook... chi li ricorderà domani?
Dentro a una percentuale le storie non ci sono.
lunedì, giugno 13, 2011
sabato, giugno 11, 2011
ARRIVO, NEH?

Volevo tornare al blog contando di ricci nella Rocca - avvistato uno, subito scomparso - di volantinaggi al pubblico della lirica che risponde convinto" oh, grazie, ma sono già deciso per il sì", di un romanzo scovato per caso fra gli e-book gratuiti che si rivela scritto all'inizio del '900 da una donna con pseudonimo maschile e che finisce con i protagonisti che intonano l'Internazionale, di bellissime tempeste normanne arrivate a interrompere questo caldo precoce. Ma la chimicaglia si agita dentro di me, e speriamo che abbia buoni effetti oltre a quelli contingenti un po' noiosi, così vi regalo questa lettera antinuclearista - be', non fosse mai che ci sia ancora qualcuno da convincere - e tre foto con l'obiettivo pieno di salino.

"Ho lavorato una vita nel nucleare
vi spiego perché voterò sì al referendum"
(di Alberto Barocas)
Dopo essere stato allibito per l'incoscienza delle dichiarazioni di uno scienziato, il professor Battaglia (la pubblicazione di una sua opera scientifica con la prefazione di Silvio Berlusconi parla da sé), su un tema così importante per la sorte dell'umanità, mi sento costretto ad intervenire avendo dedicato tutta la mia vita professionale alla ricerca e sviluppo del nucleare ed essendo stato per lungo tempo "abbastanza" a favore dell'energia nucleare.
Dopo una laurea in Radiochimica presso l'Università di Roma e successivo Corso di Perfezionamento in Fisica e Chimica Nucleare, ho lavorato presso i laboratori di ricerca del plutonio di Fontenay-aux-Roses (Francia) nelle ricerche e tecniche del plutonio per l'impianto di riprocessamento del combustibile nucleare di La Hague. Ritornato in Italia ho partecipato, nei laboratori di ricerca della Casaccia (CNEN, ora ENEA), alla messa a punto degli impianti di separazione del plutonio di Saluggia e successivamente allo studio dei siti nucleari in vista della costruzione di centrali di energia nucleare. Dal 1982 sono stato distaccato dal CNEN presso l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) di Vienna dove mi sono occupato prevalentemente di salvaguardie nucleari, in particolare per i reattori nucleari di potenza e di ricerca nel mondo. Per 22 anni ho avuto la possibilità di visitare ed ispezionare una sessantina di reattori in tre continenti, in particolare in Giappone ed in particolare proprio Fukushima.
Durante l'intera attività ero giunto alla conclusione che le precauzioni utilizzate negli impianti nucleari fossero tali da rendere praticamente impossibile un grosso incidente nucleare. Proprio il Giappone si presentava ai miei occhi come il modello per eccellenza di organizzazione, di perfezione, di attenzione al più piccolo dettaglio: l'energia nucleare o doveva essere realizzata così o non doveva esistere. Ed invece... Three Miles Island, Chernobyl, Fukushima... tre catastrofi in meno di 30 anni.
Oggi sono completamente convinto che i rischi dell'energia nucleari siano tali da consigliarne l'utilizzo solo se non ci fossero sulla Terra altre fonti di energia o dopo una guerra nucleare. Voterò quindi SI al referendum per le seguenti ragioni:
a) la progettazione di una centrale nucleare avviene sulla base di dati statistici puri, cioè su una probabilità estremamente bassa di un grosso incidente, anziché basarsi sul fatto che un incidente anche imprevedibile possa avvenire (per esempio: chi avrebbe mai potuto calcolare statisticamente che otto montanari dell'Afghanistan si potessero impadronire contemporaneamente di quattro jet di linea facendoli convergere sulle Torri di New York, sul Pentagono e sulla Casa Bianca? Chi potrebbe calcolare statisticamente la possibilità dell'impatto di un meteorite?) e quindi progettando nello stesso tempo le soluzioni e le difese: naturalmente questo però aumenterebbe enormemente i costi ed allora bisogna ricordarsi che l'energia nucleare è un'industria come tutte le altre, cioè che vuole fare profitti;
b) gli effetti di un grosso incidente non sono come gli altri: terremoti, inondazioni, incendi fanno un certo numero di vittime e danni incalcolabili, ma tutto questo ha un termine. L'energia nucleare no: gli effetti si propagano per decenni se non secoli, con un disastro anche economico per il Paese colpito. I discendenti delle bombe di Hiroshima e Nagasaki ancora subiscono danni. Altrimenti perché il deterrente di una guerra nucleare funziona talmente? Anche i bombardamenti "classici" causano morti molto elevate, ma non portano a danni simili per generazioni...
c) il blocco dell'energia nucleare in Italia del 1987 ha avuto il torto di fermare di botto non solo le quattro centrali in funzione (Trino Vercellese, Caorso, Latina, Garigliano) e la costruzione di Montalto con spese immani per un pazzesco riadattamento dell'impianto nucleare ad una centrale di tipo classico, ma altresì ogni tipo di ricerca nucleare, anche di eventuali impianti innovativi, creando un pericolo, dato l'impauperamento di una cultura "nucleare": non esistevano più corsi di scienze nucleari, né tecnici, né possibilità di tecnologie di difesa da eventuali incidenti in altre nazioni. E questo non è richiesto dalla rinuncia all'uso di centrali atomiche: la ricerca e lo sviluppo del nucleare dovrebbe poter continuare;
d) la presenza di impianti di produzione di energia nucleare porta ad una militarizzazione delle zone in questione: non c'è trasparenza, ogni dato viene negato all'opinione pubblica. Anche agli ispettori dell'AIEA viene proibito di comunicare con la stampa. Lo dimostra anche quello che è successo a Fukushima: il gestore ha tenuto nascosto per lungo tempo la gravità dell'accaduto. E in un territorio come il Giappone, sottoposto non solo a terremoti ma a tsunami, il costo di una maggiore precauzione per gli impianti di raffreddamento è stato tenuto il più basso possibile senza tenere conto dei rischi solamente per fare più profitto!
e) in tutto il mondo non è stato mai risolto il problema dello smaltimento delle scorie mucleari. Nell'immenso deposito scavato in una montagna di Yucca Mountain in USA si sono dovuti fermare i lavori, il maggiore deposito in miniere di sale della Germania si è dimostrato contaminato con pericoli per le falde acquifere, ecc. Il combustibile nucleare delle nostre centrali fermate è in gran parte ancora lì dopo 25 anni. D'altra parte un Paese come il nostro che non riesce a risolvere il problema dei rifiuti può dare garanzie sui rifiuti nucleari?
f) l'Italia è un paese sismico, dove l'ospedale e la casa dello studente dell'Aquila sono crollate perché al posto del cemento è stata usata sabbia. Può dare garanzie sugli impianti nucleari? E la presenza di criminalità organizzata a livelli preoccupanti può liberarci da particolari preoccupazioni nella scelta e costruzione di centrali atomiche?
g) ultima osservazione: anche se molti minimizzano gli effetti delle radiazioni nucleari, una cosa si può dire con certezza: gli effetti delle radiazioni a bassi livelli ma per tempi estremamente lunghi sugli esseri viventi non sono stati mai chiariti. Non deve essere solo il fumo a preoccupare l'opinione pubblica!
Per tutte queste ragioni penso che in Italia l'uso dell'energia nucleare non sia raccomandabile, perlomeno in questa fase della nostra storia, ed invece un miscuglio di diverse fonti di energia (eolica, solare, idrica, gas, geotermica) potrà sopperire ai nostri bisogni, accompagnato da una maggiore ricerca scientifica ed un diverso modello di vita con maggiore eliminazione degli sprechi. Io voto sì.
(10 giugno 2011)
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